Un terzo uomo nel commando che ha ucciso Fabrizio Piscitelli

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2019-08-11

L’ingresso del Parco degli Acquedotti, al Tuscolano, è storicamente territorio di Senese e dei suoi familiari. Difficile pensare che il clan non fosse stato quantomeno informato

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C’è un terzo uomo nel commando che ha ucciso Fabrizio Piscitelli. Oltre al runner che si è avvicinato alle sue spalle per sparargli un colpo alla tempia, che potrebbe essere un professionista venuto dall’Albania c’era qualcuno che faceva il palo e che, vedendo Piscicelli arrivare, avrebbe avvertito il killer, che si trovava poco distante a bordo di un motorino con un’altra persona: la fuga è stata ripresa da una telecamera.

Un terzo uomo nel commando che ha ucciso Fabrizio Piscitelli

I passanti hanno testimoniato che l’uomo con la pistola fosse vestito da jogger, con addosso un paio di pantaloni neri attillati, come quelli che usano i runner, per confondersi meglio con chi frequenta il parco a quell’ora, che passa correndo per poi entrare nell’area più ampia del parco degli Acquedotti. Il killer ha tentato di sparare anche all’autista: la pistola — una calibro 7.65 — si è però inceppata. Il cubano, «terrorizzato», è scappato saltando in macchina per dirigersi verso il raccordo dove è stato poi fermato dalla polizia. Gli inquirenti lavorano sui tabulati telefonici dei suoi tre cellulari, peraltro intercettati perché Diabolik era oggetto di un’indagine della Dda (Direzione distrettuale antimafia) per un grosso traffico di droga.

fabrizio piscitelli mappa droga capital
La mappa della droga nella Capitale (La Repubblica, 9 agosto 2019)

Sono gli orari a far ipotizzare agli inquirenti che al delitto abbiano partecipato almeno tre persone. L’autista ha raccontato che Diabolik aveva un appuntamento in via Lemonia alle 19, ma che erano arrivati con una ventina di minuti di anticipo. L’omicidio è avvenuto alle 18,50. La polizia, scrive il Corriere della Sera Roma, è anche in attesa degli esami balistici sul bossolo calibro 7,65 ritrovato dalla polizia scientifica nel luogo dove Piscitelli è morto per capire se quel modello sia comparso già in altri episodi delittuosi. Un indizio che, così come la ricostruzione dell’agguato,presenta analogie – per il momento solo quelle – con la fine del fotografo dei vip Daniele Lo Presti, freddato all’inizio del 2013 sulla pista ciclabile del lungotevere Testaccio mentre faceva jogging da un misterioso killer che per ucciderlo ha usato un proiettile dello stesso calibro,sparando al quarantenne dietro l’orecchio sinistro.

La pista dei Senese e quella che porta in Albania

Le indagini puntano su una pista che parte dalle modalità con cui è stato organizzato il delitto: da indagini precedenti sono emersi legami con il boss camorrista Michele Senese e con il suo gruppo, con cui seguiva affari collegati al narcotraffico, riemersi anche nell’ultima inchiesta ancora in corso – che lo vedeva coinvolto. Dall’indagine sul Mondo di Mezzo di Massimo Carminati era anche emerso che Diabolik era alla guida della “batteria” di albanesi di Ponte Milvio.

fabrizio piscitelli mafia capitale 1

Anche la zona in cui è avvenuta l’esecuzione non deve essere sottovalutata. L’ingresso del Parco degli Acquedotti, al Tuscolano, è storicamente territorio di Senese e dei suoi familiari. Difficile pensare che il clan non fosse stato quantomeno informato. Spiega oggi Il Messaggero:

D’altronde, l’agguato a Diabolik ha fatto subito pensare gli investigatori a due precedenti di spicco: gli omicidi di Giuseppe Carlino e di Michele Settanni.  Carlino era uno dei capi della banda della Marranella, venne ucciso nel 2001 a Torvaianica, sotto casa, con una raffica di colpi di pistola. Un delitto costato una condanna -definitiva – a 30 anni di carcere proprio a Senese, considerato il mandante. Il delitto, eseguito da Domenico Pagnozzi, era una vendetta per l’uccisione di Gennaro, fratello di Senese, e a commissionarlo fu Michele ‘o pazzo mentre era detenuto in una clinica psichiatrica dalla quale poi evase grazie a un certificato medico falso.

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Ma c’era anche un altro movente. Nella sentenza di primo grado i giudici hanno specificato che Carlino, narcotrafficante della Marranella, venne ucciso anche «per agevolare l’associazione e promuovere il traffico di stupefacenti». Gli inquirenti pensano anche a un altro omicidio eclatante: quello di Michele Settanni, collegato pure lui alla Banda della Marranella e al gruppo Senese.

Era stato giustiziato con un colpo alla testa nel 2002, a Ciampino, a un semaforo sulla via Appia. Dalle indagini era emerso che poco tempo prima si era incontrato con alcuni capiclan, tra i quali Paolo Frau, ucciso a Ostia Lido a qualche giorno di distanza da due killer in moto. All’epoca, Frau era appena uscito di galera dopo aver scontato la condanna inflitta nel maxiprocesso del ’93 alla banda della Magliana.

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