I tre condannati per lo stupro al centro sociale RAF di Parma

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2017-07-15

Tre condanne per un totale di 13 anni di carcere sono state comminate ieri dal tribunale di Parma per uno stupro nella sede della “Raf”, la Rete antifascista di via Testi, a Parma

article-post

Tre condanne per un totale di 13 anni e 4 mesi di carcere sono state comminate ieri dal tribunale di Parma nei confronti di tre uomini per aver stuprato una ragazza di 18 anni nella sede della “Raf”, la Rete antifascista di via Testi, a Parma. Racconta Repubblica in un articolo a firma di Valerio Valesi:

Ieri sera i tre, Francesco Cavalca, 26 anni, Francesco Concari, 30 anni e Valerio Pucci, 25 anni, sono stati condannati dal Tribunale di Parma che li ha riconosciuti colpevoli. Per Cavalca e Concari 4 anni e otto mesi, 4, invece, per Pucci. A carico dei tre, finiti agli arresti domiciliari nel 2015, il pm Giuseppe Amara aveva chiesto 9 anni, ma i giudici non hanno riconosciuto alcune aggravanti dimezzando la pena.
Per tutti, però, è scattata l’interdizione dai pubblici uffici frequentati da minorenni e il risarcimento per la parte civile di 21 mila euro. Ma la storia che accompagna questa vicenda è davvero raccapricciante. La ragazza, presumibilmente dopo essere stata drogata, fu violentata per una notte e lasciata come uno straccio su un tavolo di legno fino al mattino dove si svegliò nuda e in preda al terrore. Per la vergogna, per tutelare la famiglia e per lo sconcerto di aver subito un oltraggio dai “compagni”, Claudia non dice niente. E nemmeno dicono niente gli altri componenti della Rete antifascista cercando di seppellire sotto una spessa coltre di omertà l’accaduto.


Tutto questo accade nel 2010. Tre anni dopo, grazie a un video, i nodi vengono al pettine:

Non dicono una parola nemmeno le “compagne” e tutta quella parte della galassia antagonista che, anzi, reagisce emarginando Claudia. L’orrore viene a galla casualmente solo a partire dalla fine di agosto del 2013, quando scoppia una bomba nei pressi di una sede di “CasaPound” e i carabinieri si mettono ad indagare tra i gruppi di anarchici e antagonisti. Interrogano anche Claudia, che precisa di essere ormai lontana da quel mondo.
Ma i militari sequestrano alcuni cellulari dei militanti e da un vecchio Nokia esce fuori il filmato dello stupro. Sequenze terribili dove la ragazza è abusata più volte mentre qualcuno riprende. Le indagini individuano gli autori dello stupro e per Claudia comincia un altro incubo. Il gruppo della Rete antifascista difende gli stupratori, accusa la vittima d’essere una “infame” per aver coinvolto gli “sbirri” nella vicenda ed esercita pressioni nel tentativo di indurla ad alleggerire le accuse.

Leggi sull’argomento: La storia dello stupro di gruppo al centro sociale di Parma

 

Potrebbe interessarti anche