Attualità

Lo strano crollo del viadotto Scorciavacche

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2015-01-05

L’insufficiente capacità portante del rilevato potrebbe essere la causa del cedimento. Un errore di fondo nella fase di progettazione, secondo l’esperto

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Il crollo del viadotto Scorciavacche ha scatenato il premier Matteo Renzi, che, soprattutto per cancellare le gaffe legislative del suo governo, si è dedicato anima e còre alla ricerca di un colpevole con nome e cognome. Il tratto della Statale 121 tra Palermo e Agrigento coinvolto nel cedimento era stato completato e aperto lo scorso 23 dicembre. La frana è avvenuta in prossimità di un viadotto. Il tratto, lungo un chilometro (costo 13milioni) fa parte di un cantiere più ampio di 34 chilometri (appalto di 297 milioni) in corso di realizzazione da parte del raggruppamento Bolognetta spa (capofila la Cmc di Ravenna).

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Il crollo del Viadotto Scorciavacche a Palermo (Corriere della Sera, 5 gennaio 2015)


LO STRANO CROLLO DEL VIADOTTO SCORCIAVACCHE
Ma la caccia al colpevole rischia di essere più complicata delle necessità forcaiole dell’esecutivo. L’Anas, che gestisce la statale, ha immediatamente fatto sapere di aver «aperto un’inchiesta per accertare le eventuali responsabilità della ditta costruttrice e del direttore dei lavori, che aveva autorizzato l’agibilità provvisoria, riservandosi di avviare nei loro confronti un’azione legale». Il Corriere segnala la risposta dei presunti colpevoli:

Ma il raggruppamento Bolognetta scpa (capofila la Cmc, coop di Ravenna, insieme a Tecnis e Ccc) che ha vinto la gara per rifare 34 chilometri dell’arteria che taglia la Sicilia (appalto complessivo da 297 milioni) non ci sta a prendersi tutte le responsabilità. «Lo scriverò a Renzi che non c’è stato alcun crollo di viadotto —precisa l’ingegnere Pierfrancesco Paglini, che ha guidato i lavori —. Si tratta semplicemente del cedimento del rilevato stradale, non più di 50 metri in prossimità del viadotto che è integro. Un danno di entità limitata, circa 100 mila euro, che stiamo provvedendo a rimettere a posto come peraltro prevede il contratto». E polemizza anche lui: «Semmai la stupidaggine è aver aperto quel chilometro così in fretta in un’area che è ancora di cantiere».

Inutile dire chi ha deciso l’apertura: l’Anas. Le ditte quindi rimpallano la responsabilità sul gestore, che avrebbe avuto troppa fretta nel tagliare il nastro (una settimana prima della data prevista) anche in assenza di collaudo. C’è da ricordare però che la stessa ditta aveva fornito una certificazione per aggirarlo. Sergio Rizzo, sempre sul Corriere, critica proprio le procedure di collaudo:

Chi fa il collaudodi un lavoro pubblico spesso riceve quel compito per ragioni diverse dall’effettiva competenza, più legate alla retribuzione che l’incarico porta con sé. Incarico, peraltro, che non dà luogo all’effettiva assunzione di responsabilità. Con la conseguenza che alla fine, nonostante le laute prebende, chi ha messo il bollino su un ponte, un viadotto o una strada mai viene chiamato a rispondere. Queste cose le sappiamo da 20 anni, ma nessuno ha mai voluto cambiare le regole. Ci sarà un motivo?

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CROLLI E RICROLLI STORICI
Salvatore Tonti, direttore di Anas Sicilia, però torna con Repubblica sulla storia del collaudo: «La stessa impresa, il 30 dicembre, ci aveva segnalato dei piccoli cedimenti in quel tratto di strada. I nostri tecnici hanno ravvisato il pericolo di danni più gravi e abbiamo chiuso al traffico la strada. Lo smottamento del manto d’asfalto che si vede oggi è avvenuto dopo». L’Anas annuncia azioni legali contro l’impresa. Ma il governo dice che è colpevole anche chi non ha controllato. «Guardi, noi abbiamo aperto la strada dopo aver avuto il certificato di agibilità e aver effettuato le prove di carico». Ciò potrebbe ampliare il cerchio dei responsabili. «È vero. Ma ripeto, noi siamo parte lesa: abbiamo subito un notevole danno d’immagine. E siamo pronti a collaborare con la Procura». La Stampa invece sente il professor Giuseppe Manzone, strutturalista in forza
al Politecnico di Torino, che ha un’opinione molto più netta sull’accaduto e sulle responsabilità:

«A chiunque, viaggiando, capita di arrivare a un ponte e trovare un piccolo saltino tra la fine della strada e l’inizio del viadotto. Succede proprio perché il terreno adiacente al ponte, con il tempo,si abbassa. Ma mezzo metro di colpo è anomalo: significa, probabilmente,che il terreno non ha retto ilpeso del rilevato».
Quali possono essere le ragioni?
«Il rilevato produce una pressione sul terreno naturale di un chilo al centimetro quadrato che potrebbe provocare una rottura a causa dell’eccessivo carico e quindi un abbassamento repentino. Le cause quindi possono essere due: un’errata compattazione del rilevato, costruito forse anche con materiali non idonei; oppure un cedimento verticale del terreno su cui poggia, a causa del peso o dell’insufficiente capacità portante. Il fatto che sia accaduto in pochi giorni e improvvisamente porterebbe a privilegiare la seconda ipotesi».
[…]
Se è andata così chi ha sbagliato?
«Sicuramente c’è un errore di fondo, un problema geotecnico. Per costruire un rilevato in terra serve una specifica progettazione che verifichi le capacità portanti del terreno naturale su cui andrà a poggiare e individui sia il tipo di materiale da usare sia i modi per compattarlo. Chi dirige i lavori deve poi verificare il progetto e la sua realizzazione. In questo caso le foto satellitari mostrano a Nord del tratto di strada un chiaro fenomeno franoso: la zona pertanto richiedeva particolare attenzione in fase di progettazione».

 

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