La storia di Selvaggia Lucarelli denunciata per stalking

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2018-10-03

L’opinionista e giornalista del Fatto è stata denunciata da una donna che a maggio aveva fatto un post offensivo nei confronti delle persone sovrappeso per fare pubblicità ad alcuni prodotti di dimagrimento. La Lucarelli ci spiega il senso del suo post e che il metodo Lucarelli serve a contrastare fenomeni come il bullismo

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Oggi il Resto del Carlino e successivamente Repubblica, Libero e altri giornali hanno dato quella che in gergo è una “non notizia”. Si tratta della denuncia per stalking a carico di Selvaggia Lucarelli da parte di una signora di Ravenna. La donna sostiene di essere stata vittima di un linciaggio mediatico dopo che la Lucarelli ha pubblicato sulla sua pagina Facebook  uno screenshot tratto dalla sua pagina Facebook nel quale usava (e sfotteva) tre donne in carne per fare pubblicità ad alcuni prodotti per il dimagrimento.

Perché Selvaggia Lucarelli è stata denunciata per stalking

Le tre donne (un’insegnante, una mamma e la preside dell’istituto) erano state fotografate a loro insaputa durante una festa scolastica. Il messaggio promozionale era chiaro  e invitava le mamme ad iniziare con il programma di dimagrimento «perché i vostri mariti si girano a guardare mamme ben più curate». Il senso del post era chiaro: le “ciccione” dovrebbero vergognarsi e capire che se i loro mariti non le guardano più è perché sono brutte. Il post originale, pubblico e su una pagina con all’incirca un migliaio di follower, venne segnalato alla Lucarelli da alcune mamme che già erano intervenute nei commenti per chiederne la rimozione. Del resto pochi giorni prima una palestra in provincia di Treviso era finita nella bufera per un analogo (e altrettanto maldestro) tentativo di farsi pubblicità con la foto di una Barbie obesa. Il tema era ed è uno di quelli delicati, e chi fa “marketing” dovrebbe tenerne conto.

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La Lucarelli ci fece uno dei suoi soliti post dove faceva notare come il comportamento della mamma in questione fosse esattamente dello stesso genere di quello che tutti gli adulti sono pronti a condannare quando a farlo sono bambini e ragazzini: puro e semplice bullismo. Nel suo post la giornalista del Fatto esordiva così «Io non so se la gente si rende conto dell’inarrestabile abbrutimento a cui i social ci stanno portando, ma se qualcuno sottovalutasse il fenomeno, ecco qui un esempio lampante del suddetto abbrutimento». A distanza di cinque mesi la mamma si è presentata dai Carabinieri di Filetto per denunciare per stalking e diffamazione aggravata Selvaggia Lucarelli, ritenendola – si legge sul Carlino “regista di quella campagna di discredito che l’avrebbe persino indotta a cambiare alcune abitudini di vita”.

Selvaggia Lucarelli spiega il “metodo Lucarelli”

Va da sé che la denuncia non comporti alcunché nell’immediato ed essendo appena stata presentata non è ancora stata notificata all’eventuale indagata. Insomma non ci sarebbe proprio nulla da aggiungere su questa storia. Ma dal momento che è coinvolta Selvaggia Lucarelli è diventata una notizia. Ne abbiamo quindi approfittato per farle alcune domande su quello che alcuni chiamano metodo Lucarelli e altri definiscono più semplicemente gogna mediatica. Lei fa sapere che presenterà una contro denuncia per calunnia e rivela che la signora in questione è già stata denunciata sia dalla docente che dalla dirigente scolastica.

I tempi sono maturi per una riflessione su questo modo (diffuso anche nei giornali) di raddrizzare certi torti sui social. Al di là della vicenda e della denuncia che farà il suo corso la percezione che alcuni hanno è che tu in questi casi stia usando i social “per attaccare” le persone.

«Il metodo è quello che usa anche Repubblica o Corriere. Se uno scrive un post denigratorio o razzista o offensivo, oggi è una notizia. Quanti articoli così si leggono? Nessuno però si azzarda a accusare repubblica o corriere di essere dei bulli ingiusti e cattivi. Io sono una persona fisica, io sono io, ci metto la faccia e quindi c’è chi finge di discutere il metodo ma in realtà sta discutendo me. Per giunta ho anche meno eco e follower dei quotidiani nazionali. Tutti si preoccupano dei bulli. Già. E se una di quelle signore derise fosse stata depressa e fragile?»

 

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Alcuni dei commenti della Lucarelli sul post originale

Ma secondo te è possibile che questo metodo produca in realtà l’effetto opposto? Nel senso, invece che mostrare che il bullismo è sbagliato alimentare proprio il bullismo? Ovviamente non è uno strumento perfetto perché tu non puoi controllare quello che poi va a fare chi commenta anche se inviti il tuo pubblico a moderare i toni.

«Io non sono responsabile del comportamento altrui sui social e anzi, sono l’unica che da anni si sbatte per insegnare il concetto di responsabilità individuale. È come dire che non bisogna più dare notizie che mettano in cattiva luce qualcuno perché ci sono gli hater. Ma questo vale per qualsiasi cosa , mica solo per i post idioti. Gli hater arrivano sempre. Se domani (come succede spesso) esce un articolo in cui mi si critica per qualunque cosa su Repubblica, Corriere o NeXt Quotidiano, sotto arriveranno centinaia di persone a insultarmi. È come se io dicessi che è colpa tua o di Repubblica o del Corriere».

Quindi per te non c’è soluzione e alla fine queste denunce sono il rischio che corre chi dà un certo tipo di notizie? Cioè non esiste un modo “migliore” per affrontare certi argomenti.

«Non un certo tipo. Tutte le notizie. Trovami un articolo su un singolo che sotto non abbia decine di commenti offensivi. Mesi fa un uomo è finito su tutti i giornali accusato di essere un pedofilo. Si è impiccato in carcere, manco il tempo di un processo. Quando ero sotto processo i giornali hanno fatto titoli orribili su di me, ero già colpevole. E invece sono stata assolta. Intanto però sono stata ricoperta di insulti. Queste sono le vere questioni, eppure i giornali se la passano sempre liscia. Nel caso della Trilly [la protagonista del post incriminato NdR] o di altri bulli del web, si parla di comportamenti insindacabilmente orribili, e l’alibi del “non potevo prevedere quello che è successo” anche basta. Sono 12 anni che esiste Facebook, se la gente non ha capito come si usa e le conseguenze, non può pagare il conto chi lo usa con correttezza».

Tu ti consideri una vendicatrice quando fai post come quello “incriminato”?

«No, mi considero una che utilizza la sua visibilità e la fortuna di avere potere mediatico per difendere persone che non si possono difendere o che comunque non hanno potere mediatico e che subiscono senza avere nessuno che le difende. Potrei fare come tutte le persone di spettacolo e usare la mia bacheca per fare altro ma ho scelto questa battaglia».

Foto copertina via Instagram.com

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