Reddito di Cittadinanza e Caregiver: la mamma di un ragazzo disabile fa partire la class action

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2019-04-18

Il governo del Cambiamento ha dimostrato di essere poco attento alle esigenze delle persone con disabilità e dei loro familiari. La mamma di un ragazzo con una grave disabilità ha deciso che dopo tante proposte di emendamenti bocciate è ora di passare all’azione

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Nessuno rimarrà più indietro, questa era la scritta a caratteri cubitali che campeggiava sul palco dal quale il bisministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Luigi Di Maio presentò il Reddito di Cittadinanza. Purtroppo non è vero. E a rimanere indietro sono – purtroppo – i più fragili: le persone con disabilità e le loro famiglie. Da tempo le associazioni che si occupano della tutela dei diritti delle persone con disabilità (FISH, ANMIC, ENIL) hanno chiesto al governo di intervenire per correggere alcune storture della legge sul Reddito di Cittadinanza.

Come il Reddito di Cittadinanza lascia indietro le persone disabili

Uno su tutti l’articolo che stabilisce che il cosiddetto bonus caregiver, vale a dire il contributo erogato dallo Stato a favore di quei nuclei familiari al cui interno c’è un componente con una disabilità grave o gravissima, venga computato all’interno del reddito familiare e faccia così perdere il diritto al Reddito di Cittadinanza per il superamento della soglia massima dei 9.360 euro annui di ISEE. Secondo ENIL Italia il fatto di considerare come reddito i supporti erogati dallo Stato alle persone con disabilità e a quei famigliari che se ne occupano a tempo pieno (i caregiver appunto) costituisce «un attacco gravissimo allo Stato Sociale e soprattutto alla Costituzione Italiana». In sede di conversione in legge del DDL sul Reddito di Cittadinanza il governo non ha accolto le proposte di emendamento avanzate dalle associazioni che difendono i diritti delle persone con disabilità e il risultato è che chi è portatore di handicap o di una disabilità grave viene considerato meno a “rischio” emarginazione rispetto a chi è in difficoltà economiche.

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Uno Stato serio però non dovrebbe fare distinzione tra chi è a rischio emarginazione per le sue condizioni di salute e chi invece lo è perché è senza lavoro o percepisce un reddito basso. Sono due categorie che vanno tutelate allo stesso modo senza invece creare un clima di guerra tra “emarginati” dove persone che sono in difficoltà sono costrette a misurare quelle altrui per vedere chi è più “meritevole”. E così le pensioni di invalidità (285 euro al mese), il sostegno per i caregiver e l’assegno di cura (vale a dire il sostegno economico a favore delle famiglie che assistono in casa propria un anziano non autosufficiente) concorrono alla formazione del reddito in base alla quale viene poi decisa l’erogazione o meno del Reddito di Cittadinanza. Sembra assurdo ma questi contributi vengono considerati come “una ricchezza” quando invece sono al massimo un meccanismo di compensazione per venire incontro a chi sopperisce da sé alle mancanze dei servizi territoriali.

Sara Bonanno: la mamma che vuole fare una class action contro la legge sul RdC

Non solo: i nuclei familiari con soggetti disoccupati a seguito di dimissioni volontarie non hanno diritto al RdC. Ma questo – scriveva su Superando Sara Bonanno, assistente sociale esperta di caregiving familiare – esclude di fatto le donne che hanno deciso di licenziarsi per prestare cura al familiare con disabilità grave. Certo, le famiglie con caregiver possono declinare le offerte di lavoro senza perdere l’eventuale sussidio ma rimane il problema dell’offerta di lavoro congrua per eventuali altri componenti del nucleo familiare. Un’offerta di lavoro che potrebbe consentire di uscire da una condizione di indigenza.

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Il punto è che spesso e volentieri è proprio la disabilità una delle cause dell’impoverimento del nucleo familiare (vuoi per il costo delle cure, vuoi perché il familiare non può più lavorare o deve accettare lavori saltuari e precari). In questo modo l’impianto del RdC penalizza fortemente le famiglie al cui interno c’è una persona affetta da disabilità grave. Motivo per cui – racconta oggi su Libero Emilia Urso Anfuso –  c’è chi ha deciso la strada della Classa Action. A farlo è Sara Bonanno madre di un bambino gravemente disabile che percepisce il “bonus caregiver” e che ha un reddito ISEE quasi pari a zero  (vive o meglio sopravvive grazie agli aiuti della Caritas) ha visto accolta la domanda di Reddito di Cittadinanza ma sa già che proprio a causa del “bonus caregiver” percepirà un sussidio molto basso. Spiega la signora Bonanno (che è autrice del blog La cura invisibile) su Superabile.it:

In teoria, mi spetterebbero 980 euro, perché sono senza reddito. Il problema è che ricevo l’assegno per il caregiver e la pensione di Simone: e questo, se non mi escluderà addirittura, per lo meno mi penalizzerà, riducendo molto l’importo che mi sarà riconosciuto. Eppure – chiarisce – l’assegno per il caregiver arriva solo a chi è più povero: la graduatoria viene redatta proprio in base alla verifica della condizione di estrema povertà. Insomma, se ricevo questo assegno, è perché sono doppiamente svantaggiata, quindi con un carico assistenziale maggiore dovuto al fatto che assisto una persona con disabilità gravissima in condizioni di estrema povertà!

La legge che istituisce il RdC potrebbe esser incostituzionale (e l’unico modo per un cittadino per sollevare l’eccezione di costituzionalità è farlo all’interno di un processo) perché limiterebbe l’accesso delle persone con disabilità ai livelli essenziali di assistenza. La signora Bonanno non chiede l’elemosina chiede di avere le stesse possibilità degli altri, quelle possibilità tutelate e garantite dalla Costituzione: «io non posso lavorare, ma potrei essere messa nelle condizioni di farlo: basterebbe un lavoro flessibile, oppure un lavoro da casa: per me e mio figlio sarebbe una condizione molto più dignitosa»

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