I reati a carico di chi esce: dalle lesioni al falso

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-03-19

Lesioni o epidemia. Falso in atto pubblico o inosservanza dei provvedimenti dell’autorità. Le Procure d’Italia si interrogano su che tipo di contestazione muovere a chi viene denunciato

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Il Fatto Quotidiano spiega oggi in un articolo a firma di Valeria Pacelli che  le Procure d’Italia si interrogano su che tipo di contestazione muovere a chi viene denunciato per aver violato le restrizioni imposte dal governo. Non c’è un orientamento unanime, mentre sono migliaia i casi finiti sulle scrivanie dei procuratori.

I numeri non sono confortanti: solo nella giornata del 17 marzo sono state denunciate 8.089 persone. A questo punto il governo si darà al massimo altri due giorni di tempo per valutare l’efficacia delle misure di contenimento, ma se i contagi del coronavirus aumenteranno e le restrizioni imposte verranno ancora violate, si deciderà di varare misure più dure. Quello di ieri del ministro dello Sport, Vincenzo Spadafora, sembra infatti un ultimo avvertimento: “Nelle prossime ore –ha detto – bisognerà prendere in considerazione la possibilità di porre il divieto completo di attività all’aperto”.

Sulla stessa linea il governatore della Lombardia, Attilio Fontana, per il quale “se si dovesse andare avanti” con comportamenti errati “chiederemo al governo di emanare provvedimenti ancora più rigorosi”. Intanto in tutte le Procure si cerca di capire come trattare i migliaia di fascicoli su coloro che violano le restrizioni del governo. Dall’11 (giorno del decreto di Conte) al 17 marzo le persone fermate sono state oltre un milione.

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Di queste, 43.595 sono state denunciate in base all’articolo 650 del codice penale, ossia per inosservanza dei provvedimenti dell’autorità. È un reato dalle conseguenze piuttosto blande: un’ammenda fino a 206 euro o l’arresto fino a tre mesi. Altre 926 sono le denunce in base all’articolo 495 del codice penale,ossia per“falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o di altri” e che prevede la reclusione fino a 6 anni. Il punto è che secondo l’orientamento di molte procure questo reato non sarebbe configurabile nei confronti di chi mente quando viene fermato. In una nota del 16 marzo, indirizzata ai comandanti provinciali di carabinieri, Finanza e polizia municipale, la Procura di Genova per esempio ha specificato che sull’applicazione dell’art. 495 “il delitto viene integrato esclusivamente dalle false attestazioni aventi a oggetto l’identità, lo stato o altre qualità della persona”.

Sembra non potersi applicare quindi quando si mente sui motivi della propria uscita. Sulla stessa linea i magistrati di Roma, per i quali non ci sono margini di applicabilità dell’articolo 495 del codice penale. Rispetto ai colleghi di Genova, i romani però sono più possibilisti nel poter contestare a chi viene fermato l’articolo 483 del codice penale, il falso del privato in atto pubblico.

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