Quante sono le armi e quanto costa armarsi in Italia

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2018-09-19

Secondo l’ultimo censimento di 9 anni fa, il numero di armi che si trovano oggi detenute legalmente è tra i 7 e i 12 milioni; 1,2 milioni sono invece le persone che oggi hanno un porto d’armi

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Il decreto legge che recepisce la normativa europea, in vigore dal 14 settembre, raddoppia (da 6 a 12) il numero di “armi sportive”, fucili e carabine, legalmente detenibili. Lo stesso DL aumenta la “capacità legale” dei caricatori (da 5 a 10 colpi per le armi lunghe e da 10 a 15 per quelle corte) ed estende la qualifica di “tiratore sportivo” anche ad altri soggetti oltre ai tiratori della Federazione. Ai “tiratori sportivi” è consentito l’acquisto di armi “demilitarizzate”. Cioè armi da guerra “trasformate” in armi comuni.

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Quante sono le armi in Italia (La Repubblica, 19 settembre 2018)

Repubblica oggi pubblica una serie di infografiche che raccontano come, secondo l’ultimo censimento di 9 anni fa, il numero di armi che si trovano oggi detenute legalmente è tra i 7 e i 12 milioni; 1,2 milioni sono invece le persone che oggi hanno un porto d’armi pur non facendo parte delle forze dell’ordine mentre le licenze di caccia sono 775mila e quelle per tiro sportivo 471mila. Il numero di permessi di porto d’armi per uso sportivo è cresciuto del 18% tra 2015 e 2016.

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Quanto costa avere un’arma in Italia (La Repubblica, 19 settembre 2018)

E quanto costa avere un’arma in Italia? Il porto d’armi per difesa personale costa 132 euro e la licenza dura cinque anni, mentre i prezzi delle armi dipendono dalla tipologia: ci vogliono 400 euro per acquistare una pistola Beretta 92Fs, 850 euro per la Smith & Wesson performance modello 637 o 1500 per un’arma automatica o semiautomatica.  Il governo — che pure nel recepire la direttiva europea 853 ha istituito un nuovo sistema informatico per il tracciamento delle armi e delle munizioni — non ha colto l’occasione di  collegare il database del sistema sanitario nazionale a quello del Dipartimento di pubblica sicurezza. Nel contratto di governo con il M5S c’è scritto che «si prevede la riforma ed estensione della legittima difesa domiciliare, eliminando gli elementi di incertezza interpretativa».  Gli ultimi dati, pubblicati sul sito del Ministero risalgono al 2015 ed evidenziano come il numero dei furti denunciati, pur essendo notevolmente aumentato tra il 2004 e il 2012 (un dato comune a molti paesi europei ad eccezione del Regno Unito e legato alla crisi del 2008) ha registrato una leggera flessione tra il 2014 e il 2015. Il fenomeno esiste e non va sottovalutato.

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Un rapporto del centro studi Transcrime (su un campione di dati del Ministero) ha dimostrato che i furti si concentrano prevalentemente nei mesi da ottobre a gennaio, nei giorni di venerdì e sabato e tra le 8 e le 10 del mattino o tra le 17 e le 20 di sera, vale a dire quando le persone non sono in casa. Insomma nella maggior parte dei casi il ladro non entra in casa di notte quando i proprietari stanno dormendo ma – sorpresa – quando non c’è nessuno a poter difendere la proprietà. Anzi generalmente tende a preferire i furti “facili”. Nello stesso periodo il numero delle rapine (ovvero il furto commesso mediante un atto di violenza su un soggetto) denunciate sia calato in maniera drastica passando dalle 80,20 ogni centomila abitanti del 2004 alle 57,74 del 2014.

Leggi sull’argomento: Perché la proposta di legge della Lega sulla legittima difesa non serve a nulla

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