Attualità
La Protezione Civile e il pasticcio delle mascherine inviate alle Regioni e mai arrivate
di neXtQuotidiano
Pubblicato il 2020-03-27
Attilio Fontana le ha definite “carta igienica”. Nella sua Lombardia, stando al report, hanno portato un 1,9 milioni di chirurgiche e 604.520 di tipo “professionali”. Ma in verità ne risultano “disperse” 405mila. Le Marche registrano zero chirurgiche arrivate e zero Montrasio, a fronte di più di un milione annunciate come già consegnate
«Effettivamente c’è una discrepanza che non mi aspettavo, e che ancora oggi non mi spiego, tra il numero di mascherine che inviamo e quelle che arrivano, non so se è un problema di corriere o di aziende ma da qualche parte il meccanismo si inceppa»: il commissario unico all’emergenza Domenico Arcuri ha ammesso ieri davanti ai presidenti delle Regioni che sui dispositivi di protezione c’è qualcosa che non torna e le sue parole finiscono per interpellare le responsabilità della Protezione Civile (presente alla riunione con i dirigenti Luigi D’Angelo e Agostino Miozzo) cui spetta il compito di portare sul territorio il materiale. Ecco quindi che nel Paese del doppio drammatico record — 41 medici morti e 6.205 operatori sanitari contagiati in corsia — irrompe sulla scena una nuova tipologia di mascherina: oltre alla “chirurgica”, e alla “professionale” (Ffp2 e Ffp3), da oggi abbiamo anche la “mascherina parlata”. Quella che esiste solo sulla carta. Quella che il governo dà per consegnata e che invece è misteriosamente dispersa. Ma cosa è successo di preciso? Lo spiega oggi Repubblica:
Un documento stilato dalla Protezione Civile e datato 24 marzo, “Prospetto riepilogativo Dpi consegnati”, fotografa lo stato della distribuzione “regione per regione” in quel momento. Se i numeri di questo report fossero veri, allora vorrebbe dire che la macchina del governo centrale (protezione civile + commissario) a quasi due mesi dalla dichiarazione dello stato di emergenza e a un mese dall’esplosione dell’epidemia, sarebbe riuscita a recuperare sul mercato 20.134.865 di pezzi, un volume appena sufficiente a coprire sì e no un quinto del fabbisogno mensile nazionale di Dpi. Una quantità che viene bruciata in una settimana. Ma, come Repubblica ha verificato, e come ha ammesso ieri Arcuri, quei numeri veri non sono.
Andiamo con gli esempi. Dall’inizio della crisi ad oggi, secondo la Protezione civile, nel Lazio sarebbero state consegnate circa 300mila mascherine (249.600 chirurgiche, 44,910 Ffp2). Ma la Regione ne conta appena 55mila, e del modello “Montrasio”, cioè quelle autoprodotte in Italia delle quali gli operatori sanitari romani sono tutt’altro che entusiasti. Le chiamano le Swiffer. Attilio Fontana le ha definite “carta igienica”. Nella sua Lombardia, stando al report, hanno portato un 1,9 milioni di chirurgiche e 604.520 di tipo “professionali”. Ma in verità ne risultano “disperse” 405mila.
Le Marche registrano zero chirurgiche arrivate e zero Montrasio, a fronte di più di un milione annunciate come già consegnate. In Campania abbiamo assistito a un duro scontro tra Regione e governo. Il presidente De Luca a cui era arrivato il report del 24 marzo ha scritto a Conte. Secondo il documento, i magazzini campani erano stati riforniti con 195mila chirurgiche, 536.900 Montrasio, 57.640 professionali. Ma De Luca ha visto che quei magazzini erano praticamente vuoti. Solamente ieri, quando la polemica è diventata pubblica, magicamente gli hanno consegnato uno stock da 70mila pezzi di “professionali”.