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Quando Pennacchi diceva a Salvini “la sua mamma l’avrebbe dovuto riempire di botte quando era piccolo” | VIDEO
neXtQuotidiano 04/08/2021
Uno dei tanti scontri televisivi tra Antonio Pennacchi e Salvini

Uno dei tanti scontri televisivi tra Antonio Pennacchi e Salvini, risalente al 2016, in cui lo scrittore scomparso non le mandava a dire al leader della Lega.
Quando Pennacchi diceva a Salvini “la sua mamma la doveva riempire di botte quando era piccolo” | VIDEO
Il discorso, tanto per cambiare, verteva sui migranti. Pennacchi spiegava a Salvini che non poteva proporsi come la soluzione del problema visto che al governo la Lega, con Maroni ministro dell’Interno, c’era stata per anni. E che una questione complessa non poteva essere liquidata con uno slogan.
Antonio Pennacchi asfalta Salvini
come lo faceva lui, nessuno!!!
(Video del 2016)Fai buon viaggio Maestro
Sei andato via troppo presto… pic.twitter.com/yeU6oiCO0o— Massimo (@Misurelli77) August 3, 2021
Poi il dibattito si è acceso, con Pennacchi che ha dato del somaro a Salvini: “Ma studia prima di fare le battutine”. Non solo: lo scrittore scomparso dopo essere stato ripreso dal leader della Lega perché indossava l’iconico cappello che aveva sempre con sè ha aggiunto: “la sua mamma l’avrebbe dovuto riempire di botte quando era piccolino”:
Mi piace ricordarlo così. (salvini intendo)#Pennacchi pic.twitter.com/3uWrQDxoTe
— Pietro?️ (@Gippy711) August 3, 2021
Pennacchi per uno di quegli scambi accesi con Salvini fu anche querelato.
Chi era Antonio Pennacchi
Antonio Pennacchi era nato a Latina il 26 gennaio 1950, figlio di coloni della bonifica dell’Agro Pontino, da padre umbro e madre veneta. Da ragazzo Antonio Pennacchi si iscrive all’Msi, ma viene espulso dopo qualche anno per una manifestazione antiamericana contro la guerra in Vietnam. Decide poi di aderire ai marxisti-leninisti di ‘Servire il Popolo’. Successivamente entra, nell’ordine: nel Psi, nella Cgil, nella Uil, nel Pci e di nuovo nella Cgil. E’ stato operaio per quasi trent’anni, trascorsi per lo più a turni di notte, presso la Fulgorcavi (poi Alcatel Cavi, poi Nexans) di Borgo Piave, a Latina. L’ultima espulsione – quella dalla Cgil nel 1983, a firma di Sergio Cofferati, allora segretario dei chimici – l’ha convinto a chiudere con la politica attiva. Così s’è rimesso a studiare e a scrivere.
Nel 1994, a 44 anni, – sfruttando un periodo di cassintegrazione – si è laureato in Lettere con una tesi su Benedetto Croce. Nello stesso anno c’è stata la pubblicazione per Donzelli di “Mammut”, che in 8 anni aveva collezionato 55 rifiuti da 33 diversi editori (ad alcuni lo rispediva cambiando titolo). Seguiranno, sempre per Donzelli, “Palude” (1995) e Una Nuvola Rossa (1998) e, con Vallecchi, “L’Autobus di Stalin e altri scritti”. Nel 2003 per Mondadori pubblica il romanzo “Il fasciocomunista”. che vince il Premio Napoli e da cui è tratto il film “Mio fratello è figlio unico”, diretto da Daniele Luchetti. Nel 2006, sempre con Mondadori, esce la raccolta di racconti “Shaw 150. Storie di fabbrica e dintorni”. Nel 2008, per Laterza, viene pubblicato “Fascio e Martello. Viaggio per le città del Duce”.
Nel 2010, per la casa editrice Mondadori, esce “Canale Mussolini”, con cui Antonio Pennacchi vince il Premio Strega ed è finalista al Premio Campiello. Sempre nel 2010 esce, per Laterza, “Le Iene del Circeo”. Hanno fatto seguito “Storia di Karel” (2013), “Camerata Neandertal. Libri, fantasmi e funerali vari” (2014), “Canale Mussolini. Parte seconda” (2015), “Il delitto di Agora” (2018), rivisitazione del thriller “Una nuvola rossa“ pubblicato nel 1998, e “La strada del mare” (2020). Nel 2011, in occasione delle elezioni comunali di Latina è tornato alla politica attiva sostenendo Futuro e Libertà e ottenendo l’1,05% delle preferenze.
Pennacchi ha collaborato con “Limes” e suoi scritti sono apparsi su ‘Nuovi Argomenti’, ‘Micromega’ e ‘La Nouvelle Revue Française’.