Attualità
La pista mafiosa dietro l’omicidio di Luca Sacchi
di neXtQuotidiano
Pubblicato il 2019-11-05
L’ipotesi è adesso che l’aggressione a Luca sia avvenuta altrove, magari in via Latina dove era stata portata avanti sempre in quella serata la trattativa per la droga. E viene alla luce un giro di spaccio ben più ampio di quello descritto finora, con uno dei gruppi di giovani —forse proprio quello vicino alla vittima — che potrebbe aver tentato di fare il salto di qualità
C’è una pista mafiosa dietro l’omicidio di Luca Sacchi. Scrive oggi Il Messaggero che dalle analisi dei tabulati telefonici del gruppo di persone che si trovavano davanti al pub John Cabot emerge che Valerio Del Grosso e Paolo Pirino, i due accusati della morte di Sacchi, parlavano con persone tutt’ora indagate per mafia.
La pista mafiosa dietro l’omicidio di Luca Sacchi
Secondo chi indaga quindi la coppia ha rapporti e conoscenze con personaggi di elevato spessore criminale. E la ricostruzione degli investigatori, scrive ancora il quotidiano romano, va a legarsi con quella dei personaggi sulla scena: Giuseppe Princi conosceva almeno uno dei due intermediari di Del Grosso, Valerio R., e pare che con lui sia interfacciato per acquistare la droga:
La cercava per se stesso o a nome di tutta la comitiva, compreso Sacchi? Del Grosso ci parlerà anche la notte del delitto con Princi, proprio in via Latina, dicendogli che sarebbe tornato con la “roba”. Ed è così che il pasticcere, figlio di una famiglia perbene e arrestato poi grazie alla denuncia della madre, torna indietro e con Paolo Pirino organizza la compravendita che però non si concluderà perché – è la traccia odierna – i due non troveranno la droga ma, consapevoli della presenza dei soldi, decideranno di mettere a segno comunque la rapina.
Pirino dal canto suo è esperto nella materia: nel 2012, giovanissimo, fu arrestato per rapina, quattro anni più tardi per spaccio. I due recuperano anche il revolver e non è escluso che, considerate le loro amicizie a San Basilio, con rampolli di una famiglia di‘ndrangheta di Platì, abbiano anche trovato facilmente il gancio per ottenere il “ferro”. L’arma non è stata mai trovata ma i due dopo il delitto, nel tragitto di ritorno a Casal Monastero, hanno fatto tappa a Tor Bella Monaca, roccaforte di clan e traffico di droga. Forse anche per riconsegnare il revolver che ha ucciso Sacchi.
La caccia alla pistola dell’omicidio di Luca Sacchi
Ci sono poi una serie di testimoni come gli inquilini dei palazzi che si affacciano all’incrocio con via Teodoro Mommsen – fra cui due che dicono di aver visto la babysitter arrivare quando Luca era già stato colpito a morte -, e il ragazzo che ha raccontato di aver notato Del Grosso scendere dalla Smart già con la pistola in pugno, fare pochi passi e sparare. Spiega il Corriere della Sera Roma:
D’altra parte l’ipotesi è adesso che in realtà l’aggressione a Luca sia avvenuta altrove, magari in via Latina dove era stata portata avanti sempre in quella serata la trattativa per la droga. Momento che sarebbe stato ripreso da altre telecamere già esaminate da chi indaga. Un particolare che cambia la ricostruzione del delitto. Come il fatto che ci sarebbero persone sulle quali sono in corso accertamenti non presenti oggi nelle carte dell’inchiesta.
Insomma un giro di spaccio ben più ampio di quello descritto finora, con uno dei gruppi di giovani — forse proprio quello vicino alla vittima —che potrebbe aver tentato di fare il salto di qualità, cercando forse di scavalcare i due di Casal Monastero per rapportarsi direttamente con qualcuno di più importante a San Basilio o forse a Tor Bella Monaca, facendo così scattare la rappresaglia immediata che ha coinvolto,suo malgrado, Sacchi.
Per questo ieri la polizia del commissariato Casilino è andata a Tor Bella Monaca proprio per cercare la pistola che ha ucciso il personal trainer.
Leggi anche: Giovanni Princi e Valerio R.: i tabulati e gli accordi per la droga nell’omicidio di Luca Sacchi