Nicola Zingaretti indagato per finanziamento illecito

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2019-03-20

È accusato di finanziamento illecito nell’ambito di un procedimento nato dall ’inchiesta sulle mazzette pagate dagli avvocati Piero Amara e Giuseppe Calafiore ai giudici del Consiglio di Stato

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Nicola Zingaretti, appena nominato segretario del Partito Democratico, è indagato per finanziamento illecito ai partiti.  Da qualche settimana la procura di Roma gli ha notificato l’atto di proroga delle indagini. È accusato di finanziamento illecito nell’ambito di un procedimento nato dall ’inchiesta sulle mazzette pagate dagli avvocati Piero Amara e Giuseppe Calafiore ai giudici del Consiglio di Stato, anche se la sua posizione potrebbe presto essere archiviata. È dalle parole di uno dei due legali “pentiti ”che il leader del Pd viene tirato in ballo: “( l’imprenditore Fabrizio Centofanti, ndr) riteneva di essere al sicuro in ragione di erogazioni che lui aveva fatto per favorire l’attività politica di Zingaretti”, ha raccontato Calafiore agli inquirenti.

Soldi leciti, chiedono i pm? “Assolutamente no, per quanto mi diceva – risponde – Non so con chi trattava tali erogazioni. Lui mi parlava solo di erogazioni verso Zingaretti. Mi disse che non aveva problemi sulla Regione Lazio, perché Zingaretti era a sua disposizione”. I 5 Stelle chiedono chiarimenti e contemporaneamente un passo indietro”. “In merito all’articolo dell’Espresso sulla mia iscrizione nel registro degli indagati della Procura di Roma per un presunto finanziamento illecito – dice adesso Zingaretti –voglio affermare di essere estremamente tranquillo perché forte della certezza della mia totale estraneità ai fatti che, peraltro, sono stati riferiti come meri pettegolezzi de relatoe senza alcun riscontro, come affermato dallo stesso articolo del settimanale”.

Dalle parole di Amara è nato anche un altro filone di indagine, quello che vede indagato Silvio Berlusconi. Il leader di Forza Italia è accusato per corruzione in atti giudiziari per una sentenza del Consiglio di Stato che gli permise di mantenere parte del pacchetto azionario di Mediolanum, diversamente da quanto stabilito dalla Banca d’Italia. A tal proposito, Amara ha riferito di aver saputo“di una promessa al consigliere Giovagnoli di una somma di 230 mila euro, per la funzione dal medesimo svolta quale componente il collegio che ha deciso su una vicenda in cui era coinvolta una società riconducibile al gruppo facente capo a Silvio Berlusconi”. Una circostanza appresa de relato ma confermata anche da Calafiore.

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