Attualità
Come Mattia Del Zotto ha trovato il solfato di tallio per uccidere
di neXtQuotidiano
Pubblicato il 2017-12-07
Con un nome falso ha acquistato il veleno presso un’azienda del padovano. Il 27enne ha ammesso di aver commesso il fatto e ha detto di aver ucciso “per punire soggetti impuri”
Un nome falso e i tabulati telefonici del suo cellulare: così i carabinieri sono riusciti a incastrare Mattia Del Zotto, figlio di Domenico e nipote delle tre persone morte per avvelenamento da solfato di tallio. Seguendo le tracce di un account di posta elettronica col nome falso “Davide Galimberti” e i tabulati telefonici del suo cellulare è stata ricostruita la trattativa con una azienda chimica di Padova per l’acquisto del veleno che ha utilizzato per avvelenare i nonni e gli zii, provocando tre morti.
Come Mattia Del Zotto ha trovato il solfato di tallio
Il 27enne ha ammesso di aver commesso il fatto e ha detto di aver ucciso “per punire soggetti impuri”. Ha poi fatto sapere di non voler collaborare con gli inquirenti. I carabinieri hanno proceduto all’arresto di Mattia Del Zotto dopo aver trovato in casa sua a Nova Milanese cinque confezioni di solfato di tallio. Sono state trovate anche le ricevute del relativo acquisto. Le confezioni, per complessivi 60 grammi, sono state acquistate a Padova. I carabinieri hanno trovato anche sul cellulare del giovane conversazioni in cui lui fa riferimento alle ricevute dell’acquisto.
“Abbiamo proceduto all’arresto per scongiurare altre possibili vittime”, hanno poi detto le forze dell’ordine. Del Zotto pianificava di avvelenare la sua famiglia fin da giugno: analizzando il suo computer i carabinieri hanno trovato i primi contatti con la ditta fornitrice con una mail risalente al 22 giugno. Poi è passata l’estate e il 27enne si è recato a Padova a ritirare il veleno: il 15 settembre il suo telefono ha agganciato le celle della cittadina veneta, mentre alla famiglia ha raccontato di dover andare a fare un colloquio di lavoro. Ai carabinieri ha ammesso di aver agito in diversi momenti, continuando ad avvelenare gli elementi della famiglia per una questione di “opportunità”. Le boccette comprate erano sei: l’ipotesi è che avesse intenzione di colpire anche i genitori, per il momento graziati.
Mattia Del Zotto voleva “punire soggetti impuri”
Domenico Del Zotto, padre di Mattia, aveva rilasciato ieri un’intervista al Giornale in qualche modo profetica: «Non credo ci sia del dolo in tutta questa vicenda: pensarlo vorrebbe dire che c’è un avvelenatore che “spara” ovunque, dove capita. O qualcuno che dovrebbe avercela con tutti tranne che con me. O, al contrario, ce l’abbia talmente con me da crearmi il vuoto intorno…Si rischia d’impazzire».
Il mistero del tallio inizia a ottobre: muoiono avvelenati una 62enne, Patrizia Del Zotto, e i genitori Giovanni Battista Del Zotto e Maria Gioia Pittana. Si salvano invece il marito di Patrizia e la sorella minore. La famiglia, residente a Nova Milanese, in Brianza, era stata in vacanza in Friuli: si pensa che il fienile della casa di villeggiatura fosse infestato da piccioni, i cui escrementi contengono tallio. Pochi giorni fa un colpo di scena: vengono ricoverati i suoceri del fratello della prima vittima, Alessio Palma e Maria Lina Pedon, mai stati in Friuli, e tracce di tallio vengono trovate in casa loro, in una tisana.
L’acquisto del solfato di tallio
Secondo il racconto degli inquirenti Mattia Del Zotto da due anni viveva isolato; i familiari lo descrivono come chiuso e riservato. Proprio attraverso la rete ha cercato il veleno con cui avvelenare la sua famiglia. Prima ha chiesto informazioni a un’altra ditta per ottenere dell’arsenico, quindi ha virato sul tallio. Esperto di informatica, ha poi cancellato ogni traccia dal suo computer: ha dimenticato però di eliminare la bozza di una mail in cui sollecitava la ditta padovana a fargli arrivare il metallo pesante, preoccupandosi che non gli venisse addebitata due volte l’IVA. Trecento euro circa il valore delle boccette: sei per la precisione, ma solo con una è riuscito ad uccidere tre persone e farne ricoverare altre 3. Avrebbe quindi colpito ancora. È stato lo stesso Mattia a portare i carabinieri nella cantina di via Fiume dove custodiva e nascondeva il veleno.
I familiari raccontano che da qualche tempo Mattia era diventato maniacale: era contro l’uso del telecomando, si alzava ogni volta per cambiare canale; doveva staccare le prese di ogni oggetto elettronico che usava; non voleva spendere soldi e non ne chiedeva ai genitori, anche se sul suo conto poteva avere qualcosa che aveva guadagnato durante i suoi precedenti lavori – da qualche tempo era disoccupato anche se aveva un diploma di ragioneria. Inoltre non gradiva la tv in camera e cambiava canale ogni volta che vedeva una pubblicità.
«Matti aderiva a una setta»
“Mio figlio ultimamente (…) ci ha detto di non essere più cattolico, e che sta seguendo una religione che non ci ha dettagliato. La mia deduzione è che si tratti di una specie di setta. Questo nuovo stile di vita è ispirato (…), a suo dire e se non ricordo male, da un gruppo chiamato ‘Concilio Vaticano II'”, secondo quanto messo a verbale dalla madre. Per sua stessa ammissione Mattia Del Zotto aveva invece avviato un processo di conversione all’ebraismo da tre anni. Da circa un anno aveva poi preso un nuovo stile di vita: in camera voleva stare con il termosifone spento sostenendo che “con poco si vive”.