La direttrice di Rebibbia arrestata con l’accusa di aver fatto favori ai boss della ‘ndrangheta

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-08-26

Maria Carmela Longo, ex direttrice del carcere di San Pietro di Reggio Calabria, da un anno alla guida della sezione femminile della casa circondariale di Rebibbia, è ai domiciliari con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. A Propaganda Live spiegava che il senso del suo lavoro era “contenere e rieducare”

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Maria Carmela Longo, ex direttrice del carcere di Reggio Calabria, è stata arrestata con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. La Longo da un anno è alla guida della sezione femminile della casa circondariale di Rebibbia. Il gip ha disposto nei suoi confronti gli arresti domiciliari su richiesta del procuratore Giovanni Bombardieri e dei sostituti procuratori della Dda Stefano Musolino e Sabrina Fornaro. L’inchiesta che ha portato all’arresto, condotta dal Nucleo investigativo centrale del Dap, ha svelato quella che i pm definiscono “una sistematica violazione delle norme dell’ordinamento penitenziario e delle circolari del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria”.

Maria Carmela Longo arrestata direttrice rebibbia 1

Stando alla ricostruzione della Dda, Maria Carmela Longo “concorreva al mantenimento ed al rafforzamento delle associazioni a delinquere di tipo ‘ndranghetistico”. Secondo gli inquirenti, l’ex direttrice avallava “le richieste dei detenuti ristretti presso la casa circondariale ‘Panzera'”. I detenuti favoriti erano quelli collocati nel circuito “alta sicurezza”, indagati o imputati per 416bis o per reati aggravati dalle modalità mafiosa. Tra questi c’è stato anche l’avvocato Paolo Romeo, ex parlamentate e principale imputato del processo “Gotha”, in corso davanti al Tribunale di Reggio. Ma anche affilitati alle famiglie mafiose reggine e della provincia come Cosimo Alvaro, Maurizio Cortese, Michele Crudo,Domenico Bellocco, Giovanni Battista Cacciola e altri. In particolare l’ex direttrice avrebbe avuto una predilezione per alcuni detenuti “graditi” che avevano la possibilità di incontrare i familiari al di fuori dell’istituto penitenziario e al di fuori dei limiti previsti nella disciplina dei colloqui. La dottoressa Longo, è scritto nel capo d’imputazione, “individuava i detenuti da autorizzare all’espletamento del lavoro intramurario, nonchè quelli da indicare al magistrato di sorveglianza per l’espletamento del lavoro esterno”. Maria Carmela Longo, inoltre, avrebbe consentito, “la collocazione di detenuti ristretti in circuito di Alta sicurezza legati da rapporti di parentela o appartenenti allo stesso sodalizio criminoso nelle medesime celle”. A Propaganda Live, nell’aprile del 2019 la Longo spiegava che “Noi siamo deputati a contenere e rieducare, questo è il senso del nostro lavoro: porre in essere una serie di iniziative per far recuperare il senso del proprio futuro”.

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