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La mappa dei ponti a rischio in Italia

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2018-08-15

Dopo il crollo del ponte Morandi sul viadotto Polcevera a Genova e gli altri precedenti: il Viadotto Himera sull’A19 in Sicilia nel 2015; il cavalcavia sulla Milano-Lecco nel 2016; nel 2017, il ponte sull’A14 ad Ancona e il viadotto della tangenziale di Fossano

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La Stampa pubblica oggi un’infografica che riepiloga i ponti a rischio in Italia dopo il crollo del ponte Morandi sul viadotto Polcevera a Genova e gli altri precedenti: il Viadotto Himera sull’A19 in Sicilia nel 2015; il cavalcavia sulla Milano-Meda nel 2016; nel 2017, il ponte sull’A14 ad Ancona e il viadotto della tangenziale di Fossano. In tutti i casi parliamo di infrastrutture stradali costruite tra il 1955 e il 1980, con caratteristiche e tecnologie simili: ponti in calcestruzzo armato che a parere dell’Istituto di Tecnologia delle Costruzioni del Cnr «hanno superato, oggi, la durata di vita per la quale sono stati progettati e costruiti». Per rimetterli a posto, e sostituirli con nuove opere più moderne, che possono durare almeno cento anni, servirebbero decine di miliardi di euro. Ma prima c’è il problema delle competenze. 1,3 milioni di chilometri di strade italiane è di competenza dei comuni, 155mila chilometri sono delle Regioni.

L’Anas, la società pubblica da poco entrata (e forse presto uscita) nel gruppo Fs, governa 25.500 chilometri di strade, e il 90 per cento dei 24.241 chilometri di strade statali. Infine ci sono 7.123 chilometri di autostrade, con 686 gallerie e 1608 tra ponti e viadotti, la cui responsabilità e manutenzione è affidata ai concessionari. Ognuno di questi soggetti dovrebbe pensare a manutenere e vigilare sullo stato di strade, ponti, viadotti e cavalcavia. Ma è tutto in ordine sparso, se e quando ci sono i soldi, o li si vuole spendere nel caso dei privati.

mappa ponti a rischio italia

La mappa dei ponti a rischio in Italia (La Stampa, 15 agosto 2018)

Una direttiva europea impone controlli da parte dei ministeri, ma è inattuata: non ci sono soldi e non ci sono nemmeno ispettori. E i ponti a rischio?

Non sempre le denunce di cittadini e amministrazioni locali – che parlano di piloni e strutture ammalorate, rugginose e con crepe – mettono in evidenza situazioni di vero pericolo per la tenuta strutturale delle opere. Ma in molti casi gli allarmi sembrano fondati. Come i quattro ponti sulla Superstrada Milano-Lecco, in Brianza: due (Cesano Maderno e Bovisio Masciago) secondo perizie dovranno essere rifatti. A Como pare a rischio il Viadotto dei Lavatoi. In Piemonte destano preoccupazione una serie di viadotti sull’A6 Torino-Savona: in particolare quelli di Stura di Demonte, Ferrania e Chiaggi. In Campania è sotto osservazione il viadotto Manna, ad Ariano Irpino.

In Calabria preoccupano il Ponte «Cannavino», sulla SS 107, e il Ponte Petrace sulla SS 18 tra Gioia Tauro e Palmi. In Abruzzo si denuncia che alcuni viadotti sull’A24/A25, già danneggiati dal terremoto del 2009, risultino ulteriormente deteriorati. Passare il fiume Po tra Parma e Cremona è ormai diventata un’impresa, dopo la chiusura del ponte di Casalmaggiore, i lavori in corso al ponte Verdi e i problemi a quello di Viadana. Infine, in Sicilia c’è un caso che riguarda un altro «Ponte Morandi», quello progettato tra Villaseta e Agrigento dallo stesso ingegnere (che ha realizzato anche il ponte sul Tevere sul raccordo per Roma Fiumicino). L’opera sembra avere serissimi problemi su alcune travi portanti, e si parla di lavori per 30 milioni.

Nel 2013 – ma i lavori sono partiti con due-tre anni di ritardo – è partito un programma di manutenzione straordinaria e strutturale di ponti, viadotti e gallerie della rete Anas, finanziato dallo Stato. E il nuovo contratto di programma Anas 2016-2020 prevede uno stanziamento di circa 350 milioni l’anno per interventi su ponti e viadotti (solo l’Anas ne ha 13.000).

Leggi sull’argomento: Crollo Genova, perché il ponte Morandi era a rischio

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