La cronaca di una strage di anziani nelle RSA lombarde

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-04-18

Gli ispettori del ministero della Salute nella loro relazione preliminare, ancora incompleta, sui malati di COVID-19 portati nelle case di riposo in Lombardia scrivono un atto d’accusa sulla gestione della crisi da parte di tutta la Regione. Responsabile di non avere «applicato in maniera tempestiva le misure» per difendere gli anziani ospiti nelle case di cura

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Gli ispettori del ministero della Salute nella loro relazione preliminare, ancora incompleta, sui malati di COVID-19 portati nelle case di riposo in Lombardia scrivono un atto d’accusa sulla gestione della crisi da parte di tutta la Regione. Responsabile di non avere «applicato in maniera tempestiva le misure» per difendere gli anziani ospiti nelle case di cura. Spiega oggi Repubblica che si tratta della cronaca di una strage:

Gli ispettori evidenziano i pericolosi limiti della strategia adottata dalla giunta presieduta da Attilio Fontana. Di fronte all’emergenza è stato creato un «doppio binario», che sin dall’inizio ha privilegiato gli ospedali a scapito delle residenze per anziani. E lo ha fatto disobbedendo alle direttive del governo. «Le azioni di contenimento indicate dal ministero della Salute non sono state applicate in maniera tempestiva e hanno seguito un doppio binario a due velocità», recita il rapporto. Mentre si concentravano le energie sugli ospedali lombardi, nelle Rsa «non sembra si sia creato un raccordo rapido e il massimo sforzo che sarebbe dovuto avvenire anche per le caratteristiche di fragilità dei pazienti ricoverati». Laddove proprio la realtà della Lombardia — sottolineano — con una presenza di moltissime case di cura per la terza età avrebbe imposto una reazione immediata.

Il Pio Albergo Trivulzio è l’epicentro dei ritardi. C’è un’inerzia letale da parte dei vertici dell’istituto milanese — ora indagati dalla magistratura per strage e omicidio colposi — che non reagiscono davanti alla crisi. Perdono giorni preziosi prima di muoversi e prendere provvedimenti contro l’epidemia, «attendendo indicazioni da parte della Regione per attuare le misure di contenimento». Ma le indicazioni c’erano già, fornite a tutta Italia dal ministero della Salute con una circolare del 22 gennaio. Un documento chiarissimo: dice che i malati vanno visitati in un’area separata dagli altri pazienti e raccomanda che il personale sanitario indossi mascherina di tipo FFp2, camice impermeabile, guanti, protezione facciale. Più in generale, scrive che bisogna prendere le massime precauzioni per proteggere le residenze per anziani perché il virus miete vittime soprattutto tra queste persone deboli. Ma al Pio Albergo Trivulzio quelle misure «sono state poste in essere ad opera di una costituita “unità di valutazione” presieduta dal dottor Pierluigi Rossi e dalla dottoressa Rosella Velleca solo il 23 febbraio e le attività ambulatoriali e i ricoveri sono stati sospesi solo il 13 marzo».

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La delibera della Regione Lombardia

E come se non bastasse, gli ispettori sottolineano le contraddizioni riguardo alla distribuzione e all’utilizzo delle mascherine. I vertici della Baggina davanti alla commissione ministeriale hanno sostenuto di «aver dato le prime indicazioni già nei giorni successivi al 23 febbraio, messo a disposizione del personale mascherine FFp2 e FFp3, oltre ad aver isolato in stanze singole i pazienti con sintomi, posto in quarantena un numero imprecisato di operatori sanitari, pubblicato bollettini informativi e formato il personale anche con corsi online». Peccato che le mascherine risultino distribuite solo dopo l’approvvigionamento da parte della Protezione civile. Accade il 24 marzo. Un mese di vuoto in cui il morbo ha continuato a diffondersi stanza per stanza.

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