Iuventa: l'ONG tedesca e le foto degli accordi con gli scafisti

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2017-08-03

«In molti casi l’ONG non ha agito in presenza di un imminente pericolo di vita. I migranti vengono scortati dai trafficanti libici e consegnati non lontano dalle coste. Non si tratta dunque di migranti salvati, ma consegnati»

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La nave Iuventa, battente bandiera olandese ma riconducibile all’ONG tedesca Jugend Rettet, è andata a prendere persone in mare praticamente a ridosso delle coste libiche, arrivando persino ad una distanza minima di 1,3 miglia, per caricare i migranti trasportati dai trafficanti. Questi sono stati fotografati mentre scambiano i saluti con l’equipaggio dell’Ong e se ne tornano tranquillamente in Libia riprendendosi il motore del gommone. E in alcuni casi il viaggio di ritorno degli scafisti viene persino agevolato dall’ONG.

La nave Iuventa e l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina

Le indagini della squadra mobile di Trapani e dello Sco (il servizio centrale operativo della polizia) hanno scoperchiato un sistema di collusione tra i trafficanti di esseri umani e l’equipaggio della Iuventa. Secondo il procuratore aggiunto di Trapani Ambrogio Cartosio «seppure questa imbarcazione in qualche caso intervenga per salvare vite umane, in più casi invece non agisce in presenza di un imminente pericolo di vita. I migranti vengono scortati dai trafficanti libici e consegnati non lontano dalle coste all’equipaggio della Iuventa. Non si tratta dunque di migranti salvati, ma consegnati». E questo, secondo i pm, integra il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Anche perché, si evince dalle 150 pagine del decreto di sequestro preventivo firmato dal gip Emanuele Cersosimo, al di là dei tre episodi documentati, questo sarebbe il modus operandi abituale del team tedesco.

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La sequenza fotografica della nave Iuventa (La Stampa, 3 agosto 2017)

Le fotografie ieri mostrate vengono descritte così da Grazia Longo sulla Stampa: «Dapprima si incontravano in acque internazionali con trafficanti libici a bordo delle rispettive imbarcazioni, quindi facevano momentaneo ritorno presso la motonave Iuventa (mentre i trafficanti libici si dirigevano nuovamente verso le acque libiche), e, da ultimo, si incontravano nuovamente con i trafficanti libici che questa volta scortavano un’imbarcazione con a bordo dei migranti che venivano poi trasbordati sulla motonave Iuventa».

La Jugend Rettet e l’accordo con i trafficanti

Il recupero dei migranti, in accordo con i trafficanti, avveniva anche «a 1,3 miglia dalla costa libica». Scafisti e operatori dell’Ong si salutano ignari di essere fotografati dall’agente di polizia infiltrato su un’imbarcazione vicina. E uno degli operatori di Save The Children, intercettati dalla polizia per verificare la genuinità delle loro denunce, affermava: «Se tu prendi la roba da loro, vuol dire che comunque c’è una complicità tra te e loro, capito? Cioè lei se li va a prendere, te li porta a te e tu li riporti indietro». L’intesa era talmente forte che il 26 giugno scorso alle 17 sull’albero a poppa della Ong tedesca Jugend rettet, «è stata issata la bandiera libica».

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Le ONG in azione sulle coste libiche (La Repubblica, 3 agosto 2017)

Juveng Rettet è stata fondata da Jakob Schoen nel 2015 a Berlino. Alla base di tutto, una vasta campagna di crowdfunding: dopo i primi 150mila euro da donatori privati, altri 140mila sono stati raccolti per restaurare la Iuventa — un’imbarcazione lunga 33 metri, in grado di accogliere oltre 200 persone — e condurla fino alle coste italiane. L’equipaggio è di 11 persone, compresi skipper, macchinista, medico, psicologo e interprete: nella presentazione della nave sul sito si afferma che finora ha salvato più di seimila persone e che a bordo sono tutti volontari.

Le consegne concordate con gli scafisti 

Repubblica in un articolo di Francesco Viviano spiega i dettagli degli accordi con gli scafisti e l’atteggiamento dell’equipaggio nei confronti delle autorità italiane:

Katrin è la team leader della Iuventa. Il 15 maggio scorso mentre la barca, nel frattempo imbottita di microspie dalla polizia, è in sosta a Malta, la ragazza parla con un collega della Sea Watch ormeggiata pure in porto. E spiega la strategia per evitare ogni tipo di collaborazione con le autorità italiane. «Noi ci prepariamo a tenere tutto pulito a bordo. Noi della Iuventa non daremo mai un contributo e consegneremo solo foto che ritraggono l’operato della Guardia costiera libica e delle fasi di soccorso. Non trasmettiamo nessuna fotografia in cui potrebbero essere identificabili le persone alla guida delle imbarcazioni perché la polizia potrebbe arrestarli».

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La iuventa attraccata al porto e sequestrata

Grazia Longo invece sulla Stampa riporta uno strano dialogo proprio sui pagamenti delle ONG:

Dalle intercettazioni dei due collaboratori di «Save the Children» si evince poi l’amore per il guadagno di alcune Ong. Uno chiede all’altro: «Quali erano secondo te le cose strane che hai visto?». E lui risponde: «Innanzitutto il fatto che venissero pagati così tanto, il fatto che ci facessero fare queste c… di foto come ..». L’amico chiede: «Perché loro, aspè perché loro erano pagati come stipendio dici?». Sorprendente la risposta: «Eh, si, cioè .. cioè uno che fa il volontario che si piglia 10.000 euro mi sembra …».

Leggi sull’argomento: Iuventa: l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina

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