La guerra al clan Senese dietro le gambizzazioni di via Flavio Stilicone

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2019-04-03

Chi ha premuto il grilletto in via Flavio Stilicone non voleva ammazzarli, ma ha lanciato comunque un avvertimento in grande stile. Arrivato da  dove?

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La sparatoria in via Flavio Stilicone che ha visto la gambizzazione di Mauro Gizzi e Maurizio Salvucci va vista nell’ambito della guerra scatenata contro il clan Senese per il monopolio dello spaccio in zona Cinecittà. Gizzi, ieri, ha lasciato il policlinico Casilino dove era stato medicato per uno dei 5 proiettili che gli aveva strisciato una gamba: Salvucci, invece, è ancora piantonato in ospedale, in attesa di essere operato.

La guerra al clan Senese dietro le gambizzazioni di via Flavio Stilicone

Secondo le prime indiscrezioni sulle indagini, Gizzi, indagato per spaccio,rapina e minacce (e un cugino, Franco, dietro le sbarre per la rapina alla Banca Popolare di Novara al Portuense e precedenti in odore di camorra) e Salvucci, 51 anni, nei guai per spaccio e rapina, avevano fatto della via il loro quartier generale e spesso si trovavano seduti ai tavolini del bar in cui gli hanno sparato.

I carabinieri stanno visionando le immagini estrapolate da alcune telecamere di zona per individuare almeno con esattezza lo scooter nero usato dai due sicari, apparentemente molto giovani, al massimo trentenni, con i caschi sulla testa. Il Messaggero spiega che chi ha premuto il grilletto non voleva ammazzarli, ma ha lanciato comunque un avvertimento in grande stile. Arrivato da  dove?

Le inchieste giudiziarie hanno scoperchiato negli anni alleanze e joint-venture, strette di volta in volta tra vecchi e nuovi criminali, alcuni proiezione romana delle mafie tradizionali, mirate alle opportunità di business: non solo la droga, ma anche l’usura, le estorsioni e il controllo della distribuzione delle slot machine. Altro settore controllato sempre dal clan Senese alleato con i “napoletani del Tuscolano” di Domenico Pagnozzi, ora in carcere.

Chi vuole dare la scalata? Tutte domande a cui gli inquirenti stanno cercando di dare una risposta. Le ultime indagini parlano di “cavalli” della droga albanesi, dapprima utilizzati dai Casalesi come guarda spalle, e che nel tempo si sarebbero accaparrati grosse fette di mercato e che scalpitano per emergere in ruoli di prim’ordine.

Quattro anni fa l’Espresso raccontava le prime risultanze dell’indagine che oggi chiamiamo Mafia Capitale, e la spartizione delle zone d’influenza. Massimo Carminati ha il quartier generale in Corso Francia e comanda tutta la zona a Nord del Tevere. Michele Senese, ‘O pazzo o Zì Michele, controllava il sud est ma cercava di arrivare fino a Ponte Milvio, che nominalmente era zona di Carminati grazie ai servigi di due batterie: quella di Fabrizio Piscitelli in arte Diabolik, storico capo degli Irriducibili, ultras della Lazio, e quella di Orial Kolaj detto Riccardino, ex pugile albanese che a Ponte Milvio era di casa. I primi li chiamano i napoletani e finiranno una prima volta nei guai nel 2007, quando Diabolik organizza la scalata alla Lazio che finirà con il carcere e la scoperta di legami con il narcotraffico.

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I quattro Re di Roma (infografica da Dagospia)

Il romanzo criminale della famiglia Senese

Repubblica Roma invece sintetizza il romanzo criminale della famiglia Senese: dall’Anagnina al Tuscolano, sono tre le generazioni che si sono succedute nella tenuta dei business illegali.

Fino al 2009, non c’era foglia che si muovesse senza il placet di uno dei boss più spietati: Michele Senese, ‘o Pazzo. Appartenente al clan Moccia di Afragola e militante nella Nuova Famiglia della camorra di Carmine Alfieri, sbarcò al Tuscolano sul finire degli anni Ottanta, nel momento in cui la Banda della Magliana si stava dissolvendo sotto i colpi di importanti arresti.

Di lui la magistratura scrive che «ha per anni imposto il suo potere criminale su buona parte della città, affermandosi come leader indiscusso di un agglomerato criminale capace di tenere insieme sia soggetti di origine campana da anni ormai a Roma, che pericolosi criminali locali e di operare sul territorio avvalendosi del metodo mafioso tipico delle organizzazioni camorristiche».

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Nella foto: Michele Senese

Nel 2009 ‘o Pazzo viene arrestato e il suo uomo ombra, Domenico Pagnozzi, ne prese le redini. Poi è toccato a Giuseppe Molisso, un giovane che, secondo gli inquirenti, è cresciuto sotto l’ala di Michele ‘o Pazzo ma che non accetta di prendere ordini, dopo l’arresto del boss, dal suo successore Pagnozzi. Enrico Bellavia racconta parte della storia criminale di Senese, che ha tanti punti di contatto con quella della Banda della Magliana:

Il suo ultimo omicidio accertato, deciso per vendicare il fratello ucciso a Roma nel 1997, fu ordinato dall’Ospedale psichiatrico giudiziario di Montelupo Fiorentino. Una batteria di killer si incaricò di regolargli i conti sul lungomare di Torvajanica con il boss della Marranella, Giuseppe Carlino, nel 2001. Il primo bollo che lo fa pazzo ha la firma di Giuseppe Lavitola, il padre di Valter, che fa la stessa diagnosi per Raffaele Cutolo. Dall’Opg di Aversa, Senese evade mandando per aria il muro di cinta. Boss e gregari hanno allora come nume tutelare Aldo Semerari, lo psichiatra che sforna perizie per neri e mafiosi. Per Senese c’è un profilo da «schizofrenico paranoide» e per di più invalido.

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