Gianfranco Fini non era un co***one

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2017-05-30

Secondo il GIP il politico era a conoscenza delle intenzioni di Tulliani sulla casa di Montecarlo. Per questo ieri è arrivato il sequestro delle polizze. Lui aveva detto: «Secondo lei è piacevole a 65 anni ammettere di essere un co***one? Sono stato un coglione, ma non sono mai stato un corrotto»

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Gianfranco Fini sapeva della casa di Montecarlo. Aveva una «centralità progettuale e decisionale nella vicenda» e le sue dichiarazioni sono «del tutto inverosimili». Secondo il giudice per le indagini preliminari, quindi, Fini non era un «coglione», come si era autodefinito tempo fa.

Gianfranco Fini non era un co***one

I pm, infatti, contestano all’ex ministro degli Esteri di avere, «d’intesa con la compagna e suo fratello, messo a disposizione» i conti di una serie di società off-shore «per ricevere ingenti somme di denaro da un conto riconducibile a Corallo». Ricostruzione che il gip condivide. Proprio per questo, nell’ordinanza di sequestro scrive che Fini «concorrendo con i Tulliani nei rispettivi delitti contestati, può essere destinatario del provvedimento ablativo in proprio nonché in virtù del principio solidaristico operante in materia, con riferimento ai reati commessi in concorso con Tulliani il cui patrimonio si è rivelato insufficiente a coprire valore del profitto illecito determinato».
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E quindi per questo per il gip “va accolta la richiesta di sequestrare un valore complessivo di € 934.441,72 contenuto nella polizza nr.1563224 stipulata con Axa Mps Financial Ltd ed intestata a Fini (al 31.12.2016 risultavano versamenti per € 467.220,86) e nella polizza nr.1563225 stipulata con Axa Mps Financial Ltd ed intestata sempre a Fini (al 31.12.2016 risultavano versamenti per € 467.220,86)”. L’inchiesta, condotta dal Servizio centrale di investigazione sulla criminalità organizzata (Scico) della guardia di finanza, portò in carcere nel dicembre scorso lo stesso Corallo e altre quattro persone.
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Secondo gli investigatori, Corallo assieme a Alessandro La Monica, Arturo Vespignani, Amedeo Laboccetta, Rudolf Theodoor e Anna Baetsen, avrebbero fatto parte di un’associazione a delinquere che avrebbe evaso le tasse e dedita al riciclaggio. I soldi, una volta ripuliti, sarebbero stati utilizzati da Corallo per attività economiche e finanziarie ma anche nell’acquisto di immobili che hanno coinvolto i membri della famiglia Tulliani tra cui l’appartamento di Montecarlo ceduto da Alleanza Nazionale alle società offshore Printemps e Timara, riconducibili a Giancarlo e Elisabetta Tulliani.

Gianfranco Fini e la casa di Montecarlo

Secondo gli investigatori della Guardia di Finanza, l’operazione di vendita dell’appartamento di Montecarlo, realizzata “alle condizioni concordate con Corallo ed i Tulliani”, fu decisa proprio da Fini “nella piena consapevolezza di tali condizioni”. L’ex presidente della Camera, insomma, sarebbe stato “artefice dei rapporti che si sono instaurati tra Corallo e i membri della famiglia Tulliani, rapporti in forza dei quali costoro hanno ricevuto dal primo cospicue somme di denaro, in assenza di qualsiasi causale logica, ovvero in presenza di causali non collegabili a reali prestazioni effettuate”.
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Il 10 aprile, quando è stato sentito dai magistrati della Procura, Fini aveva negato ogni accusa, precisando come il suo coinvolgimento fosse “frutto delle false dichiarazioni rese da Amedeo Laboccetta (ex parlamentare, ndr) e delle millanterie di Giancarlo Tulliani nei confronti suoi e della sorella Elisabetta, per accreditarsi con Corallo”. Adesso, a seguito della parziale discovery di quell’atto istruttorio contenuto nel decreto di sequestro preventivo delle due polizze, si viene sapere che “quella negatoria di Fini è del tutto inverosimile”, per chi indaga, “ove si pensi al capo di imputazione contestato (quello sul riciclaggio, ndr), vicenda cruciale e nevralgica, snodo essenziale, reato fondante dell’intera serie criminosa ricostruita”. Per il gip, Fini, alle varie fattispecie penali, “ha partecipato come concorrente, ideatore, perfettamente a conoscenza dei singoli snodi, dei tentativi societari, prima, e delle conclusioni tese a più usuali investimenti commerciali, poi”.

Gianfranco Fini e Tulliani prestanome

La storia comincia quasi dieci anni fa. Nel luglio 2008 Alleanza Nazionale vendette per 300mila euro un appartamento a Montecarlo che era stato donato al partito dalla contessa Anna Maria Colleoni, morta nel ‘99. A comprarlo fu una società offshore, la Printemps, che nell’ottobre 2008 lo rivendette per 330 mila euro a un’altra società anonima caraibica, Timara Limited. Per i pm dietro le società c’era Giancarlo Tulliani, che acquistò la casa con i soldi di Corallo.
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Virginia Piccolillo sul Corriere della Sera riesce nell’impresa di sentire il diretto interessato:

Gianfranco Fini, ci vuole spiegare qualcosa, su questa vicenda?
«La ringrazio, ma non rilascio interviste».
E sulle polizze sequestrate?
«Nemmeno. Però…»
Però?
«Però la prego di leggere la nota inviata dai miei legali. La legga. La legga con attenzione».
I suoi legali scrivono che le sono state sequestrate polizze intestate alle sue figlie sulla base dell’incapienza del patrimonio che doveva essere oggetto di sequestro nei confronti di Giancarlo Tulliani.
«Ecco, appunto. Se la motivazione del provvedimento è l’incapienza dei Tulliani, lei capisce?».
Vuol dire che con quel giro di denaro considerare i Tulliani incapienti fa sorridere?
«Lei ride. Ma io non ci trovo niente da ridere. Oltre al danno anche la beffa».

Leggi sull’argomento: Gianfranco Fini preferisce essere co***one piuttosto che corrotto

 

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