Attualità
Krzysztof Charamsa: il monsignore che sfida la Chiesa
di neXtQuotidiano
Pubblicato il 2015-10-03
Il Vaticano gli toglie gli incarichi dopo il coming out. Il suo vescovo lo invita a tornare al sacerdozio. Lui chiede ai preti omosessuali di trovare la forza di uscire dagli armadi. Il silenzio imbarazzato della politica italiana
Affermando di essere gay, don Krzysztof Charamsa ha “sfidato” l’istituzione della Chiesa e con il suo coming out ha “cercato di liberarsi dell’ipocrisia”. Così scrive, all’indomani della notizia che ha agitato il Vaticano, il quotidiano polacco Gazeta Wyborcza, commentando le dichiarazioni del sacerdote al Corriere della Sera. E in effetti adesso la sfida al Vaticano è aperta: quando caccerà Charamsa?
Don Krzysztof Charamsa: il monsignore che sfida la Chiesa
A voler seguire le regole in modo preciso e puntuale, infatti, la Chiesa avrebbe tutte le carte giuste per cacciare Don Krzysztof, visto che lui ha rivelato di avere un compagno, contravvenendo così alla regola del celibato (non importa se con un uomo o una donna, non è questo il punto). D’altro canto – attenzione – Padre Lombardi nella sua dichiarazione alla stampa non ha parlato in alcun modo del celibato, e se l’è presa con le dichiarazioni stesse, dicendo che è a causa dell’intervista rilasciata al Corriere Monsignor Charamsa non potrà continuare a lavorare alla Congregazione per la dottrina della fede e alle università della Chiesa:
“A proposito delle dichiarazioni e interviste rilasciate da mons. Kryzstof Charamsa – ha dichiarato il portavoce Federico Lombardi – si deve osservare che, nonostante il rispetto che meritano le vicende e le situazioni personali e le riflessioni su di esse, la scelta di operare una manifestazione così clamorosa alla vigilia della apertura del sinodo appare molto grave e non responsabile, poiché mira a sottoporre l’assemblea sinodale a una indebita pressione mediatica”. “Certamente – ha aggiunto padre Lombardi – mons. Charamsa non potrà continuare a svolgere i compiti precedenti presso la Congregazione per la dottrina della fede e le università pontificie, mentre gli altri aspetti della sua situazione sono di competenza del suo Ordinario diocesano”.
Fino a stamattina Charamsa era ufficiale della Congregazione per la Dottrina della Fede, segretario aggiunto della Commissione Teologica Internazionale vaticana e insegnava teologia alla Pontificia Università Gregoriana e al Pontificio Ateneo Regina Apostolorum. Il Vaticano gli ha tolto gli incarichi, l’ha – per così dire – licenziato senza spretarlo. Padre Lombardi spiega che la sua situazione è di competenza dell’Ordinario diocesano. Ryszard Kasyna, vescovo di Pelplin (Polonia), diocesi di appartenenza di Charamsa, ha rivolto al teologo l’invito a tornare “sulla via del sacerdozio di Cristo”. Mons. Kasyna ha definito le affermazioni e le dichiarazioni mediatiche di mons. Charamsa “contrastanti con le Sacre Scritture e il magistero della Chiesa cattolica”. Mons. Charamsa nel 1993 ha lasciato il seminario di Pelplin e la Polonia per continuare gli studi prima a Lugano e successivamente a Roma. Più che un richiamo sembra un avvertimento. Probabilmente alle parole seguiranno i fatti.
La forza di uscire dall’armadio
Anche perché don Krysztof non sembra esattamente pentito dell’intervista rilasciata al Corriere. Nel pomeriggio ha convocato una conferenza stampa e ha esordito così: “Dedico il mio coming out ai tantissimi sacerdoti omosessuali che non hanno la forza di uscire dall’armadio”. Alla domanda se ci siano “tantissimi” gay anche in Vaticano ha annuito, commentando: “In ogni società di soli uomini ci sono più gay che nel mondo come tale”. Queste parole sono andate in onda anche nell’edizione del Tg3 delle 19. Il riferimento agli armadi è una «citazione della frase inglese coming out of the closet (“uscire dal ripostiglio” o “uscire dal nascondiglio”, ma letteralmente “uscire dall’armadio a muro”)», e qualcuno la ricorderà anche in una canzone di Lou Reed.
Due note di costume sulla politica italiana, giusto per dimostrare che da noi la situazione è grave ma non seria. Giovanardi se l’è presa con la lobby gay:
“Non va sottovalutata la forza delle lobby gay, anche quelle all’interno della Chiesa che a quanto pare hanno atteso l’appuntamento del Sinodo per venire allo scoperto”. In una intervista all”Occidentale’ il senatore di Area Popolare, Carlo Giovanardi commenta così il coming out di Monsignor Charamsa. Siamo di fronte a una “incredibile confusione creata dal clima mediatico e culturale che si sta alimentando attorno al Sinodo della famiglia”, dice il senatore di Ap, riferendosi alle polemiche nate “per l’incontro del Papa a New York con Kim Davis e l’abbraccio al suo ex alunno omosessuale”, per arrivare al coming out di oggi del teologo polacco. Secondo Giovanardi “il rischio è di costringere il Sinodo a concentrarsi sulla questione dei gay. Questa torsione esercitata dalla stampa, con le vicende citate, ha come effetto quello di indebolire la Chiesa. Mi chiedo allora quando parleremo dell’argomento del Sinodo, cioè della famiglia riconosciuta dalla Costituzione, quella composta da padre e madre, uomo e donna”.
E le sue parole sono doppiamente sbagliate. In primo luogo perché le lobby gay esistono forse meno del gender. E in secondo luogo perché il senatore, attento lettore delle logiche della politica, non può non essersi accorto che un silenzio di tomba è sceso dalle parti del Partito Democratico nei confronti della storia. Nella giornata sono arrivate dichiarazioni di Imma Battaglia, consigliera comunale di SEL e presidente del Di’ Gay Project e di Franco Grillini di Gaynet. Per dire: uno che parla persino dei retweet di Beppe Grillo come Ivan Scalfarotto finora non ha avuto niente da dire. Forse perché la sensazione è che la Chiesa si trovi in una situazione di grossa difficoltà politica, e che non sia il caso di caricare ulteriormente la situazione. Anche perché vista la fine che ha fatto il sindaco Marino, non c’è molto da scherzare con Papa Francesco. La forza di «uscire dall’armadio»? Si vede che è difficile averla anche in politica.