Debora Cerroni: la “gaggia” che ha mandato in carcere i Casamonica

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2018-07-18

Lei, che è figlia di un ex della Banda della Magliana, ha dato il via all’inchiesta che ieri ha falcidiato il clan. Partendo dal funerale di zio Vittorio: «Era motivo di vanto, per dimostrare il potere». «A Roma semo i più forti»

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Lei si chiama Debora Cerroni, è del 1984 ed è stata sposata per dodici anni con Massimiliano Casamonica in un matrimonio celebrato con rito rom che è durato dal 2002 al 2014 e dal quale sono nati tre bambini. Lei, che è figlia di un ex della Banda della Magliana, ha dato il via all’inchiesta che ieri ha portato in carcere molti esponenti del clan Casamonica con l’accusa di associazione mafiosa.

Debora Cerroni: la “gaggia” che ha mandato in carcere i Casamonica

È lei a raccontare ai magistrati che la famiglia è legata da un comune senso di appartenenza «Per cui, alla bisogna o nei momenti di difficoltà, tutti (e sono tantissimi) sono a disposizione degli interessi della famiglia». Ha spiegato l’organigramma e come non esista un capo assoluto del clan, ma un reggente per ogni nucleo, che, però controlla «con una sua autonomia».  Lei, scrive oggi Repubblica, era definita una “gaggia” dalle altre donne della famiglia, ovvero una straniera: proprio perché non era rom, era tenuta segregata:

«Non potevo fiatare, le poche volte che ho fatto di testa mia, sono stata minacciata e picchiata». Ha poco più di trent’anni e per dodici ha vissuto in quel vicolo, nel regno del clan a cui grazie anche alle sue rivelazioni per la prima volta è stata contestata l’associazione mafiosa.

Quando non obbediva, la rinchiudevano: «Ti sciogliamo nell’acido». E lo stesso avveniva con i suoi tre bambini. Proprio per loro, per garantirgli un futuro diverso, decide di diventare testimone di giustizia. Le sue parole sono state fondamentali «per arrestare le belve».

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Debora Cerroni ha descritto ai magistrati il rango di Giuseppe Casamonica, il grande capo a cui fa riferimento tutto il clan. E poi ha ricostruito il funerale di zio Vittorio, l’acclamazione a re di Roma con i petali e la carrozza trainata fino alla basilica Don Bosco. «Era motivo di vanto, per dimostrare il potere», ha sottolineato. «A Roma semo i più forti», il popolo deve avere paura quando sente il nome Casamonica dicevano fino a ieri.

Il memoriale di Debora Cerroni Casamonica

Il Messaggero e il Mattino riportano oggi parti del memoriale che ha consegnato ai magistrati: «Benché la vita mi abbia dato tante cose negative, che sto pagando, mi ha fatto avere anche tante cose belle ed incontrare pochissime persone speciali. Però nonostante questo, sono quasi sola. Lotto e lotterò sempre per i miei bambini, ma vorrei garantire loro un futuro perché purtroppo la vita mi ha dato quella malattia, che può essere anche che non mi verrà mai, anche perché qualcosa ora c’è, ma nella mia mente vedo chela mia vita è limitata voi mi avete aiutata a riprendere i bambini e avete arrestato quelle belve prive di rispetto, ignoranti, irrispettose nei confronti degli altri (e mi domando come abbia fatto io a sceglierlo) e per questo vi sarò sempre debitrice. Ma magari posso tradurvi tutto quello che volete o insegnarvi la loro lingua, oppure se tutto quello che vi ho detto e che dovrò ancora dirvi quando verrete qua, potrò testimoniare contro di loro … anche se il mio rischio di vita si alzerà … ti ripeto che queste cose le farò ugualmente anche perché avendo vissuto e convissuto con loro tutto questo tempo non solo ho perso la dignità di essere mamma (come avrei realmente desiderato per i miei bimbi) di essere donna e di essere una persona onesta, come in realtà mi sento. I miei bambini dovranno seguire esempi diversi».

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La partecipazione dei Casamonica a Porta a Porta nel 2015 dopo il funerale di Vittorio

Il clan Casamonica conta migliaia di appartenenti, si considerano un’unica “grande famiglia”, come si legge nelle carte dell’ordinanza che oggi ha portato all’arresto di 33 affiliati. Il feudo è praticamente inaccessibile. Telecamere e sentinelle in strada vigilano su chi entra e chi esce. Gli ultimi a finire sotto la minaccia del clan sono stati i giornalisti che ieri hanno provato a raccontare il luogo dove vivono. A respingerli, bastoni in mano, le donne, che in più occasioni – come si legge nelle carte – hanno avuto un ruolo determinante nella gestione degli affari. Si parla di centinaia di milioni di euro, investiti in ville, auto di lusso, gioielli, cavalli da corsa e, ovviamente, traffici illeciti, dal riciclaggio al narcotraffico. Un business che si estende anche oltre i confini romani, grazie ai patti stretti con le altre famiglie criminali locali, come gli Spada o i Di Silvio.

Il clan dei Casamonica

L’attività di indagine non si è basata solo sulle dichiarazioni della cognata del boss ma anche su quanto dichiarato da un altro soggetto, un calabrese residente da anni nella Capitale, che per il gruppo avrebbe curato interessi legati al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti. Anche in questo caso l’uomo, non un componente interno alla famiglia, avrebbe fornito a chi indaga elementi utili soprattutto per delineare il ruolo dei capi all’interno dell’organizzazione.

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Gli elementi di spicco del clan dei Casamonica (La Repubblica Roma, 18 luglio 2018)

Per gli investigatori il ruolo apicale di promotore era ricoperto da Giuseppe Casamonica, recentemente uscito dal carcere dopo circa 10 anni di detenzione. Arrestato anche un componente della famiglia Strangio: il clan, per l’accusa, prosperava anche grazie al patto con le mafie storiche. Le indagini dei carabinieri del nucleo investigativo di Frascati sono scattate nell’estate 2015 prima dei funerali show alla periferia di Roma di «Zio Vittorio», quelle esequie a Don Bosco tra pioggia di petali di rosa, carrozza e le note del Padrino che furono un’onta per Roma.

Leggi sull’argomento: Domenico Spada arrestato nella retata del clan dei Casamonica

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