Cosa c’entra Piscitelli con i pusher delle piazze dello spaccio a Roma arrestati

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2019-09-18

Secondo l’accusa i 21 arrestati di ieri gestivano le principali zone di spaccio nella Capitale, da Ponte Milvio a Torpignattara, da Acilia, a La Rustica, dall’Infernetto al Tiburtino e Fonte Nuova. Ed avevano collegamenti con gli amici di Diabolik

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Secondo l’accusa gestivano le principali zone di spaccio nella Capitale, da Ponte Milvio a Torpignattara, da Acilia, a La Rustica, dall’Infernetto al Tiburtino e Fonte Nuova. Ed avevano collegamenti con gli amici dell’ultrà della Lazio Fabrizio Piscitelli, ucciso con un colpo di pistola alla testa al parco degli Acquedotti. Ci sono elementi di spicco della criminalità e grandi fornitori di droga delle varie piazze di spaccio romane fra le persone arrestate nell’operazione Lucifero 2017 della Squadra Mobile coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia.

Le piazze dello spaccio a Roma

Tra i soggetti colpiti dall’ordinanza di custodia cautelare emessa dal G.I.P. De Robbio del Tribunale di Roma figurano elementi di spicco della criminalità romana tra i quali Fabrizio Capogna, appartenente alla nota famiglia Capogna e Gaetano Giuseppe Mazza, siciliano, residente in Colombia per gestire da vicino gli illeciti traffici di droga, tuttora ricercato. Per lo spaccio si utilizzava la staffetta, denominata “metodo Capogna”: lo stesso Capogna accompagnava personalmente tutte le consegne di stupefacente seguendo l’auto condotta da complici che di volta in volta remunerava con cospicue somme di denaro senza mai “toccare” lo stupefacente in modo da fugare eventuali arresti da parte delle forze dell’ordine ed allontanandosi, a bordo di scooter presi a noleggio, immediatamente dopo le consegne.

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L’operazione Lucifero 2017 (Il Messaggero, 18 settembre 2019)

A capo del sodalizio Ali Omar Hassan Ghareb, definito dai sodali come “er boss della Maranella” insieme a Daniele Alessandri, entrambi con il ruolo principale di prendere i contatti con i fornitori, recuperare il ricavato della vendita dello stupefacente e coordinare il collocamento, l’occultamento, la lavorazione e lo smercio di cocaina, hashish e marijuana; accanto a loro i sodali Davide Sellas e Gabriele Cirelli, con il compito di preparare le dosi e gestire le singole consegne agli acquirenti. Diversamente organizzata la piazza di spaccio di Torpignattara, capeggiata dal pluripregiudicato Flavio Messina e dei sodali David Carmellini e Ivan Mugnini.

La base in un bar e i nomi in codice

L’organizzazione criminale, che aveva come base logistica un bar situato su via di Torpignattara, gestito dalla moglie dello stesso Flavio Messina, era ben inserita nella zona est della Capitale e, nel tempo, era riuscita a costruire una rete capillare di rapporti, molto redditizi, con gli spacciatori della periferia romana. Le comunicazioni tra di loro avvenivano con l’utilizzo di nomi in codice. In particolare, il promotore dell’organizzazione, Flavio Messina, era solito avvisare tutti i clienti ogni volta che sostituiva un’utenza cellulare, non più considerata sicura, con un sms: “Ciao so SMA”. Questa sua “firma”, nel corso dell’indagine, lo ha incastrato sempre di più nella rete degli investigatori: ogni volta che l’organizzazione veniva colpita dall’azione investigativa, era proprio Flavio Messina che reperiva i nuovi siti di custodia dello stupefacente e si occupava del reclutamento delle nuove leve da inserire nel traffico.

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Le piazze dello spaccio a Roma (Corriere della Sera, 18 settembre 2019)

Racconta oggi Rinaldo Frignani sul Corriere della Sera che fra i personaggi di spicco in manette, secondo l’accusa, c’era anche Davide Barberis, 42 anni, personal trainer, allenatore dei vip, collegato per chi indaga al clan degli albanesi che gestiva la piazza di spaccio di Ponte Milvio insieme con Fabrizio Piscitelli. In particolare con Dorian Petoku, appartenente al gruppo di Arben Zogu, già in affari con Diabolik. In una conversazione intercettata dai poliziotti proprio il personal trainer ammetteva: «Inizi a dare fastidio quando te la fai con gente più pesante». La droga, soprattutto cocaina, arrivava anche dal Sudamerica, con la collaborazione di Giuseppe Gaetano Mazza,detto«lozio», 63 anni, residente proprio in Colombia e in rapporti coni cartelli dei narcos locali. È sfuggito alla cattura.

Leggi anche: L’omicidio di Diabolik nell’intreccio criminale tifo, droga, fascismo

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