«Coronavirus, più chiusure? Meglio una pastiglia di cianuro»

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-03-20

Giancarlo Gentilini, ex sindaco di Treviso, dice la sua: «Peggio della guerra, questo nemico è invisibile»

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Giancarlo Gentilini, ex sindaco-sceriffo di Treviso, 90 anni, oggi ha parlato con il Corriere del Veneto dell’emergenza Coronavirus con il suo solito fare colorito e il quotidiano ci mette il carico da 12 pubblicando addirittura una sua fotografia a pugno chiuso:

«Ho fatto un video in cui cucino la pasta, per mettere un po’ d’allegria, ma l’ho detto chiaro: oggi l’unico rimedio è stare a casa, evitare ogni contatto e i luoghi affollati. Ma temo…».

Cosa?
«Ecco, non torneremo più alla vita di prima. Alle grandi partite di calcio, alle feste, nei teatri, ci sarà sempre in qualcuno un tarlo nel cervello, qualcuno che si chiederà: e se succedesse di nuovo? Non avremo più la serenità del secolo scorso. Le generazioni di oggi non hanno mai conosciuto il disastro della malattia. Mia nonna mi raccontava della spagnola, dei lazzaretti, delle persone che morivano senza difese. Allora non c’erano la medicina e la scienza di oggi. Eppure, siamo in questa situazione. Non è stato fatto abbastanza nella ricerca. Basta un virus per distruggerci».

E i provvedimenti di chiusura? Servirebbe una cura più forte?
«E cosa fai, chiudi tutti in casa? Industrie, sindaci, personale, lavoro? Non possiamo cementarci in casa. Allora è meglio distribuire delle pastigliette di cianuro, come si faceva durante il nazismo, e finiamola qua».

Un po’ catastrofico…
«No. Si può allungare il periodo delle limitazioni, se sarà necessario, ma non troppo. La gente sta soffrendo. È tutto fermo. Turismo, eventi, cultura, sport, industria, commercio,intere città. Non si può superare un certo limite, altrimenti finisce tutto».

coronavirus giancarlo gentilini

Eh sì, ci siamo tutti dentro. Lei come vive questa situazione?
«Ho vissuto la guerra. Il coprifuoco. Ma dopo i bombardamenti, quando si poteva uscire dai rifugi, c’era la vita. Adesso però il nemico è invisibile, ci aggredisce senza che possiamo difenderci».

Lei, come cittadino, ha paura del virus?
«Io? C’ero, quando cadevano le bombe. Ho visto la morte a un metro. Quando è destino, è destino. Solo che da certe cose ci si difende, da alcune no».

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