La solita storia di Natale degli imprenditori che cercano lavoratori ma non li trovano

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2018-12-13

Quando è che i giornali smetteranno di raccontare come “casi di cronaca” le “disperate” ricerche di aziende e imprenditori che non trovano personale, pubblicano annunci mascherati da articoli e invariabilmente finiscono per lamentarsi che in Italia nessuno davvero sta cercando lavoro facendo esplodere “il caso”. L’ultimo episodio è merito del Corriere che ha pubblicato la ricerca di una ditta che cercava UN venditore

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Si avvicina il Natale, periodo in cui i politici pensano ai presepi e alle feste di fine anno negli asili, gli italiani alla busta paga e a come far quadrare i conti e le imprese a lamentarsi di non riuscire a trovare personale. Non tutte, naturalmente ma c’è una particolare casistica di imprenditori che si diletta a scrivere ai giornali per cercare addetti, operai, pizzaioli, cuochi o spazzacamino. La storia si ripete sempre uguale, con qualche variante tanto da costituire un vero e proprio genere letterario: quello dell’imprenditore volenteroso che è disposto ad assumere ma – chissà perché – nessuno risponde agli annunci.

La solita storia degli italiani che non sono disposti ad accettare un posto di lavoro

Di recente abbiamo avuto il caso di Grafica Veneta, azienda padovana che fino all’inizio dell’anno era tra gli azionisti del Fatto Quotidiano, che non trovava 25 addetti. Si è scoperto poi però che molti avevano risposto all’annuncio e che non erano stati ricontattati. Più di qualche altro problemino rivelato da ex dipendenti. C’è stato il panettiere che si lamentava che nessuno voleva più fare il fornaio, ma “l’annuncio” di lavoro era un cartello affisso alla vetrina del negozio e che la ricerca del personale era affidata ad un post su Facebook. E ancora, l’azienda che non trova personale specializzato ma che si scopre che era disposto a pagarlo ben al di sotto del minimo nazionale oppure quella che cercava camionisti italiani senza successo. Per un po’ si era rivolta a camionisti stranieri ma per stessa ammissione del titolare anche gli stranieri preferiscono andare dove li pagano meglio. Un tema quello della mancanza di camionisti a Nord Est che è stato riproposto anche quest’anno.

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I giornali hanno le loro responsabilità, perché fa sicuramente molto scalpore – in un paese dove la disoccupazione è al 10% – la notizia dei valorosi imprenditori che dopo una giornata passata a lottare contro la burocrazia hanno ancora le forze per dare lavoro. Un lavoro che quegli ingrati degli italiani però non sembrano disposti ad accettare. Il problema è che la notizia non esiste. Leit motiv di queste edificanti storie di coraggio imprenditoriale è la mancanza di una vera e propria ricerca del personale. Le aziende che cercano lavoro non si sono affidati a delle agenzie ma preferiscono “denunciare” le loro difficoltà in modo che siano i giornali a darne risalto.

Il Corriere e il dramma dell’imprenditore che non riesce a trovare UN venditore

Con le prevedibili distorsioni, perché è chiaro che a quel punto le candidature spontanee iniziano a fioccare da ogni parte d’Italia. Ma quanti sono disposti a trasferirsi? Pochi, anche perché l’azienda mica mette a disposizione un alloggio. Forse sarebbe meglio a quel punto affidarsi a dei professionisti che sapranno fare la selezione e trovare i candidati adatti. Nessuno pretende che un imprenditore sappia fare tutto. Il caso natalizio del 2018 è quello del signor Francesco Casile, agente di commercio del settore moda che qualche tempo fa (17 ottobre) si era rivolto alla rubrica del Corriere della Sera “Dillo al Corriere” per cercare nuovi dipendenti da assumere. O meglio per cercare un venditore (uno, al singolare). Anche in questo caso Casile non aveva pubblicato la ricerca sulla sua pagina Facebook né sul suo sito Internet. Meglio dirlo al Corriere, noto giornale che si occupa di annunci di lavoro.

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Ora la ricerca di un solo dipendente, per quanto ci sia fame di lavoro, non dovrebbe fare scalpore. Anche perché la ricerca (chiamiamola così) era piuttosto generica, si parla di un agente di commercio disposto ad andare in giro con la sua auto (niente auto aziendale) a fronte di “anticipi provvigioni mensili, spese pagante” e “contratto garantito”. Nell’annuncio si spiegava che «con le nuove norme fiscali si può usufruire di forti agevolazioni, pagando una modesta aliquota senza dover fare investimenti economici». Un modo carino per dire che il “contratto” è rivolto a titolari di Partita Iva?

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A qualche mese di distanza il signor Casile è tornato alla carica. Questa volta per denunciare che nessuno vuole lavorare davvero. E inizia la parte giornalisticamente interessante: delle 1.631 mail arrivate la maggior parte non aveva allegato il CV; poi ci sono quelli che chiedevano a quanto ammontava lo stipendio; quelli che non avevano esperienza nel settore moda e si sono proposti lo stesso e infine la storia natalizia: il 73enne con esperienza nel settore che però non riesce a tirare avanti con la sola pensione. Questo di per sé non è eccezionale: anche le agenzie che si occupano di ricerca del personale devono fare un imponente lavoro di scrematura preliminare delle proposte prima di procedere con l’analisi delle candidature. Questo non perché siamo in Italia ma perché uno ci prova comunque. Pensate cosa succede se l’offerta di lavoro viene pubblicata su quello che è il principale quotidiano nazionale. La selezione del personale è una cosa seria e non si fa solo dalla lettura del CV. Casile da tutto questo ha dedotto che nessuno vuole trovare lavoro perché solo 8 persone avevano requisiti “molto vicini” a quelli che cercava. Ecco quindi che il Corriere pubblica l’articolo “bomba” dove l’imprenditore consiglia di «scrivere una lettera in cui dite: “Mettetemi alla prova per 6 mesi, poi parliamo del contratto”» (ma come, il contratto non era garantito? E qualsiasi contratto prevede sei mesi di prova) e ammette che «per un giovane che si sposti su Milano 1.500 euro per pagare un affitto da 700-800 e vivere non sono molti». Insomma si scopre che la paga non era poi il massimo e ci si stupisce che non “nessuno vuole lavorare”. Ma Casile ritiene che la soluzione sia quella di aprire una Partita Iva per “rischiare in proprio” (insomma eccolo il coraggioso imprenditore) «guadagnerete il doppio. Ho fatto i conti: se uno facesse questo lavoro per me aprendosi la partita Iva riuscirebbe a guadagnare oltre 4.000 euro al mese». Garantiti eh.

Leggi sull’argomento: Il boom dei contratti a termine nell’era del Decreto Dignità

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