Francesco Bellomo: il giudice del dress code arrestato

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2019-07-09

L’ex giudice del Consiglio di Stato Francesco Bellomo è indagato per i reati di calunnia e minaccia ai danni dell’attuale presidente del Consiglio dei Ministri, Giuseppe Conte

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Una ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari è stato notificata a Francesco Bellomo, ex giudice barese del Consiglio di Stato, docente e direttore scientifico dei corsi post-universitari per la preparazione al concorso in magistratura della Scuola di Formazione Giuridica Avanzata ‘Diritto e Scienza’. Bellomo risponde dei reati di maltrattamento nei confronti di quattro donne, tre borsiste e una ricercatrice, alle quali aveva imposto anche un dress code, ed estorsione aggravata ai danni di un’altra corsista.

Francesco Bellomo: il giudice del dress code arrestato

L’ex giudice del Consiglio di Stato Francesco Bellomo è indagato per i reati di calunnia e minaccia ai danni dell’attuale presidente del Consiglio dei Ministri, Giuseppe Conte. L’accusa, contenuta nell’ordinanza di arresto per maltrattamenti ed estorsione nei confronti di cinque ex borsiste, risale al settembre 2017, quando Conte era vicepresidente del Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa e presidente della commissione disciplinare chiamata a pronunciarsi su Bellomo. Gli altri fatti contestati risalgono invece agli anni 2011-2018. L’arresto è stato disposto dal gip del Tribunale di Bari Antonella Cafagna. Il reato di maltrattamenti sarebbe stato commesso da Bellomo nei confronti di donne con le quali aveva avuto una relazione sentimentale, in concorso con l’ex pm di Rovigo Davide Nalin, coordinatore delle borsiste.

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Le pagine distribuite agli iscritti al corso per magistrati della scuola “Diritto e scienza” con le indicazioni sull’abbigliamento (La Repubblica, 11 dicembre 2017)

Stando alle indagini dei Carabinieri, coordinate dal procuratore aggiunto di Bari Roberto Rossi e dal sostituto Iolanda Daniela Chimienti, Bellomo, con “l’artifizio delle borse di studio offerte dalla società” che consentivano tra le altre cose la frequenza gratuita al corso e assistenza didattica individuale, “per selezionare ed avvicinare le allieve nei confronti delle quali nutriva interesse, anche al fine di esercitare nei loro confronti un potere di controllo personale e sessuale” si legge nell’imputazione, avrebbe fatto sottoscrivere un “contratto/regolamento” che disciplinava i “doveri”, il “codice di condotta” ed il “dress code” della borsista. A selezionare le donne tramite colloquio, sottoponendole al “test del fidanzato sfigato” sarebbe stato l’ex pm Nalin, incaricato anche di vigilare sul rispetto degli obblighi contrattuali, svolgere istruttorie in caso di violazioni e proporre sanzioni. La presunta estorsione sarebbe stata commessa nei confronti di un’altra corsista, costretta a rinunciare ad un lavoro da co-presentatrice in una emittente televisiva “in quanto incompatibile con l’immagine di aspirante magistrato” e “minacciando di revocarle la borsa di studio”.

Le minacce a Giuseppe Conte

Per quanto riguarda le accuse all’attuale premier, ò’ex magistrato aveva citato per danni dinanzi al Tribunale di Bari Conte e un’altra ex componente della commissione disciplinare, Concetta Plantamura, “incolpandoli falsamente” di aver esercitato “in modo strumentale e illegale il potere disciplinare”, svolgendo “deliberatamente e sistematicamente” una “attività di oppressione” nei suoi confronti, “mossa – denunciava Bellomo – da un palese intento persecutorio, dipanatosi in un numero impressionante di violazioni procedurali e sostanziali, in dichiarazioni e comportamenti apertamente contrassegnate dal pregiudizio”. Pochi giorni dopo la notifica della citazione e nell’imminenza della seduta del Plenum per la discussione finale del procedimento disciplinare a suo carico, Bellomo avrebbe depositato una memoria chiedendo “l’annullamento in autotutela degli atti del giudizio disciplinare per vizio di procedura” e il suo “proscioglimento immediato” per “evitare ogni ulteriore aggravamento dei danni ingiusti già subiti”.

francesco bellomo consiglio di stato
Foto da: Il Fatto Quotidiano

Per la Procura di Bari, Bellomo avrebbe così “implicitamente prospettato oltre all’aggravarsi dell’entità del risarcimento chiesto, anche il possibile esercizio di azioni civili in caso di ulteriori danni”. Avrebbe quindi minacciato Conte e Plantamura “per turbarne l’attività nel procedimento disciplinare a suo carico – si legge nell’imputazione – e impedire la loro partecipazione alla discussione finale, influenzandone la libertà di scelta e determinando la loro estensione, benché il CPGA avesse votato all’unanimità, ed in loro assenza, l’insussistenza di cause di astensione e ricusazione”.

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