Attualità
Airbus A320 Egyptair M804: le ipotesi
di Alessandro D'Amato
Pubblicato il 2016-05-20
Una pista terroristica e tre ipotesi: bomba, follia o dirottamento? Le immagini a infrarossi citate dalla NBC e viste da ufficiali americani. La paura del kamikaze e dell’ordigno a tempo. E la possibilità di un incidente
Incidente o terrorismo? Fatalità o attentato, esplosione a bordo o attacco dall’esterno? Dopo 24 ore dalla caduta dell’Airbus A320 Egyptair M804 e mentre sono state smentite le notizie sul ritrovamento del relitto è ancora mistero sulle cause. Cinquantasei erano i passeggeri del volo MS804, 7 i membri dell’equipaggio, 3 gli addetti alla sicurezza, 15 i francesi, 30 gli egiziani. L’aereo proveniva dal Cairo, si era fermato sulla pista di Roissy circa un’ora e mezzo per le operazioni tecniche di rito (nessun controllo francese a bordo durante quella finestra, notano gli esperti a Parigi ipotizzando una falla nella sicurezza egiziana) ed era ripartito.
Airbus A320 Egyptair M804: le ipotesi
Le indicazioni raccolte dall’intelligence fanno pensare ad una bomba, anche se manca la prova regina. Foto satellitari — secondo la rete Nbc — avrebbero registrato una deflagrazione, elemento che da solo però non basta. Per questo alcuni esperti sposano la tesi di un’avaria improvvisa, con le disperate manovre del pilota per riprendere il controllo. La NBC cita un ufficiale americano che parla di immagini a infrarossi provenienti dal satellite: immagini che proverebbero l’esplosione a bordo, ma ovviamente non sono in grado di dirci cosa l’abbia causata. Guido Olimpio sul Corriere della Sera parla di tre soluzioni per un giallo: bomba, follia o dirottamento.
Se davvero è stato un attentato si dovrà scoprire come l’ordigno sia sfuggito ai controlli. Possibile che i terroristi abbiano elaborato un metodo inedito, con l’esplosivo che non viene scoperto. Nascosto a bordo, affidato a un kamikaze. Ibrahim al Asiri, saudita di al-Qaeda yemenita, studia da anni trappole di questo tipo. Gli Shebaab somali hanno cercato di distruggere un Airbus usando un computer bomba: si è salvato perché deflagrato a bassa quota. L’Isis, invece, ha abbattuto il Metrojet russo grazie alla complicità di addetti ai bagagli a Sharm El Sheikh. Operazione rivendicata dallo Stato Islamico. Hanno diffuso le foto di una lattina e di un detonatore presentandolo come il sistema impiegato, anche se il modus operandi non è stato mai chiarito. Come si dice in gergo c’è un sentiero operativo, fatto di tentativi e prove, di esame accurato delle difese adottate negli aeroporti.
Tutto questo porta ovviamente a guardare con attenzione all’equipaggio e al personale di terra. Il jet ha visitato Asmara (Eritrea), Il Cairo, Tunisi e infine Parigi. L’intelligence sta esaminando con attenzione la lista dei passeggeri e le identità di chi è entrato in contatto con il velivolo: operai, impiegati, addetti al catering e al rifornimento. Proprio l’inchiesta dell’attentato all’aereo nel Sinai ha dimostrato buchi nella rete. E in Francia è emerso che numerosi dipendenti dello scalo De Gaulle avevano rapporti con ambienti estremisti. I militanti jihadisti dispongono di infiltrati/complici e non sarebbe una sorpresa se avessero ideato un passaggio separato delle componenti di una bomba.
Fra le poche certezze, quella arrivata dal ministro della Difesa greco Panos Kammenos: prima di precipitare, l’aereo – avvistato in fiamme dal capitano di un mercantile – ha effettuato una virata di 90 gradi a sinistra, poi di 360 gradi a destra, precipitando per 22.000 piedi. Poi è sparito dai radar. L’ipotesi sulla quale convergono un po’ tutti è che qualsiasi cosa sia successa all’Airbus è stata improvvisa, tale da causare un’esplosione, fiamme e l’impossibilità di lanciare un SOS.
Kamikaze o ordigno a tempo?
Carlo Bonini su Repubblica parte proprio dalle due virate — 90 gradi a sinistra e quindi 360 gradi a destra — che, tra le 2.37 e le 2.39 della notte tra mercoledì e ieri, portano l’aereo a scendere da poco più di 11 mila metri (37 mila piedi) di quota di crociera a 4.500 metri (15 mila piedi) non si avvicinano infatti né per gradi, né per ratio di discesa a quella che tecnicamente viene definita una discesa di emergenza. Necessaria, in caso di grave avaria o depressurizzazione dell’aereo, a portarsi rapidamente alla quota di 3 mila metri (10 mila piedi) dove non è necessaria la respirazione assistita da ossigeno.
Su un Airbus 320-232 è previsto infatti che, oltre a dover essere comunicata (cosa che l’Airbus non ha fatto), la discesa di emergenza cominci con una virata di 30 gradi (di un terzo inferiore a quella compiuta dal volo MS804) e in ogni caso con una perdita di quota che non superi i 1.800, 2000 metri al minuto (6-7 mila piedi). L’Egyptair, al contrario, punta la prua verso il mare a un ritmo doppio rispetto a quello consentito (3.400 metri al minuto) e dunque lascia immaginare un aereo che sta precipitando, privo di controllo. Come confermerebbe, del resto, anche la seconda e ultima virata registrata dai radar greci. Quella di 360 gradi. Di fatto, l’aereo, ormai fuori controllo, fa perno su se stesso andando giù come un mattone. L’Airbus è dunque ragionevolmente andato in picchiata mantenendo intatta la prua (che ha infatti continuato a inviare segnali al radar) a seguito di un’improvvisa depressurizzazione o cedimento strutturale, dovuti a un’esplosione cui i piloti non avrebbero potuto porre rimedio.
Come sarebbe stato portato l’esplosivo a bordo?
Si indaga sulla lista dei passeggeri, tra cui un cittadino saudita, due iracheni, un algerino, un sudanese, un kuwaitiano, un ciadiano. L’ipotesi è che l’esplosivo possa essere stato portato a bordo (o comunque assemblato a bordo) da chi si è imbarcato a Parigi. Mentre è improbabile che un potenziale ordigno fosse nella stiva. Sia per i controlli cui i bagagli vengono sottoposti al Roissy-Charles de Gaulle sia perché l’Airbus non trasportava — come riferito dalle autorità francesi — né cargo, né carichi postali. Esiste tuttavia una seconda possibilità. Che l’ordigno, temporizzato, sia stato lasciato a bordo dell’Airbus da uno dei passeggeri che avevano viaggiato su quell’aereo in una delle quattro tratte che aveva coperto nella giornata di mercoledì. Asmara-Cairo; Cairo-Tunisi; Tunisi-Cairo; Cairo-Parigi.
Come ha avuto infatti modo di riferire il sottosegretario ai Trasporti francese, le procedure dell’aeroporto di Roissy prevedono che per gli aeromobili in transito provenienti da Paesi fuori dall’area Schengen (come l’Airbus Egyptair) i controlli a bordo (cabina di pilotaggio, cabina passeggeri, toilette) vengano effettuati non dalle autorità francesi, ma da personale della compagnia aerea. Con strumenti e modalità su cui, evidentemente, in queste ore nessuno può giurare. Insomma nulla di più plausibile che l’esplosivo, mercoledì, sia stato imbarcato sull’Airbus ad Asmara o a Tunisi, piuttosto che al Cairo, aeroporto i cui livelli di sicurezza sono fuori da qualsiasi parametro europeo. Una bolgia infernale dove (come Repubblica ha potuto verificare), con 20 dollari infilati nella mano di un facchino, si può arrivare al gate aggirando i controlli sui bagagli.