Attualità
Cosa possono fare davvero Trump e il Bambin Gesù per Charlie Gard
di Giovanni Drogo
Pubblicato il 2017-07-04
C’è chi crede che morire al Bambin Gesù, lontano dall’ospedale e dai medici che conoscono Charlie da quando è nato sia una soluzione migliore perché nell’ospedale del Vaticano si difende la Vita. E poi c’è Donald che non si smentisce mai. Ma che senso ha usare il corpo di un bambino di 10 mesi per fare una battaglia politica?
Charlie Gard è ancora attaccato alle macchine del Great Ormond Street Hospital di Londra. Nel reparto che è l’unico luogo che ha conosciuto e che potrebbe chiamare casa i medici continuano a prendersi cura di lui. Così come hanno fatto da quando l’anno scorso Charlie è stato ricoverato dopo che gli è stata diagnosticata una rara malattia genetica che affligge i mitocondri. Malattia per la quale non esiste cura.
Donald Trump e il Papa vogliono “aiutare” Charlie
C’è chi crede che i medici di quello che è il più importante ospedale pediatrico di Londra siano ansiosi di “staccare la spina” a Charlie. Non è così. C’è chi racconta che bisogna coltivare la speranza. Ma dopo le crisi epilettiche di Charlie, avvenute a gennaio, non c’è più nemmeno quella. Perché non solo la capacità di funzionare dei muscoli e dei nervi di Charlie sta progressivamente e inesorabilmente degenerando. Non solo è sordo dalla nascita e non riesce a respirare autonomamente. Ma il grave danno cerebrale provocato dalle crisi epilettiche è irreversibile.
I medici dell’ospedale britannico non hanno chiesto “di staccare le macchine” perché sono dei sadici o perché hanno bisogno di liberare il letto. Hanno chiesto di poter fare quello che è il miglior interesse del bambino. Tutto quello che si poteva fare per migliorare le condizioni di salute del bambino è stato fatto. Le cure sperimentali cui i genitori lo vorrebbero sottoporre non sono mai state testate nemmeno sui topi e sarebbero inutili. Questo lo dice anche il medico americano che è stato contattato dalla famiglia. Per qualcuno, come ad esempio il Presidente Donald Trump, usare Charlie come cavia è lecito e moralmente accettabile.
Anche il Papa si è appellato al dovere cristiano di difendere la vita umana “soprattutto quando è ferita dalla malattia”. Ma c’è davvero poco di cristiano e di caritatevole nel voler costringere una persona a soffrire solo per mantenere un punto. Ed è davvero squallido che questa battaglia si stia combattendo sul corpo di una persona che soffre. Ma questa non è una novità per i difensori del tracciato dell’elettrocardiogramma. Per coloro che non si trovano nella situazione di Charlie Gard. Sono persone che ci raccontano che “i tribunali hanno deciso” di uccidere un bambino contro la decisione dei genitori. Ma non è così, i tribunali hanno ribadito un concetto molto semplice: in base alle evidenze mediche e scientifiche non è nel miglior interesse di Charlie continuare a vivere questa vita.
Perché è inutile trasferire Charlie Gard al Bambin Gesù
Non c’è nessun giudizio di valore sulla vita di Charlie. I tribunali britannici hanno stabilito che è nel miglior interesse del bambino sospendere cure e trattamenti che diventerebbero accanimento terapeutico e fornire invece cure palliative per accompagnare Charlie verso la morte. Molti genitori sono insorti dicendo sostanzialmente che “il figlio è mio e me lo gestisco io” e ribadendo che i genitori hanno una sorta di potere assoluto sul destino dei figli. Ma anche i minori hanno dei diritti e nemmeno i genitori possono violarli. I tribunali britannici hanno riconosciuto che Charlie ha dei diritti. Chi vuole “andare a prendere Charlie” come se fosse un trofeo e portarlo al Bambin Gesù lo farebbe non solo in violazione di tre sentenze ma anche dei diritti di Charlie.
Ecco che si fa avanti il Bambin Gesù, ospedale finanziato dall’Italia ma di fatto di competenza territoriale della Città del Vaticano. Per i pro-life è la soluzione perfetta, l’ospedale gode di extraterritorialità che “metterebbe in salvo Charlie”. Ma se il bambino venisse trasferito al Bambin Gesù questo avverrebbe senza il consenso dei tribunali che hanno stabilito che sono i medici del GOSH a tutelare l’interesse del bambino. Per Mariella Enoc, Presidente del Bambin Gesù, questo non rappresenta un grande problema. Così come non lo è strappare Charlie dalla sua casa (perché è l’ospedale la sua casa) e farlo morire in Italia. La Enoc dubita anche che si tratti di un caso di accanimento terapeutico. Pur non avendo ancora ottenuto alcuna documentazione medica dall’ospedale londinese la Enoc dice:
Dire cosa sia accanimento terapeutico e cosa no è molto difficile. Si guarda a due elementi: non fare soffrire il paziente e non fare cure non più necessarie. In questo caso è difficile dire se il bambino stia soffrendo o no. E comunque non si stanno facendo cure particolari.
Questo però non è vero, non solo perché la Enoc non ha alcun elemento concreto per fare questa affermazione ma perché gli esperti consultati dai tribunali dicono l’esatto contrario. E chi crede che un bambino che ha delle crisi epilettiche “non stia soffrendo” forse dovrebbe smettere di dirigere un ospedale pediatrico. È vero che non è chiaro se Charlie possa provare dolore, ma le procedure alle quali è sottoposto sono oltremodo invasive ed è noto che causano dolore in altre persone. I medici che hanno esaminato il caso hanno dichiarato durante le udienze che un trasferimento non farebbe altro che aumentare il livello di stress e di sofferenza di Charlie. Ma questo non è un problema per chi ha tanto a cuore la Vita al punto da dichiarare che non c’è accanimento terapeutico. Inoltre il genetista Bruno Dallapiccola, direttore scientifico del Bambino Gesù, la pensa diversamente dalla Presidente Enoc. Al Corriere della Sera ha dichiarato che «Chi è animato da pietà non valuta che dipendere dalle macchine è una pena per i pazienti. Quando non ci sono speranze, lasciarli andare è meno doloroso in ospedale che a casa».