Attualità
«Ci hanno violentate sul pianerottolo»: il racconto delle due studentesse americane davanti al Gip di Firenze
di Giovanni Drogo
Pubblicato il 2017-11-24
Ieri le due studentesse che hanno accusato due militari dell’Arma di averle stuprate sono state ascoltate per sette ore dal giudice e hanno confermato la violenza sessuale. La difesa degli imputati continua a sostenere si sia trattato di un rapporto consensuale perché il numero di uno dei due carabinieri era memorizzato nella rubrica del cellulare di una delle vittime
Ieri nell’aula bunker del tribunale di Firenze si è tenuto l’incidente probatorio del processo che vede imputati Pietro Costa e Marco Camuffo, i due carabinieri accusati di violenza sessuale da due studentesse americane. Per l’occasione le due ragazze sono tornate in Italia e ieri per sette ore hanno ricostruito davanti al Gip gli eventi di quella notte del 7 settembre. Gli avvocati difensori dei due militari – al momento sospesi dal servizio – avevano presentato una lista di 250 domande da sottoporre alle due studentesse, non tutte sono però state accolte dal giudice Mario Profeta. Alcune, circa due terzi, sono state respinte perché «umilianti e degradanti per la dignità
di una donna». Ce n’era ad esempio una che chiedeva se le due ragazze indossassero o meno gli slip o se avessero già subito in passato episodi di violenza sessuale.
Per gli avvocati delle ragazze le due giovani erano troppo ubriache per poter opporre resistenza
Durante l’udienza sono stati ricostruiti gli eventi che hanno portato le due ragazze (di 19 e 21 anni) a salire sulla Fiat Bravo di servizio dei due carabinieri intervenuti per sedare una rissa al Flò, una discoteca in Piazzale Michelangelo. I militari hanno sempre negato che ci sia stata alcuna violenza e hanno invece ammesso di aver avuto dei rapporti consensuali con le due studentesse di arte e design. Per questo motivo sono indagati dalla Procura Militare per i reati di mancata consegna e peculato militare. In aula invece le due studentesse hanno confermato la loro versione dei fatti raccontando di essere state violentate sul pianerottolo della loro abitazione in Borgo Santi Apostoli.
La difesa sostiene di avere le prove che si sia trattato di un rapporto consensuale
Il vero colpo di scena dell’udienza però è stata la scoperta che una delle due giovani aveva memorizzato sul suo cellulare il numero di telefono e il nome di uno dei due imputati. Inizialmente durante la deposizione di ieri la ragazza ha negato di averlo avuto, ma dopo l’analisi dello smartphone è emerso che effettivamente il numero era in rubrica. Secondo uno degli avvocati dei due carabinieri si tratta di un elemento cruciale, perché sarebbe la prima volta che uno stupratore lascia il numero di cellulare alla sua vittima. Alla domanda «Lei ha fatto uno squillo per scambiarvi il numero?» la studentessa più giovane ha risposto “non ricordo”, ma per la difesa ci sarebbero le prove che quella chiamata è stata effettuata e che è stata successivamente cancellata dal registro. Un elemento che secondo i difensori di Costa e Camuffo proverebbe che si è trattato di un rapporto consenziente. Alla domanda del Gip se si fosse scambiata effusioni con Camuffo una delle due ragazze ha risposto: «Sembra mio nonno, neanche all’inferno mi farei toccare da lui».
Che cosa è successo quando siete arrivati?
«Abbiamo detto “grazie per il passaggio”, aperto la porta e loro hanno offerto di continuare ad aiutarci».
Sì. E poi? Voi siete entrati nell’ingresso di casa, insomma?
«Dopo aver detto “grazie, grazie mille” abbiamo cercato di andarcene per conto nostro».
Bene, che è successo in quel momento?
«Non voglio scendere in ulteriori dettagli in questo senso, dopo essere entrate nell’edificio».
Quello che è stato poi con lei, quello che l’ha molestata, ha fatto un avance diciamo garbata? Se posso permettermi, le ha chiesto di baciarla o è stato un po’ più ruvido?
«Me lo ha chiesto, anche se però gli ho risposto di no, lo ha fatto lo stesso».
E lei, immagino, abbia resistito?
«Assolutamente sì».
Questo dove è successo?
«Fuori della porta dell’appartamento».
Quindi sul pianerottolo?
«Sì».
Ed è lì che si è consumata questa violenza?
«Sì».
La violenza sarebbe avvenuta quindi davanti alla porta, la ragazza non ha potuto vedere cosa succedeva all’amica «ma sentivo che piangeva». Una volta che i due carabinieri hanno lasciato l’androne del palazzo è andata da lei e l’ha portata di peso all’interno dell’appartamento. Dal racconto della ragazza non emerge alcun dettaglio che possa far pensare ad un rapporto consensuale. La difesa dei due imputati però sostiene che non si sia trattato né di stupro né di violenza sessuale.
Foto copertina via TG La 7