Il virus postino che ha salvato Sofia, la bambina affetta da SMA

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-12-07

Sofia ha sei mesi e ha la SMA. Ma ora, grazie a un farmaco innovativo e costosissimo, 1,9 milioni di euro per un unico trattamento, la bambina è già tornata a casa: la bimba è stata curata all’ospedale Santobono Pausilipon di Napoli. E questa volta è un virus, che ha fatto da vettore introducendo nelle cellule il gene mancante o difettoso, ad essere stato la chiave per la terapia genica

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Sofia ha sei mesi e ha la SMA. Ma ora, grazie a un farmaco innovativo e costosissimo, 1,9 milioni di euro per un unico trattamento, la bambina è già tornata a casa: la bimba è stata curata all’ospedale Santobono Pausilipon di Napoli. E questa volta è un virus, che ha fatto da vettore introducendo nelle cellule il gene mancante o difettoso, ad essere stato la chiave per la terapia genica

Il virus postino che ha salvato Sofia, la bambina affetta da SMA

Non è un caso l’età di Sofia. Come spiega il Mattino la condizione per la rimborsabilità del farmaco autorizzato in Europa e che a maggio scorso ha incassato il semaforo verde dall’Aifa, l’ente regolatorio italiano, il 17 novembre è proprio l’età del bambino:

Deve essere inferiore a sei mesi, altrimenti sarebbe troppo tardi. «Ogni bambino nasce sano ma a causa della mancanza della proteina chiave la vita dei motoneuroni è breve e ogni giornonesono persiuna quota». La piccola Sofia ha compiuto i 6 mesi il 28 novembre, il 27 ha fatto la cura, 10 giorni appena dopo l’autorizzazione in Italia. Da metà novembre è scattata una straordinaria corsa contro il tempo. La Regione Campania in tempi record ha scritto e approvato la delibera per autorizzare il Santobono come centro prescrittore, poi una serie di adempimenti essenziali.

Sofie è tornata nell’abitazione coi genitori dopo che sono stati monitorati per una settimana di effetti collaterali connessi alla somministrazione del farmaco. Il rapido utilizzo di questo farmaco al Santobono è stato reso possibile, si sottolinea, “grazie ad un eccezionale lavoro di squadra che ha coinvolto il settore farmaceutico Regionale, i servizi interni all’Azienda Ospedaliera: Acquisizione Beni e Servizi, Farmacia Ospedaliera, Direzione Aziendale e Sanitaria e tutta l’equipe della UOC Neurologia diretta dal dottor Antonio Varone”. “Negli ultimi anni l’introduzione di terapie innovative – rileva Varone – ha contribuito a cambiare radicalmente la storia clinica della patologia, che rimane a oggi una tra le prime cause di mortalità infantile. L’avvento di tali soluzioni terapeutiche rende quanto mai attuale la necessità di una sempre maggiore sensibilizzazione nei confronti della diagnosi precoce realizzabile attraverso l’implementazione di progetti di screening neonatale”. Luigi, papà della piccola, aggiunge: “Ringrazio il dottor Varone, che dall’inizio ha sostenuto e sostiene la nostra battaglia contro la SMA. All’inizio sembra tutto nero … un tunnel senza fine… adesso grazie a questo farmaco arrivato prima dei sei mesi della piccola Sofia tutti possiamo sperare e vedere alla fine del tunnel la luce tanto attesa. Spero che la nostra piccola possa far da guida a tutti gli altri affetti da questa malattia. Un ringraziamento anche tutti gli infermieri del reparto neurologia.”. Come funziona la terapia genica?

«L’atrofiamuscolare spinale di Tipo 1 è una gravissima malattia genetica neuromuscolare, insorge subito dopo la nascita e causa una progressiva compromissione di tutti i muscoli, causando la morte entro circa due anni anche se esistono altri approcci per rallentarne il decorso – spiega Alberto Auricchio, ordinario di Genetica medica della Federico II che si occupa di terapie geniche presso il Tigem – la malattia è dovuta alla mancanza o al malfunzionamento di un gene denominato Smn1 capace di produrre una proteina indispensabile per la sopravvivenza dei motoneuroni e che permette alle cellule nervose che conducono l’impulso elettrico dal midollo spinale, di sopravvivere e funzionare. La terapia genica consente di riparare il danno grazie a un adenovirus vettore che introduce nelle cellule il gene mancante o difettoso».

Andrea Ballabio, direttore dell’istituto Telethon di Genetica e Medicina (Tigem) di Pozzuoli, spiega nel dettaglio in un’intervista al Mattino il funzionamento della terapia:

Come simette a punto una terapia genica?
«In vivo si usa un adenovirus come vettore del gene difettoso. Con complesse tecniche di biologiamolecolare si elimina il Dna del virus e si inserisce il gene sano. Quindi si infonde con una flebo la fiala del farmaco. Il virus per affinità andrà a “infettare” le cellule bersaglio motorie del midollo spinale permettendo di produrre la proteina mancante. Il gene inizierà a dare istruzioni per produrre la proteina che manca. In altri casi l’ingegnerizzazione delle cellule avviene in laboratorio».

Sembra semplice.
«Queste terapie sono il frutto di un lungo e complesso lavoro di ricerca in cui ogni gradino comporta difficoltà da superare ma insieme alla rigenerazione cellulare rappresentano la estrema frontiera della medicina e della biologia, su cui è possibile ipotizzare la cura di moltissime malattie».

E i rischi? Ballabio sottolinea che «Il vettore virale è reso inoffensivo e dunque non comporta effetti collaterali. Le procedure sono molto lunghe ma la cura finale ha quasi del miracoloso».

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