La prima sentenza della Consulta firmata da tre donne è sul Jobs Act

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2020-07-17

La presidente Marta Cartabia, la redattrice Silvana Sciarra e la cancelliera Filomena Perrone hanno ieri firmato la prima sentenza della Corte Costituzionale al femminile della storia d’Italia

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La presidente Marta Cartabia, la redattrice Silvana Sciarra e la cancelliera Filomena Perrone hanno ieri firmato la prima sentenza della Corte Costituzionale al femminile della storia d’Italia.  Il dispositivo pubblicato ieri non scalfisce il criterio dell’indennizzo al posto dell’abolito articolo 18 – ovvero il reintegro – nei casi di licenziamenti illegittimi, come stabilisce il Jobs Act. Ma, spiega oggi Repubblica, smantella l’anzianità di servizio come unico criterio per risarcire il lavoratore e calcolare quell’indennità.

È incostituzionale – dice la Corte – nel caso di licenziamenti illegittimi nella sostanza (la giusta causa non c’è), come la stessa Consulta ha sancito nella sentenza 194 del 2018, demolendo parte dell’articolo 3 del Jobs Act. È incostituzionale anche nel caso di licenziamenti illegittimi nella forma, perché viziati dal punto di vista procedurale – ad esempio la m ancata notifica al lavoratore dei tempi in cui presentare una sua difesa – dice ora la Consulta con la sentenza 150 che intacca l’articolo 4 del Jobs Act.

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La prima sentenza della Corte Costituzionale firmata da tre donne (La Repubblica, 17 luglio 2020)

Questo perché il licenziamento è sempre traumatico, occorre tutelare la dignità del lavoratore anche quando viene estromesso dal suo posto per giusta causa:

Calcolare l’indennità in modo rigido e predeterminato – come dispone il Jobs Act, assegnando al licenziato da 2 a 12 mensilità per ogni anno lavorato – basandosi sull’anzianità come unico criterio è incostituzionale. E rischia di penalizzare i neoassunti, come accaduto ai due lavoratori di Bari e Roma – con meno di 12 mesi di contratto – licenziati giustamente per violazioni disciplinari, ma che non meritano il minimo di 2 mensilità. I giudici del Lavoro – Isabella Calia di Bari e Dario Conte di Roma – hanno dunque rimesso la questione di legittimità alla Consulta che ha dato loro ragione. Ora potranno ricalcolare l’indennità.

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