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RT sbagliato in Lombardia: ecco cosa è successo davvero

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2021-01-23

Un documento dell’Istituto Superiore di Sanità ieri dava la responsabilità alla regione Lombardia per l’indice RT “gonfiato” che l’ha portata in zona rossa a gennaio. La Regione ha risposto che non c’è stata nessuna rettifica. Come è andata davvero?

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Un documento dell’Istituto Superiore di Sanità ieri dava la responsabilità alla regione Lombardia per l‘indice RT “gonfiato” che l’ha portata in zona rossa a gennaio: “I dati della sorveglianza epidemiologica Covid-19 forniti dalla Regione Lombardia il 20 gennaio 2021 cambiano il numero di soggetti sintomatici notificati dalla stessa Regione. Pertanto, una rivalutazione del monitoraggio si rende necessaria alla luce della rettifica fornita dalla Regione Lombardia”. La Regione ha risposto che non c’è stata nessuna rettifica: “Nessuna richiesta di rettifica, ma un necessario aggiornamento di un “campo” del tracciato che quotidianamente viene inviato all’Istituto Superiore di Sanità”. Come è andata davvero?

RT sbagliato in Lombardia: ecco cosa è successo davvero

Secondo la Lombardia è stata proprio la regione a segnalare un’anomalia poi risolta e che ha portato al ricalcolo: “Un’azione, condivisa con l’Istituto Superiore di Sanità che si è resa necessaria a fronte di un’anomalia dell’algoritmo utilizzato dall’ISS per l’estrazione dei dati per il calcolo dell’Rt, segnalata dagli uffici dell’assessorato al Welfare della Regione e condivisa con Roma”. Simona Ravizza sul Corriere racconta invece di una telefonata chiarificatrice e di un dato nel report che se non compilato gonfiava in modo erroneo il conteggio dei malati:

bollettino lombardia coronavirus oggi 23 ottobre

Il dilemma viene sciolto alla fine con una lunga telefonata. Al cellulare ci sono l’epidemiologo Stefano Merler della Fondazione Bruno Kessler di Trento (che fa i conti per il ministero della Salute e l’Istituto superiore di sanità) e l’epidemiologo Danilo Cereda dell’assessorato alla Sanità della Lombardia (autore dei report di Regione Lombardia sui contagi). Il problema è che il numero di casi indicati dalla Regione su cui viene calcolato dall’Istituto superiore di sanità l’Rt è sovrastimato. Vengono contati più infetti di quelli che realmente ci sono. Sembra paradossale, ma è la verità: tra i casi ci sono anche centinaia di guariti. Sono soprattutto coloro che dal 12 ottobre, in base alle nuove norme del ministero, possono interrompere l’isolamento tra i 10 e i 21 giorni dalla comparsa dei sintomi senza più il doppio tampone negativo. Tutti loro nei report compilati da Cereda compaiono come persone con «inizio sintomi», ma senza la descrizione dello stato clinico (asintomatico, paucisintomatico, sintomi).

Quando il campo non viene riempito chi è entrato nel conteggio, anche se nel frattempo è guarito, non viene escluso dalla lista dei malati. Con il risultato di “doparla”. Secondo la Regione però solo in questi giorni è stato reso noto che i tecnici dovevano “scrivere” quel numerino:  «Nessuno mai prima ci ha detto che altrimenti i guariti non sarebbero stati conteggiati». Inoltre sempre secondo Lombardia, non sarebbe corretto fornire la descrizione dei sintomi immediatamente: «Quel campo non è obbligatorio, è sbagliato forzarlo», spiegano dagli uffici della Prevenzione. Ci si chiede come sia possibile che solo la Lombardia non si sia accorta del malinteso: sembra abbastanza palese che le altre regioni si sono aggiornate anche nel caso ci sia stato davvero o avremmo un’Italia di un solo colore. Rosso. E in particolare viene anche il dubbio su come la regione governata da Attilio Fontana, che ha dovuto pagare un prezzo altissimo a causa del Coronavirus non sia all’avanguardia riguardo l’analisi dei dati e il modo in cui vengono conteggiati.

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