Attualità
Report e la vera storia delle crocchette per cani pericolose
di Giovanni Drogo
Pubblicato il 2015-12-07
Negli USA si fa causa un po’ per tutto, quindi non stupisce che un prodotto per animali sia ora sotto accusa. La causa contro Beneful di Purina negli USA è cominciata anni fa. Per il momento però il giudice non ha ancora emesso la sentenza
Ieri Report ha mandato in onda un’inchiesta di Sabrina Giannini sul cibo per cani e gatti e sui rischi per la salute dei nostri piccoli amici. Sotto la lente d’ingrandimento della giornalista di Report sono finite le crocchette prodotte da alcune delle più importanti ditte del settore quali Purina (che è della Nestlé), Royal Canin (del gruppo Mars) e Hills (che invece è una sussidiaria del gruppo Colgate-Palmolive). Dall’inchiesta della Giannini le tre aziende (ma ne sono state contattate in tutto una decina) non ne sono uscite benissimo.
Le cause contro Beneful e la storia delle crocchette killer
Le tre multinazionali sono state accusate di utilizzare prodotti e materie prime scadenti per confezionare i mangimi per gli animali. Ma non sono solo loro le uniche responsabili: sul banco degli imputati Report ha fatto salire anche i veterinari e gli allevatori, colpevoli – secondo quanto viene detto nel servizio – di consigliare ai proprietari di cani e gatti l’acquisto delle crocchette. Il tutto a discapito della dieta casalinga, ovvero di quella fatta di avanzi di cucina e scarti del macellaio che “i nostri nonni” davano ai propri cani (e gatti). Intorno alle crocchette insomma c’è un business milionario e si possono immaginare quindi le pressioni esercitate dai produttori di mangimi sui professionisti della salute dei nostri amici, un po’ come la storia degli emissari di Big Pharma che coccolano i medici per gli umani per convincerli a prescrivere medicine. In particolare nel servizio di Report si è dato molto risalto al ritiro dal mercato di un prodotto da Purina-Nestlé: Beneful Dog Food. Secondo l’informatore Purina in realtà la decisione di non vendere più Beneful (non viene venduto nemmeno in Italia) non è dovuta alle numerose segnalazioni di effetti nocivi sui cani, ma ad una strategia commerciale. La storia di Beneful però è un po’ diversa da come l’ha raccontata il rappresentante Purina ed è iniziata diversi anni fa. Nel 2007 Robert Barley (da Huntsville, Texas) ha denunciato Purina perché – a suo avviso – il suo cane Pearl era morta a causa delle crocchette Beneful. Poco dopo anche un’altra proprietaria di Huntsville riportò un caso analogo. Lo stesso fecero un’altra dozzina di proprietari di cani che avevano acquistato Beneful presso la grande catena di shopping mall Walmart. All’epoca Purina avviò un’indagine per verificare la presenza di tossine prodotte da muffe (aflatossine) che però ebbe esito negativo. La storia sembrò concludersi qui, ma nel 2013 vennero a galla alcuni nuovi casi e di nuovo Purina fu costretta a negare ogni addebito. La causa di cui parla Report è stata intentata il 5 febbraio 2015, questa volta però si ipotizza che a causare l’avvelenamento e la morte degli animali non siano le micotossine ma anche dal glicole propilenico:
The complaint, brought in the U.S. District Court for the Northern District of California, alleges that Purina failed to disclose that Beneful contains substances that are toxic to animals, including Industrial Grade Glycols (IGG), lead, arsenic and mycotoxins
Non è nemmeno la prima causa contro Purina e Beneful, come riporta la CBS Beneful è stato al centro negli anni passati di due altre cause che però non sono nemmeno arrivate a dibattimento. Secondo i proponenti la causa più recente contro Purina sarebbero quasi tremila i proprietari di cani che avrebbero denunciato morti sospette dovute al Beneful. Ma a quanto pare la FDA ne ha ricevute solo 11. C’è chi si chiede se questa discrepanza sia da attribuire al modo in cui i media hanno gonfiato la vicenda oppure ad una disorganizzazione della FDA per quanto riguarda l’archiviazione delle denunce. In un comunicato si apprende invece che dal 2011 la FDA ha ricevuto 480 denunce di cani ammalati a causa delle crocchette Beneful e di 140 morti sospette. In ogni caso la storia di Beneful è ben lontana dall’essere conclusa e negli USA, dove è scoppiato il caso, il prodotto non è stato ritirato dal mercato. Anzi, Purina ha iniziato un’aggressiva campagna stampa per sostenere la bontà del suo prodotto e combattere la pubblicità negativa che prevede colpirà Beneful se la causa andrà avanti. L’unica cosa certa al momento è questa, sul fatto che il glicole propilenico sia una sostanza consentita come conservante basta leggere quello che dice la FDA.
Le prime reazioni degli intervistati da Report
Nel frattempo sul fronte italiano i veterinari sembrano non aver gradito il servizio andato in onda ieri sera. Perché in ultima istanza Report scarica su di loro le colpe della diffusione della “moda” delle crocchette del cibo per cani. In un comunicato pubblicato poco fa Andrea Zatelli, il veterinario esperto di problemi renali che nel servizio di Report “ammetteva” che gli studi sui disturbi degli animali vengono finanziati dalle aziende produttrici di mangimi ha voluto precisare il senso delle parole riportate dalla trasmissione della Gabanelli.
Faccio seguito alla mia intervista durante la trasmissione Report. Sono stato intervistato in una pausa caffè di un seminario a Milano; poco tempo, rubato alle tempistiche cui si è obbligati dall’evento cui partecipi, assolutamente limitato per poter anche solo pensare di affrontare una tematica cosi importante come quella della alimentazione nel paziente affetto da malattia renale (questa era la mia parte). Se alla fine i tuoi 7-8 minuti di intervista vengono limitati a 7 secondi estrapolando due frasi dal contesto… ti rendi conto che la volontà non è quella di fare informazione riportando il parere di chi intervisti, ma di fare l’informazione che vuoi tu senza considerare il parere di chi hai intervistato. Strano modo, a mio parere, di fare il “giornalismo verità”. Detto questo, vorrei esprimere la mia opinione nel merito delle “diete preconfezionate” per nefropatici e riportare in sintesi quello che ho anche detto alla giornalista di Report durante l’intervista. Mi scuso per il dilungarmi. Perché prescrivere una “dieta per nefropatici preconfezionata”? La mia opinione è che esistano motivi professionali e scientifici per prescrive una dieta di questo tipo. I risultati di trial clinici ne hanno dimostrato l’efficacia non solo nel controllare iperazotemia, proteinuria, iperfosfatemia , acidosi metabolica, ma anche nel ridurre la progressione di malattia ed il rischio di crisi uremica e quindi nel prolungare il tempo di sopravvivenza dei pazienti. Questo è il punto chiave del perché consiglio un “trattamento”: sulla base delle conoscenze e delle pubblicazioni che ne hanno dimostrato l’efficacia nel migliorare la qualità e l’aspettativa di vita dei pazienti. Le “diete preconfezionate” per nefropatici possono fare male? Sinceramente non lo so, non conosco pubblicazioni (sarà mia ignoranza) che lo abbiamo dimostrato. Personalmente ho avuto l’opportunità di seguire nel tempo molti pazienti, cani e gatti, affetti da malattia renale ed alcuni sono arrivati a morte per una patologia oncologica, ma questo non lo ritengo utile per poter stabilire un nesso di causalità tra dieta e cancro. Al limite la prima banale considerazione che mi viene da fare è che, se una volta i gatti vivevano 14 anni di media ed oggi ne vivono 20, possa aumentare l’incidenza delle malattie oncologiche perché vivono più a lungo. Pur non avendo io riscontri, ma non volendo in ogni caso ed a priori negare la possibilità che una dieta per nefropatici causi il cancro, ritengo invece poco etico ed assolutamente scorretto il non pubblicare questi dati. Chi ha definito un nesso di causalità tra un particolare tipo di dieta ed il cancro nella specie canina e felina ha a mio parere l’obbligo morale e professionale di comunicarlo alla comunità scientifica ed ai professionisti. Il problema sono i bias di pubblicazione? Questi esistono ed è noto a tutti, ma derivano più probabilmente dalle limitazioni che le aziende pongono nel pubblicare alcuni “risultati aziendali”; se un libero professionista od un universitario decidono di pubblicare i risultati di una loro ricerca indipendente possono assolutamente farlo e certamente non troveranno tutti i revisori “pagati dalle aziende”. Ho il ruolo di revisore per numerose riviste internazionali e posso garantirvi che valuterei con onestà intellettuale (e come me molti altri) i risultati di uno studio scientificamente corretto che sia in grado di dimostrare quanto scritto in precedenza. Si possono utilizzare diete per nefropatici formulate ad hoc e non preconfezionate? Si ed io ho sempre comunicato ai proprietari questa possibilità, facendo loro presente però che i dati di sopravvivenza e progressione malattia in questo caso non sono pubblicati e disponibili (per me questa è una mancanza). La maggior parte degli studi pubblicati arrivano anzi a dimostrare l’inadeguatezza delle diete casalinghe. La mia esperienza, certamente limitata, mi ha portato a pensare che il controllo di alcuni parametri, ad esempio della azotemia e dell’iperfosfatemia, non siano solitamente soddisfacenti con una dieta casalinga. Posso sbagliarmi ovviamente e mi farebbe molto piacere raccogliere una casistica, correttamente stratificata ed inclusa, con i Colleghi che da anni formulano diete per nefropatici e valutare i dati relativi ai tempi di sopravvivenza ed alla mortalità di questi pazienti. Sarebbe uno studio retrospettivo, ma certamente utile alla raccolta di dati iniziali che possano allontanare un poco del fumo che tende a velare l’argomento. Io sono disponibile e mi auguro che chi è convinto della utilità di un approccio con “dieta casalinga” rispetto a “dieta preconfezionata”, abbia lo stesso interesse; sarebbe il primo studio di questo tipo ad essere pubblicato e potremmo avere dati utili alla professione ed ai nostri pazienti.