Quel furbetto di Papa Francesco

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2015-09-30

Bergoglio incontra Kim Davis, l’impiegata che è finita in carcere per aver negato la licenza matrimoniale a due gay. Ma per tutto il viaggio non ha detto una parola sull’argomento. La verità è che i Papi possono anche sembrare diversi, ma la posizione della Chiesa sulle unioni gay non cambia e non cambierà mai

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Ma davvero Papa Francesco ha incontrato Kim Davis? Secondo il Wall Street Journal Jorge Bergoglio durante il suo viaggio negli USA ha avuto un breve meeting con l’impiegata finita in prigione per non aver voluto rilasciare una licenza di matrimonio a una coppia gay del Kentucky, e, secondo la Davis, le avrebbe detto «Stay strong». Padre Lombardi, dice il WSJ, non ha voluto commentare la notizia ma nemmeno ha negato l’incontro tra Papa Francesco e l’impiegata, che non è cattolica bensì cristiano-apostolica. Quindi l’incontro non può non avere un significato politico, ma stranamente il Papa non ha fatto sapere di averla incontrata, a differenza delle questioni del viaggio di Ignazio Marino.
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Quel furbetto di Papa Francesco

Secondo quanto ha raccontato la Davis, emissari del Vaticano si erano interessati alla sua situazione anche quando è stata costretta a trascorrere cinque giorni in carcere dopo aver rifiutato per la quarta volta la licenza di matrimonio a David Moore e David Ermold. Una delle curiosità più divertenti della vicenda è che la Davis, che negava il matrimonio a una coppia gay, era talmente amante dell’istituzione da essere stata sposata per ben quattro volte. La Corte Suprema, tre mesi fa, ha sancito il diritto costituzionale di sposarsi per le coppie omosessuali in USA; da allora, Davis non ha più rilasciato licenze matrimoniali, nemmeno alle coppie eterosessuali, appellandosi al suo diritto di non applicare la decisione dei giudici in nome della libertà religiosa: per la donna, apostolica, riconoscere e consentire i matrimoni tra persone dello stesso sesso sarebbe un atto che “echeggerebbe per sempre – ha detto il suo avvocato – nella sua coscienza”. Bergoglio aveva rilasciato una dichiarazioni sibillina durante la conferenza stampa improvvisata come al solito sul volo di ritorno dal viaggio, dicendo di supportare l’obiezione di coscienza: secondo il Pontefice, “in ogni struttura giudiziaria deve entrare l’obiezione di coscienza, perché è un diritto umano. Altrimenti, finiamo nella selezione dei diritti: questo e’ un diritto di qualita’, questo no”. “Sosterrebbe anche i funzionari governativi che per obiezione di coscienza non portassero avanti le pratiche per i matrimoni gay?”, è stato chiesto allora a Bergoglio che ha replicato: “non posso avere in mente tutti i casi specifici, ma posso dire che l’obiezione di coscienza e’ un diritto. E’ un diritto umano: un funzionario di governo e’ una persona umana e ha quel diritto”. Insomma, non aveva parlato specificatamente del caso Davis, ma poi è saltato fuori che l’ha incontrata. Eppure, per tutto il viaggio, ha accuratamente evitato di dichiarare qualcosa a proposito dei matrimoni gay, della Corte suprema, probabilmente per non creare casi diplomatici con gli ospiti. Non ce n’è abbastanza per far notare che si tratta di una piccineria e di una furbizia?
 

I papi non cambiano

Vox news spiega che però forse tutta questa attenzione è frutto di un equivoco. La Chiesa, e il Papa, sono, com’è naturale, strenui oppositori del matrimonio omosessuale, e la percezione “progressista” di Jorge Bergoglio è frutto di un’allucinazione collettiva. Durante la sua visita negli Usa, non ha parlato molto sul matrimonio, scegliendo invece di concentrarsi sulla povertà, la pena di morte, l’immigrazione, e il cambiamento climatico. Ma nonostante qualche attenzione nei confronti di singoli casi segnalati, in realtà l’approccio del Vaticano alle persone omosessuali non è cambiato di molto dall’inizio del suo mandato. L’equivoco nasce da quel “Chi sono io per giudicare un gay?” che fu una delle prime frasi sugli omosessuali pronunciate da Papa Francesco. Il quale poi ha però spiegato il significato di quell’affermazione: “Quando Dio guarda a una persona gay, lo approva o lo rifiuta e lo condanna? La risposta è semplice: dipende da caso a caso. Dobbiamo sempre considerare la singola persona”. Una linea insomma non molto dissimile da quella dei cattolici conservatori: Odia il peccato, ama il peccatore. Ovvero non rifiuta la persona, ma condanna il peccato dell’omosessualità in sé. E quindi la Chiesa dice che gli omosessuali devono essere accolti con rispetto e compassione ma sono chiamati alla castità perché gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati. Insomma, i Papi non cambiano. Non così facilmente, almeno. La condanna nei confronti delle unioni omosessuali è netta e chiara. E la scelta di incontrare la Davis – senza farlo sapere – ne è soltanto la conferma.
 

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