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Quegli immigrati degli italiani

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2015-10-06

Aumentano gli italiani che si trasferiscono all’estero. Nel 2014 gli espatri sono stati 101.297, con una crescita del 7,6% rispetto al 2013 (94.126). Ad andarsene (56,0%), non sposati (59,1%), tra i 18 e i 34 anni (35,8%). Ovvero, migranti economici. E Salvini non dice niente?

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Aumentano gli italiani che si trasferiscono all’estero. Nel 2014 gli espatri sono stati 101.297, con una crescita del 7,6% rispetto al 2013 (94.126). A fare le valigie sono stati in prevalenza uomini (56,0%), non sposati (59,1%), tra i 18 e i 34 anni (35,8%). Sono partiti soprattutto dal Nord Italia e la meta preferita è stata la Germania (14.270); a seguire il Regno Unito (13.425). E’ quanto emerge dal Rapporto Italiani nel mondo 2015 della Fondazione Migrantes, presentato oggi a Roma. In generale, al primo gennaio 2015 sono in tutto 4.636.647 gli iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (Aire), il 3,3% in più rispetto all’anno precedente. Il 51,4% è di origine meridionale, con un primato della Sicilia (713.483).
 

Quegli immigrati degli italiani

Negli ultimi anni però si è registrata “una marcata dinamicità delle regioni settentrionali”, tanto che tra i connazionali espatriati nel 2014, la maggior parte proviene dalla Lombardia (18.425). Seguono Sicilia (8.765), Veneto (8.720), Lazio (7.981) e Piemonte (7.414). Negli ultimi anni – si legge nel Rapporto – il fenomeno dell’emigrazione per ragioni lavorative, tra i laureati, è tendenzialmente in crescita. E il titolo di studio posseduto risulta più efficace, nella ricerca di lavoro, per chi si è trasferito all’estero. In aumento anche i liceali che trascorrono un anno di studio all’estero. Tra le mete preferite dagli italiani nel 2014, oltre a Germania e Regno Unito, ci sono Svizzera (11.092 espatri), Francia (9.020) e Argentina (7.225). La maggior parte dei cittadini italiani iscritti all’Aire risiede in Europa (53,9%) e in America (40,3%). Al primo gennaio 2015 le donne sono 2.227.964, il 48,1% (+75.158 rispetto al 2014) del totale, i minori 706.683 (15,2%). Gli over 65 sono 922.545 (19,9%). Nell’ultimo decennio l’emigrazione italiana è cresciuta “notevolmente”, passando dai 3.106.251 iscritti all’Aire nel 2006 ai 4.636.647 iscritti nel 2015, per un incremento pari al 49,3%. I paesi che accolgono le comunità di italiani più numerose – si legge nel Rapporto – sono quelli che mostrano anche le crescite più incisive nel decennio, come Argentina, Germania e Svizzera. Negli ultimi anni gli italiani si sono diretti prevalentemente in Spagna, Venezuela e, soprattutto dal 2013, in Irlanda, Cina ed Emirati Arabi.
 

Il rapporto della Fondazione Migrantes

Secondo la Fondazione Migrantes sulla scelta degli italiani hanno inciso, probabilmente, le competenze lavorative e linguistiche specificatamente richieste da questi territori emergenti. “Occorre con forza dire ‘no’ a una sorta di strabismo nella lettura dei fenomeni migratori” in Italia, “tale per cui si legge con un occhio l’emigrazione, dove viene fermamente affermata la tutela dei diritti” di chi parte, “mentre assistiamo a un grave sfruttamento lavorativo” di chi arriva nel nostro Paese. “Un secondo ‘no’ va al ritorno dei nazionalismi, con una grave penalizzazione dell’emigrazione italiana che significa la non tutela dei nostri giovani che vanno all’estero. E ‘no’ anche a un’integrazione schiacciata sull’assimilazione”, dice la Fondazione Migrantes sulla “nuova stagione della mobilità” in Italia, paese protagonista di una nuova fase di partenze e arrivi. Partenze di “migranti desideranti”, italiani e non, in cerca di lavoro – osserva la Fondazione nel Rapporto Italiani nel mondo 2015 – e arrivi di “richiedenti protezione internazionale con progetti migratori il più delle volte finalizzati al Nord Europa e solo in transito nei nostri territori”. “In un’Italia che da sempre è terra di spostamenti, saluti e accoglienze – puntualizza la Fondazione – la gratitudine si dispiega non solo nell’efficacia del soccorso prestato” a chi arriva oggi, “ma nella capacità di solidarietà e condivisione” senza “fare confronti” rispetto “a quando eravamo noi i migranti”. “Se la storia è davvero maestra di vita – conclude – oggi un tale confronto non ha alcun senso, ma potrebbe averlo solo se a partire da esso si tenesse presente che il vero fine dell’andare avanti nella riflessione sulle migrazioni è riuscire a far sì che ci sia un giorno in cui la decisione di partire per ogni migrante derivi da una scelta e non da un obbligo”.

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