Perché non ci sarà il lockdown totale come quello di marzo

di Antonio Murzio

Pubblicato il 2020-11-12

Secondo gli scienziati, la curva dei contagi, che ancora non scende, ha cominciato a frenare: tanto basta al presidente Conte per togliere dal tavolo l’ipotesi di una chiusura generalizzata in tutto il Paese

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Non ci sarà un lockdown generalizzato per tutto il Paese, con misure più restrittive simili a quelle adottate in marzo, ma si continuerà a valutare la situazione  regione per regione, e queste potranno variare colore, passando da uno all’altro dai tre previsti – giallo, arancione e rosso – in base alla valutazione dei ventuno parametri previsti dal Comitato tecnico scientifico.

Perché non ci sarà il lockdown totale come quello di marzo

A far proprendere l’esecutivo per una decisione più morbida sono stati alcuni scienziati, come riporta il Corriere della Sera di oggi:

Per la prima volta da setimane, a Palazzo Chigi è arrivato un refolo di ottimismo. Lo hanno portato gli scienziati Brusaferro, Locatelli e Miozzo, chiamati dal premier per capire se davvero la curva del virus ha cominciato a piegarsi sotto i colpi delle misure restrittive adottate dal governo. Ebbene sì, grafici alla mano il terzetto di tecnici ha confermato al capo dell’esecutivo, ai capi delegazione e al ministro Boccia le impressioni degli ultimi giorni: il Covid-19 ha iniziato a rallentare la sua folle corsa. I contagi continuano ad aumentare, è vero, ma la crescita non è più esponenziale. Questo non vuol dire però abbassare la guardia, anzi. La linea è andare avanti con le chiusure per evitare il lockdown nazionale. Ieri si sono riuniti i comitati per l’ordine e la sicurezza e so-no dunque scattate le ordinanze di chiusura nelle città.

 

Emilia, Veneto e Friuli osservati speciali

In altre parole, anche se ieri i morti di Covid in Italia hanno superato quota 600, i nuovi contagi sono stati quasi 33mila (cifra che contribuisce al totale di un milione di contagiati nel nostro Paese da inizio epidemia), l’opzione lockdown totale – suggerita dall’ala più rigorista del governo, rappresentata dal ministro della Salute Speranza e dal capo-delegazione Pd Franceschini, ministro della Cultura – per ora si allontana. Resta però la possibilità che alcuni governatori decidano per una stretta. Emilia Romagna, Veneto e Friuli Venezia Giulia, le tre regioni osservate speciali (insieme alla Campania, che continua ad essere un caso a sé), attualmente gialle, potrebbero già da domani passare ad arancione, anche se per il governatore leghista del Friuli, Massimiliano Fedriga, il rischio, almeno per la sua regione, è di fare il salto direttamente a rossa. Ieri nel Friuli sono state 13 le vittime, mentre il Veneto ha registrato 3mila nuovi casi; 31 sono state le vittime di coronavirus in Emilia Romagna. Proprio nel capoluogo emiliano, Bologna, il sindaco Virginio Merola ha emanato un’ordinanza anti assembramento che “vieta” alcune piazze”. Le altre misure che le tre regioni, che stanno agendo di concerto (ieri i tre governatori si sono confrontati sulle misure da adottare) riguardano il divieto di apertura dei centri commerciali nel fine settimana (già attivo nelle zone rosse) e il divieto di spostamento tra comuni durante il weekend.

In Campania «situazione fuori controllo»

La Campania continua a costituire un caso a sé. Come scrive Repubblica oggi,

Ma a far clamore, e a spaccare la maggioranza, è la Campania. Luigi Di Maio è durissimo. Chiede all’esecutivo di inserire la Regione in area rossa: “A Napoli la situazione è fuori controllo. Il governo non perda tempo, il Sud sta implodendo”. Impossibile senza numeri che lo giustifichino, ribadisce Speranza, che attende l’esito delle verifiche degli ispettori. Impossibile, dice anche Conte, perché le decisioni non sono frutto di una contrattazione politica. L’ordinanza arriverà domani, ufficializzando la zona arancione o addirittura rossa. Ma siccome il governo sa che la situazione è esplosiva e lo stress a cui sono sottoposte le strutture sanitarie ormai fuori controllo, decide intanto di muoversi. Conte chiede ad Angelo Borrelli di valutare con il comando generale interforze l’invio della Protezione civile e dell’esercito per l’emergenza in Campania. Tra gli obiettivi, allestire ospedali da campo e reclutare nuovi Covid hotel. “Siamo lo Stato – dice il premier – e se ci sono segnalazioni diffuse di criticità sulle strutture sanitarie della città di Napoli, serve dare un segnale”.

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