Attualità
Noemi Durini, omicidio premeditato?
di Alessandro D'Amato
Pubblicato il 2017-09-17
I pubblici ministeri contestano l’accusa al giovane che ha ucciso la ragazza. La scomparsa del coltello indicato come arma del delitto. Ieri due molotov lanciate contro i vetri della casa dei genitori dell’accusato.
La Procura dei minori di Lecce contesta al diciassettenne di Alessano L. M. l’omicidio premeditato della fidanzatina sedicenne Noemi Durini di Specchia, aggravato dalla crudeltà e dai futili motivi. La versione del ragazzo rimane quella presentata nei giorni scorsi: Noemi gli aveva proposto di uccidere la sua famiglia e lui l’ha fatta fuori con un coltello che lei stessa si era procurata.
Noemi Durini, omicidio premeditato?
Ma a quanto pare i pubblici ministeri non gli credono. «Quella notte ci siamo incontrati perché mi aveva nuovamente chiesto di far fuori i miei genitori. Aveva un coltello, credo da cucina… Dopo averglielo tolto, l’ho colpita alla testa e poi con alcuni sassi. Con il coltello una sola volta perché la lama si è spezzata e il manico mi è rimasto in mano… Prima avevamo avuto un rapporto sessuale», ha detto lui agli investigatori secondo quanto racconta oggi Andrea Pasqualetto sul Corriere della Sera.
In una lettera ritrovata dagli inquirenti nella quale L. M. ripercorre l’ultimo anno e il suo rapporto con Noemi c’è scritto: «Un giorno andai con il mio migliore amico alla villetta del paese per incontrare gli altri amici e vidi una ragazza di nome Noemi che mi piaceva già da un bel po’ e feci di tutto per rimorchiarla… Dopo 30 giorni stavamo insieme e iniziarono guai seri con mio padre e mia madre che mi portarono all’esaurimento nervoso. Una sera furono così tante le lamentele da parte dei miei che io mi ribellai scatenando tutta la rabbia che avevo verso di loro…». E lì volarono le «manate» e ci fu il primo Tso .«Lei mi dava la forza per scappare da mio padre… Con Noemi però litigavo spesso e io soffrivo talmente tanto che mi rinchiusero a Casarano».Dove subì il secondo TSO.
La lettera del fidanzato di Noemi Durini
L.M. da gennaio era in cura per un disturbo di personalità schizoide tendente all’aggressività. Ma che aveva smesso di assumere i farmaci peggiorando le sue condizioni. Intanto ieri due molotov sono state lanciate contro i vetri della casa dei genitori dell’accusato. Per il quale la procura è convinta della premeditazione: «Portava fuori dalla propria abitazione oggetti utilizzati per l’offesa alla persona», ha scritto la pm Anna Carbonara, chiedendo alla gip Ada Colluto la convalida del fermo e la custodia cautelare in carcere.
Gli inquirenti lo accusano anche a causa di una non coerente ricostruzione dell’accaduto: «Ascoltato più volte ha fornito differenti indicazioni sull’itinerario percorso, sulle motivazioni dell’incontro con Noemi e sull’esito». Nella mattinata del 13 settembre, quando ancora si sperava che la sedicenne fosse viva, L.M. ha condotto i carabinieri nella campagna vicino Leuca in cui era sepolto il cadavere. Lì — è scritto nel decreto di fermo — «dichiarava di avere parcheggiato e con la scusa di una sigaretta, scendeva dall’auto insieme a Noemi e si addentrava in un uliveto, poi approfittando di un momento propizio la uccideva». Poche ore dopo, alla presenza delle pm, un’altra versione: «L’ho colpita con un coltello e la lama si è spezzata, poi l’ho spinta a terra e colpita ancora con delle pietre. Dopo aver coperto il corpo con altri sassi, mi sono allontanato gettando via il coltello». Dove sia finito non si sa.