Il nuovo sport nazionale: giustificare le aggressioni razziste dando la colpa agli immigrati

di Giovanni Drogo

Pubblicato il 2018-09-03

Un ragazzino è stato preso a calci ad Agrigento e il suo aggressore gli ha urlato contro “torna al tuo paese”. Ma per il tribunale dell’Internet non è successo nulla, perché la vittima non scappa da un paese dove c’è la guerra e vive in Italia rubando il pane agli italiani che non riescono ad arrivare a fine mese

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Ad Agrigento un ragazzo di sedici anni di origine tunisina è stato aggredito da un coetaneo che lo ha preso a calci e pugni urlandogli “torna nel tuo paese”. A raccontare l’episodio è stato su Facebook il responsabile della struttura di seconda accoglienza per minori a Raffadali dove Ahmed è ospite da un anno, da quando è arrivato in Italia a bordo di uno dei tanti barconi che partono dalla Tunisia. Perché anche se in Tunisia non c’è la guerra questo non significa che non si viva in un clima di terrore (la Tunisia è il paese nordafricano maggiormente colpito dagli attacchi dell’Isis) o che non si soffra la fame.

La storia del ragazzino aggredito ad Agrigento

La notizia dell’aggressione di stampo razzista è stata data dai principali quotidiani, come ad esempio Repubblica o il Fatto che hanno riportato le parole del direttore della struttura di accoglienza dove vive Ahmed. Di zuffe e risse tra ragazzini (e tra adulti) ne succedono spesso e non è nemmeno importante qui sapere chi ha ragione o torto. Certo, il fatto che nessuno abbia al momento sporto denuncia contro Ahmed o si sia presentato al Pronto Soccorso con lividi e contusioni lascia pochi dubbi. Saranno i Carabinieri ad accertare la verità e scoprire come sono andate realmente le cose.

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La cosa che preoccupa però non è tanto il pestaggio, quanto gli insulti e l’invito ad andarsene dall’Italia: insomma il razzismo. Che poi razzismo e comportamenti violenti vadano spesso di pari passo è un altro discorso. Sul profilo Facebook di Giovanni Mossutto, il responsabile del centro che ospita Ahmed, un “ex elettore di sinistra” si interroga sull’accoglienza data a “chiunque ha voglia di farsi mantenere a sbafo”.

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Un altro commentatore invece dà la colpa del razzismo e del clima di intolleranza che si respira nel Paese non a Salvini o ai vari predicatori d’odio ma a chi ha campato sul “business dell’immigrazione” perché “fino a dieci anni fa non avevamo problemi”. Il che è falso, perché dieci anni fa i negri erano visti come un problema, solo che a far loro compagnia magari c’erano i terroni.

I patridioti che spiegano che il razzismo non è un problema

Eppure a quanto pare il razzismo non dà fastidio. Almeno stando ai commenti che si leggono in giro. La vittima dell’aggressione non merita né pietà né compassione. E non tanto perché alla fine se l’è cavata con una contusione ad un testicolo e una ferita ad un ginocchio quanto perché il vero aggressore è lui. Non nel senso che è stato Ahmed ad iniziare la rissa ma nel senso che se non fosse venuto in Italia a farsi mantenere non gli sarebbe successo nulla (forse sarebbe morto in Tunisia ma non sono problemi nostri).

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I giornali poi non sono certo esenti da colpe, visto che parlano solo di aggressioni a danni degli stranieri e mai di quando gli immigrati picchiano, violentano o derubano gli italiani. Sono gli articoli come questo a fare diventare razzisti, non la propaganda di certi partiti politici che ora sono al governo.

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Anzi, è colpa dei buonisti che per qualche oscura ragione vogliono far apparire gli italiani come dei razzisti. Come spiega un commentatore bisogna fare attenzione a litigare con uno straniero perché “la legge non vi mette sullo stesso piano” e lui potrà sempre accusarvi di essere razzisti.

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E no, non è una semplice zuffa tra coetanei. Lo sarebbe se uno dei due non avesse fatto ricorso ad insulti di chiaro stampo razzista. Il bello è che quasi nessuno dei commentatori mette in dubbio che l’aggressore abbia davvero pronunciato quelle frasi. Nessuno tenta di minimizzare l’accaduto dicendo che Ahmed si è inventato tutto. Evidentemente l’insulto razzista non solo non è grave o inaudito, è perfettamente normale e – perché no – giustificabile.

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Per i nostri amabili patrioti dell’Internet l’odio razziale non è un’aggravante (come lo è invece secondo il codice penale) anzi, si tratta semplicemente di restituire allo straniero un po’ della sofferenza che sta arrecando al popolo italiano.

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