Mario Seferovic detto Alessio il Sinto: il 21enne accusato di stupro di due ragazzine

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2017-11-05

Insieme a un amico che avrebbe fatto da palo è accusato di aver violentato due 14enni in un terreno della Collatina. Su Facebook aveva il nickname Alessio il Sinto. Le due sono state minacciate ma alla fine hanno denunciato

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Mario Seferovic detto Alessio il Sinto è il 21enne accusato di stupro nei confronti di due ragazzine di 14 anni in un terreno della Collatina il 10 maggio scorso. Con lui c’era il suo amico Maikon Bilomante Halilovic, 26 anni, che avrebbe però fatto solo da palo. Una delle due ragazzine aveva conosciuto in chat Seferovic: prima conversazioni scritte, poi telefoniche, infine l’incontro e poi la violenza. Alessio, secondo il quadro accusatorio, avrebbe bloccato le due giovani, poi violentate in un campo abbandonato.

Mario Seferovic detto Alessio il Sinto

L’amico, che in tasca nascondeva le manette, le ha legate ma non avrebbe partecipato allo stupro. Dopo le violenze, commesse materialmente da Seferovic, le due amiche sono state minacciate di morte se avessero raccontato qualcosa. Per questo non hanno neanche fatto ricorso alle cure dei medici. Ma dopo alcuni mesi una delle due ha detto tutto ai genitori e da lì è partita l’inchiesta. Le indagini coordinate dal procuratore aggiunto di Roma Maria Monteleone, sono risalite alla premeditazione con cui hanno agito gli aguzzini.
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Per il giudice la misura più idonea per gli indagati, entrambi residenti in un campo rom della Capitale, è il carcere. Perché “esiste il pericolo di reiterazione”. Il modo in cui lo stupro si è svolto, “induce a ritenere che possa trattarsi di casi non isolati ma destinati a ripetersi in coerenza con una personalità incline alla sopraffazione e al brutale soddisfacimento di istinti di violenza, sicuramente valutabili come indice di sussistenza del pericolo di reiterazione”. De Robbio sottolinea anche “la premeditazione” che trova riscontro nella scelta del luogo e nel fatto di aver portato le manette. Non solo, anche le minacce e le chiamate di “Alessio il Sinto”, questo il nickname su Facebook di Seferovic, alla mamma della vittima a stupro avvenuto, per il GIP servivano “forse ad appurare se le vittime avessero rispettato la consegna del silenzio”.

L’incidente probatorio per le due ragazzine

Dalle carte emerge, inoltre, che il 2 agosto scorso è stato svolto un incidente probatorio durante il quale le due vittime “hanno ricostruito in maniera non contraddittoria lo stupro e hanno dato particolari utili per l’identificazione del complice di Seferovic da entrambe indicate con il nome di Cristian”. L’interrogatorio di garanzia davanti al gip potrebbe rappresentare un primo snodo importante nell’inchiesta. Non è escluso che nell’interrogatorio di convalida le strategie difensive dei due rom di origini bosniaca possano scindersi. In particolare Seferovic potrebbe avvalersi della facoltà di non rispondere e restare muto davanti alle domande degli inquirenti. Percorso diverso potrebbe intraprendere Halilovic che, invece, potrebbe affrontare le domande del gip nel tentativo di “alleggerire” la sua posizione.
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I genitori nella denuncia hanno riferito di aver saputo “dalla figlia che qualche tempo prima aveva conosciuto tramite Facebook un ragazzo che aveva adottato il nickname ‘Alessio il sinto’ e che questi dopo aver avuto una corrispondenza telematica con la ragazza le aveva dato appuntamento per un incontro de visu”. Durante questo incontro, “ove la minore era andata con un’amica, il ragazzo le aveva costrette ad andare in un terreno nascosto alla vista dei passanti ove aveva abusato sessualmente di loro mentre un amico faceva da palo, dopo averle legate a un recinto con delle manette per impedire loro di allontanarsi”. La versione è poi stata confermata anche dall’altra minore. L’indagato Mario Seferovic era poi stato identificato anche grazie a cinque fotografie stampate da un genitore dalla pagina Fb ‘Alessio il Sinto’. Il giovane era già noto ai militari in quanto pregiudicato per delitti contro il patrimonio. Quindi i denunciati hanno fornito l’utenza telefonica con cui l’autore degli abusi aveva contattato le minorenni.

Il cognome Seferovic

Rinaldo Frignani del Corriere della Sera racconta che dai censimenti svolti dalla polizia municipale e dal Comune — e prima ancora dalla Croce Rossa — i Seferovic risultano presenti soprattutto a Castel Romano (sulla Pontina), così come nel campo di via Candoni (Magliana) e in via Salviati, proprio a Tor Sapienza. C’è poi il campo in via di Salone, fra Collatina e Tiburtina. Accertamenti di polizia e carabinieri hanno però dimostrato collegamenti con analoghe strutture in altre città, al Nord in particolare, e soprattutto a Torino. Lì, ad esempio, è stato rintracciato e arrestato Serif Seferovic, coinvolto nella morte della ragazza cinese uccisa dal treno.
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Le indagini della Mobile,ricorda sempre il Corriere della Sera, sul triplice omicidio di Angelica, Elisabeth e Francesca, le ragazze morte nel rogo della loro roulotte, hanno rivelato infatti l’esistenza di una faida nei campi romani — specialmente quelli di Salviati e della Barbuta — fra gruppi di Seferovic e alcuni Halilovic, per questioni di interessi soprattutto: in quel caso raccolta di metalli e ricettazione di gioielli.

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