Marino Bartoletti dice addio a Facebook: “È tempo sprecato, ormai c’è solo odio e barbarie”

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2021-07-22

Un lungo post rassegnato in cui il giornalista Marino Bartoletti ammette che la marea di persone che usano i social solo per offendere, parlare per partito preso, insultare, è ormai impossibile da fermare

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Il giornalista sportivo Marino Bartoletti ha scritto un lungo post per spiegare perché dopo cinque anni, ha deciso di abbandonare la sua pagina Facebook. Una spiegazione rassegnata di come i social stiano fallendo, o lo abbiano già fatto, la loro missione, se è mai stata tale, di permettere alle persone di connettersi tra loro per confrontarsi. E un’amara constatazione di come invece su Facebook, ma non solo, ci sia quasi solo posto per gli insulti e l’odio gratuito.

Marino Bartoletti dice addio a Facebook: “È tempo sprecato, ormai c’è solo odio e barbarie”

Bartoletti esordisce raccontando i motivi che l’hanno portato ad aprire la sua pagina Facebook:

Cinque anni di Facebook sono un periodo congruo per capire e valutare.
Nell’estate del 2016 aprii questa pagina pubblica con entusiasmo, serietà, passione e voglia di condivisione, pensando di trasferirvi le mie riflessioni, i miei sentimenti, i miei ricordi e quel minimo se non di competenza perlomeno di esperienza maturata in decenni di lavoro. E l’ho sempre tenuta viva, stringendo i denti, anche quando avrei avuto ragionevolmente ben altro a cui pensare.
Non volevo certo cambiare il mondo: però speravo che la mia fatica – sincera, disinteressata e ovviamente aperta a tutti – fosse un pochino più contagiosa sul piano della civiltà e della voglia di reciproco arricchimento (allora l’aggettivo “contagioso” era più facilmente sdoganabile). In parte credo di esserci riuscito: ma purtroppo solo in parte.

Ma poi deve ammettere che nonostante i tanti utenti “positivi” che l’hanno seguito, la marea di follower arrivati solo con l’intento di esternare la qualunque in maniera negativa e rumorosa ha preso il sopravvento:

E’ vero, ho trovato tantissimi compagni di viaggio meravigliosi che mi hanno seguito nello spirito e nel piacere di un fertile scambio. Ma ho anche trovato una massa – a un certo punto per me incontrollabile – di personaggi sostanzialmente votati all’infelicità (oltre che all’insolenza, all’ignoranza, alla maleducazione gratuita, alla provocazione, alla ricerca dell’attimo di gloria, alla negazione dell’evidenza, all’anonima vigliaccheria, al vittimismo, alla grafomania perniciosa, al fanatismo, all’odio insensato, in alcuni casi alla barbarie) “grazie” ai quali ho capito che il mio tempo era assolutamente sprecato. E, dunque, che il piccolissimo tentativo di “civilizzazione” era naufragato. Ho cercato il dialogo in tutte le sue forme: a volte mi sono morso la lingua, a volte no (e me ne scuso). Nella pagina pubblica più aperta al confronto che credo ci sia, mi sono sentito apostrofare con epiteti spesso ingiusti (se non addirittura pesantemente ingiuriosi) solo perché, al limite della sopportazione, ogni tanto mi sono “permesso” di replicare a commenti poco simpatici (o fuori tema): come se non ne avessi il diritto.

E il giornalista rassegnato constata che l’ondata degli hater è più forte della volontà di sovrastarli: “Tempo sprecato”, dice, quello passato a rispondere a chi scrive per partito preso e per pregiudizio:

Forse si può cercare di sconfiggere la volgarità (o perlomeno di ignorarla): ma non la tigna di voler apparire a tutti i costi pur di fare i bastian contrari (e spesso i fenomeni), ma soprattutto l’italianissimo “benaltrismo”, vero tumore di ogni forma di confronto costruttivo. A volte ho avuto la sensazione che qualsiasi cosa scrivessi risultasse completamente inutile a chi aveva già in canna una risposta “a prescindere”: contro la quale ogni forma di dialogo è compromesso in partenza. Per non parlare dell’”ultraismo” cieco e irragionevole: per cui un post sull’interessante (e raro) incontro Guccini-Sarri, o un altro su galantuomini come Baggio e Baresi citati ad esempio di sportività diventano pretesto di scontri e insulti incrociati fra followers che risalgono le generazioni e che ovviamente non c’entrano nulla con lo spirito originale di ciò che è stato scritto. Ma sono solo gli ultimi esempi.

La rassegnazione domina la conclusione di Bartoletti, che annuncia la chiusura della sua pagina e invita gli hater a cercare altri bersagli:

Io posso anche leggere, rispondere, tacere, replicare, ingoiare o, al limite bloccare (cosa che ho fatto raramente, sempre convinto che non sia la strada più costruttiva): però non posso passare i miei giorni (e le mie notti) a fare la “sentinella” di quello che poteva e doveva essere un fertile terreno di confronto e che invece troppe volte è diventato un incontrollabile e spesso incivile campo di battaglia da parte di chi ha solo il desiderio di aggredire, offendere e avvelenare i pozzi di una corretta convivenza (spesso nel nome di un’”appartenenza” interpretata in maniera invasata). Ma a questo punto non più sulla mia pagina, grazie! Ce ne sono decine e decine di più “adatte” Quelle nelle quali il confronto è fatto solo di livore, quando non di urla zotiche e selvagge! Che ovviamente non sono il mio genere! Moltissimi di voi mi mancheranno!

Quanti prima o poi si rassegneranno all’imbarbarimento dei social?

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