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L'inchiesta di Al Jazeera sull'Italia che paga riscatti ai terroristi

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2015-10-09

L’emittente araba presenta oggi i risultati di un’inchiesta semestrale su “The Hostage Business”, ovvero il titolo del documentario che verrà mandato in onda il 12 ottobre. Sotto la lente i pagamenti dei riscatti organizzate dall’AISE, l’Agenzia informazioni e sicurezza esterna

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L’Italia avrebbe pagato riscatti milionari per liberare ostaggi in Siria e Somalia: l’emittente araba Al Jazeera presenta oggi i risultati di un’inchiesta semestrale su “The Hostage Business”, ovvero il titolo del documentario che verrà mandato in onda il 12 ottobre. Secondo al Jazeera, l’Italia avrebbe pagato milioni di dollari per la liberazione del giornalista italiano Domenico Quirico e il suo collega belga Pierre Piccinin da Prata. Un intermediario, Mutaz Shaklab, ha raccontato all’emittente: «I rapitori avevano chiesto 10 milioni di dollari, ma penso che abbiano avuto 4 milioni». Shaklab ha dichiarato di essere stato presente alla consegna del denaro, insieme a un italiano. Un membro del gruppo armato siriano Brigate Farouq, Mahmoud Daboul, ha detto di essere stato anche lui presente alla consegna del denaro: “Il denaro era in pacchi da 100.000 dollari”.
 

L’inchiesta di Al Jazeera sull’Italia che paga riscatti ai terroristi

Al Jazeera scrive quindi di aver ottenuto fotografie che mostrerebbero la consegna di 11 milioni di dollari in contanti, lo scorso gennaio, a rappresentanti del gruppo siriano Fronte al Nusra, affiliato ad al Qaida, per il rilascio di Greta Ramelli e Vanessa Marzullo. Già la scorsa settimana fonti giudiziarie di Aleppo avevano riferito del pagamento, smentito dalla Farnesina, anche se il racconto dell’ANSA sulla vicenda chiamava in causa altri gruppi rispetto ad Al Nusra, ovvero esponenti del Movimento Nureddin Zengi. Sul fronte somalo, l’emittente araba ha ottenuto documenti classificati dell’intelligence sudafricana in cui si afferma che i servizi segreti italiani (nominati nell’inchiesta con il nome di AISE, ovvero l’ex SISMI) avrebbero collaborato con l’intelligence somala (Snsa) per arrivare al rilascio, nel 2012, degli ostaggi Bruno Pellizzari, cittadino italo-sudafricano, e della sua compagna Debbie Calitz, rapiti dai pirati nel 2010, dietro il pagamento di 525.000 dollari. «Per nascondere il pagamento del riscatto, l’Aise, l’Snsa e gli ostaggi concordarono di informare i media e l’opinione pubblica che il rilascio degli ostaggi era avvenuto attraverso un’operazione delle forze di sicurezza somala» si legge sul documento pubblicato sul sito di al Jazeera.

Bruno Pelizzari e il falso blitz dei somali

E del caso Pelizzari si parla oggi anche sul Guardian. Da Londra giunge un duro atto d’accusa contro il presunto ruolo dell’intelligence italiana su un altro caso che risale al 2012. “Secondo quanto emerge de da un documento ottenuto da un agenzia di spionaggio (sudafrcana, ndr), l’intelligence italiana aiuto’ a escogitare una falsa storia sul recupero di ostaggi ad opera delle forze di sicurezza (somale) per celare il pagamento di un riscatto”, scrive il sito web del Guardian. I due, sequestrati il 26 ottobre 2010 a bordo della loro barca, assaltata a largo della Tanzania dai pirati che infestano le acque dell’Africa orientale e liberati a giugno del 2012.Nella versione ufficiale il ministro degli Esteri dell’epoca, Mario Terzi, escluse il pagamento di un riscatto, mentre il ministro della Difesa somalo, Hussein Ara Isse, con i due ottaggi al fianco, raccontò appunto di un blitz delle forze di sicurezza locali. Ma in un documento designato “segreto” dei servizi segreti sudafricani datato 6 luglio 2012 (ottenuto dalla rete al Jazeera e citato in un documentario trasmesso ieri sera sull’industria dei riscatti) si legge, scrive il Guardian, che il capo degli 007 di Pretoria per il Corno d’Africa riferisce che “l’agenzia di intelligenge Aise (l’ex Sismi) pagò un riscatto di 525.000 dollari”.

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L’articolo del Guardian su Bruno Pelizzari


E “per nascondere il pagamento del riscatto l’AISE e la Snsa (gli 007 somali) e gli ostaggi concordarono di informare la stampa ed il pubblico che il loro rilascio era stato il risultato di un’operazione di salvataggio delle forze di sicurezza somale”. Pellizzari e Calitz, prosegue il Guardian, giunsero a Roma su un jet privato il 22 giugno….”e agli ostaggi venne data istruzione dai funzionari italiani di non rivelare che era stato pagato un riscatto ma piuttosto di dire ai media che il Tfg (governo federale di transizione) somalo li aveva tratti in salvo”. Il Guardian aggiunge che “un portavoce del ministero degli Esteri ha dichiarato di non poter commentare su questo caso specifico ma ha ribadito che la posizione italiana sugli ostaggi non e’ cambiata”, riferimento alle dichiarazioni “fatte in Parlamento in cui i ministri hanno (sempre) negato che l’Italia paghi riscatti per il rilascio degli ostaggi”. Il pezzo del Guardian e quello di Al Jazeera citano il caso italiano in realtà per rimarcare le differenze di gestione degli ostaggi da parte dei diversi governi, e segnalando il caso di James Foley e l’intenzione di Obama di cambiare le leggi che impediscono alle famiglie di pagare riscatti.

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