Licio Gelli segreto

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2015-12-16

Nelle vicende romanzate del materassaio più famoso d’Italia c’è un segreto più segreto degli altri. Il Venerabile beccato con i lingotti nascosti nei vasi di fiori ha avuto anche una passione nascosta. Nascosta soprattutto per decenza, visto che i risultati non erano un granché

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C’è un segreto più segreto degli altri nella storia di Licio Gelli, morto ieri a 96 anni ad Arezzo (sede di Banca Etruria: coincidenze? Noi di Voyager eccetera). Il direttore commerciale della Permaflex di Frosinone (l’azienda che fa le televendite su Mediaset: coincidenze? Noi di Voyager eccetera), condannato per il miserabile tentativo di depistare le indagini sulla strage di Bologna, ultimamente veniva chiamato dai media soltanto per fargli dire che ogni riforma proposta da governi e maggioranze lui l’aveva pensata prima, e quindi c’era qualcosa sotto: è successo con Berlusconi, è successo con Renzi («Quelle di Renzi, per la legge elettorale e il Senato, sono goffe. Per quanto riguarda Palazzo Madama, mi fa piacere pensare che, nonostante tutti mi abbiano vituperato, sotto sotto mi considerano un lungimirante propositore di leggi», Il Fatto) e, per portarsi avanti con il lavoro, il Venerabile avrà anche lasciato qualche nastro preregistrato per dire la stessa cosa di Grillo, Salvini, Meloni e di tutti i personaggi che rischiano di diventare presidenti di qualcosa da qui al 2060.

Licio Gelli segreto

Ma adesso che è morto è giunto anche il momento di svelare un’altra clamorosa verità. Gelli non è stato soltanto il faccendiere che ha tentato di tirar su una loggia segreta facendosi beccare e sputtanare da Tina Anselmi diconsi Tina Anselmi. Non è stato soltanto quello che si è fatto tanare con i lingotti d’oro in casa e quando la Finanza gli ha chiesto spiegazioni ha detto che erano frutto della sua attività di “banchiere abusivo” (cioè usuraio). Non è stato soltanto l’uomo accusato di essere il tombarolo di Peròn. No, signori. Negli ultimi anni della sua vita, quando contava come il due di picche a briscola, Licio Gelli è stato anche e soprattutto poeta. Un poeta orribile, per la precisione. Come tutti gli Autori a Proprie Spese (cit.), Licio Gelli pubblicava, nell’indifferenza della critica (e a smentita del fatto che nel mondo letterario devi essere raccomandato per avere successo: lui aveva un sacco di raccomandazioni ma non ha mai avuto successo), e aveva una meravigliosa “homepage” (sic) nel sito del Club degli Autori, ovvero «La pi� (testuale, ndr) grande Antologia Letteraria virtuale con i siti personali di oltre 2000 Poeti e Scrittori e Artisti contemporanei emergenti», dove c’erano anche le istruzioni per contattarlo: «PER COMUNICARE CON L’AUTORE ( dato che non ha indirizzo email) speditegli una lettera presso «Il Club degli autori, cas.post. 68, 20077 MELEGNANO (Mi)». Allegate Lit. 3.000 in francobolli per contributo spese postali e di segreteria provvederemo a inoltrargliela». Non è tutto: su IBS fino a qualche tempo fa potevi accattarti per la Venerabile cifra di 12 euro il libro “Le ultime poesie del Maestro”, nella cui introduzione Amos Cartabia sottolineava:

” E’ importante segnalare le centinaia di menzioni ricevute dal poeta, oltre che i riconoscimenti ed i premi letterari che nella carriera artistica Licio Gelli ha ottenuto, come ad esempio le menzioni e le candidature al Nobel per la letteratura, le traduzioni delle sue poesie in diverse lingue del mondo ed il riconoscimento dan parte di molte università italiane dove sempre più spesso diventa oggetto di tesi di laurea. Questa ultima raccolta vuole essere la chiusura di un percorso letterario iniziato anni fa e nella speranza di vedere nuove immagini letterarie dobbiamo assaporare le emozioni forti ed i sentimenti veri che queste poesie ci trasmettono con cuore e con passione. Assaporando le quartine raccolte in questo volume sicuramente andremo a scavare nell’anima e nel cuore di colui che è stato definito uno dei più grandi poeti contemporanei”.

Licio Gelli poeta

E siccome anche Francesco Salvi diceva «Facciamo tutti dei versi / siamo una grande tribù», leggiamo qualche verso scelto (da internet) delle sue opere. Come ad esempio la struggente “Il mio domani”:

Passano gli anni e il tempo affresca le rughe,
scalfisce i segreti remoti che durano nel cuore
e traccia sulle pieghe del viso il mio domani
che sarà perenne di giorni appena consumati.
Gli occhi stazionano sulla biblioteca, sui libri
a pile che non ho ancora letto e così penso
al quadrante sbiadito d’un orologio statico
e mi chiedo tra me quanto tempo mi rimane.
Il tuo ricordo pare una magia fuori del tempo
dove la memoria ondeggia su ciò ch’è perduto,
scivoli sui silenzi il vento acre dell’esistenza
e sembra prodigio il seme che diventa albero.
Fischia sulle cime l’alito ghiacciato della sera
ed una tenerezza antica si apre nel pensiero,
spalanca un canto triste nel vuoto della mente
ed un sussurro di tristezza girella nell’ignoto.
Mi porto dentro ascendenze di nomadi e fuggo
dal destino malevolo che ombreggia i ricordi,
a novembre il vento cava dal giardino le foglie
e con esse trascina via anche la gioia della vita.
Il cuore defluisce nel fiume quieto dei ricordi
e ritorna la tristezza e avanza il dolore cupo
che tende l’anima con il tocco d’una carezza
e delinea inimmaginabile il soffio della vita.
Così mi abbandono al volo d’un sogno quieto
che pure si dilata nel profilo delle ore buie,
pure c’è ancora un fremito di vita nella mente
mentre con gli occhi spalancati cerco il cielo.

Come si può agevolmente notare, anche Gelli era esponente della setta dei poeti-che-pensano-che-basti-andare-a-capo-ed-ecco-la-poesia-è-pronta, che ad oggi contiene milioni di convinti aderenti. Un po’ Jim Morrison, un po’ Pippo Franco:

E giorno dopo giorno scivolo sempre più giù
sfiorando con gli occhi la cornice del tempo
mentre gli spazi si restringono sempre di più
e la vita si nasconde nelle pieghe dell1 anima.
E così volano i sogni di libertà e di avventura
oltre le vecchie colline, oltre le nuvole bigie,
ora anche il mio cuore passeggia lassù, vaga
fin dove lo sguardo indirizza la mia fantasia.

Malinconico poeta, un pirata e un signore:

Amore, tu discerni i miei sogni più nascosti,
li insegui nell’ombra e nel silenzio più cupo,
li riporti a me ridando loro rinnovata melodia
come il canto del gallo che trafigge l’aurora.
Ora un’ombra muta vaga nella stanza vuota,
si muove tremante nel suo timoroso andare,
affonda nei miei ricordi coperti di amarezza
e cerca di liberare la solitudine del mio cuore.

Un po’ Sergio Endrigo, un po’ Cristiano Malgioglio, ma soprattutto benefattore:

Alba dopo alba ho errato tra i sentieri dell’amore
cercando di giovare al mio prossimo e a me stesso,
ho guardato a occhi chiusi un mondo di favole,
ho calpestato i sentieri che portavano alla serenità.
Ed è sbocciato un fiore nella primavera della vita
prima che l’estate approdasse senza alcun rumore,
tra i miei ricordi è spuntata una stagione migliore
che ha spezzato via le lacrime chiuse negli occhi.

Ci fermiamo qui, certi che questi pochi versi vi abbiano convinto che il Nobel della Letteratura possa essere dato anche postumo. Anzi:
Il Nobel
della letteratura
può essere dato anche
postumo.
E da oggi possiamo anche
chiamarlo collega,
tié.
And now, let’s rock:

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