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La Metro C a Roma: vi faccio vedere come si ruba con una Grande Opera

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2015-03-29

Il gioco al rialzo delle imprese che costruiscono porta all’esplosione dei costi: alla fine si calcola che il conto totale sarà di 6 miliardi di euro. Più del doppio del preventivato. Grazie ai giochini del Sistema. E alla politica che resta a guardare

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Da 2,7 a 3,7 miliardi di costo complessivo per un’opera ridimensionata, con 30 stazioni al posto delle 42 previste e 16 kilometri in meno. E per la Metro C a Roma le sorprese non finiscono qui, visto che per completarla di miliardi ne serviranno altri due, grazie alle 45 varianti approvate nel frattempo. Un paradigma, o quasi, per le Grandi Opere italiane e per il metodo di costruzione che prevede ampi rischi di corruzione e di aggravi di lavori a causa delle regole troppo lasche. Il Sistema Incalza nel suo massimo splendore, racconta oggi Repubblica, spiega come è possibile attraverso due inchieste della magistratura penale, una della Corte dei conti e una dell’autorità anticorruzione.

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Il percorso della Metro C a Roma (Foto: L’Espresso)


LA METRO C A ROMA E IL SISTEMA INCALZA
E così si ammira in che modo si dispiega la geometrica potenza del Sistema Incalza: il 20 dicembre 2004 il Cipe con delibera, approva il progetto preliminare e, il 28 febbraio 2006, il consorzio di imprese che ne sarà General Contractor sotto il nome di “Metro C” (Astaldi, Vianini, Consorzio Cooperative Costruzioni, Ansaldo) si aggiudica la gara per 2,7 miliardi con un ribasso del 14 per cento, accollandosi l’onere di anticipare un quinto del costo. Raccontano Carlo Bonini e Fabio Tonacci:

Tra i direttori dei lavori scelti figura, guarda caso, anche Stefano Perotti, finito in carcere con Incalza. Non passano neppure 8 mesi e il contratto viene rinegoziato. Contro la logica — che vorrebbe che i cantieri si aprano nella tratta centrale della città, da San Pietro a San Giovanni, sprovvista di servizio — si decide che la prima parte della linea a dover entrare in funzione sarà quella periferica, già servita dalla ferrovia di superficie. È il primo regalo al General Contractor che si vede anche abbattere la percentuale di anticipo dovuto dal 20 al 2 per cento. Ma non basta.
Nelle clausole del contratto ce n’è una sufficientemente vaga nella sua formulazione da consentire interpretazioni opposte. E riguarda un punto cruciale dell’appalto, la leva che consente di esploderne i costi: le indagini archeologiche, senza le quali solo uno scriteriato può pensare di scavare un tunnel in un’area che abbraccia i Fori Romani, il Colosseo, Piazza Venezia,Largo Argentina. Il cuore del patrimonio archeologico della città. Il più importante del mondo.

Ebbene, a chi tocca fare quelle indagini?

Il Ministero delle Infrastrutture, il Comune di Roma, la sua società partecipata “Roma Metropolitane” (una pletorica struttura da 80 persone e 13 milioni di euro di stipendi l’anno che ha il solo scopo di controllare lo svolgimento dell’opera) nell’approvare il progetto definitivo della linea ignorano o fingono di ignorare una nota di 53 pagine del Ministero dei Ben iculturali con cui, già nel 2003 (tre anni prima dell’affidamento della gara), si segnala che «nessuna campagna di scavo è stata fatta per verificare la situazione archeologica delle tratte T1-T2-T3-T6/C1(quelle centrali, ndr)». Metro C, da parte sua, finge di ignorare che, stando al contratto firmato, rientra tra i suoi doveri farle.

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L’ULTIMO LITIGIO LEGALE
A questo punto, in due diversi contenziosi, le imprese sono costrette a rinunciare ad aumenti dei costi ma ottengono in cambio la procrastinazione dei tempi di consegna fino al 2013. Nel 2012 scende in campo Incalza con il CIPE, che riconosce altri 253 milioni di euro, che però non basta alle imprese. Sempre alla fine di quell’anno ne chiedono altri 153.

A settembre 2013, la nuova giunta Marino, attraverso Roma Metropolitane, firma un «atto attuativo» che vuole e vorrebbe essere la pietra tombale su un gioco al rialzo che va avanti da troppi anni. Il General Contractor rinuncia al miliardo e 400 che ha chiesto. Ma porta a casa un ulteriore slittamento della tempistica, l’accollo a carico del committente delle penali per “ritardata consegna dovuta alle varianti”,i 253 milioni riconosciuti dal Cipe,e altri 60 in applicazione del primo lodo vinto con il Comune. L’assessore alla mobilità Guido Improta (oggi indagato a Roma)invoca la condizione di “necessità”, diciamo pure di ricatto, in cui la Giunta è venuta a trovarsi («cantieri fermi e 1 miliardo e mezzo da pagare»). Il ministero delle Infrastrutture, il suo ministro di allora(Lupi) e il suo Grande Mandarino (Incalza),stanno a guardare. A oggi meno della metà della linea è stata completata,per il tratto dei Fori Imperiali se ne riparlanel 2020, per quello da Piazza Venezia a Piazzale Clodio siamo ancora al progetto.

Alla fine il costo totale arriverà a 6 miliardi, secondo gli esperti. Grazie al Sistema. E alla politica che resta a guardare.

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