La gettonopoli di Messina

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2015-11-12

Dodici consiglieri comunali di Messina raggiunti dall’ordinanza di misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria. Truffa aggravata, falso ideologico e abuso d’ufficio i reati contestati. I consiglieri intervenivano nel corso della seduta per il tempo strettamente necessario a firmare, e quindi per ottenere il gettone di presenza

article-post

Sono 12 i consiglieri comunali di Messina raggiunti dall’ordinanza di misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria. Truffa aggravata, falso ideologico e abuso d’ufficio i reati contestati. L’indagine della Digos, coordinata dalla procura peloritana, è stata avviata nel novembre 2014 ed ha permesso di accertare, anche attraverso l’utilizzo di attività tecniche di intercettazione video e ambientale, le condotte illecite di un gruppo di consiglieri comunali, in occasione delle sedute delle commissioni consiliari permanenti. I dodici consiglieri comunali destinatari dei provvedimenti cautelari del Gip di Messina sono Carlo Abbate, Pietro Adamo, Pio Amodeo, Angelo Burrascano, Giovanna Crifò, Nicola Salvatore Crisafi, Nicola Cucinotta, Carmela David, Paolo David, Fabrizio Sottile, Benedetto Vaccarino e Daniele Santi Zuccarello.

La gettonopoli di Messina

Altri dieci consiglieri risultano indagati per gli stessi reati. Sono Elvira Amata, Nino Carreri, Andrea Consolo, Pippo De Leo, Nino Interdonato, Nina Lo Presti, Francesco Pagano, Giuseppe Santalco, Santi Sorrenti e Pippo Trischitta. Ciascun consigliere comunale è componente di almeno 6 commissioni ed ognuno, in teoria, potrebbe raggiungere il massimo di 24 presenze mensili. In realtà ciascun consigliere tendeva a massimizzare i gettoni di presenza utilizzando vari sotterfugi per comprovare la propria partecipazione alle sedute delle commissioni consiliari permanenti. Nel corso dell’indagine, effettuata anche mediante intercettazioni video e ambientali, è emerso che quanto riportato nei verbali delle commissioni era il frutto di una condotta finalizzata ad aggirare il problema della presenza effettiva del consigliere, alla quale è subordinata l’erogazione del gettone di presenza. Gli investigatori hanno accertato che, in alcuni casi, i consiglieri intervenivano nel corso della seduta per il tempo strettamente necessario a firmare, e quindi per ottenere ugualmente il gettone di presenza. Si è accertato che alcuni consiglieri comunali si allontanavano senza neanche attendere un breve lasso di tempo per consentire ai colleghi di arrivare ed al presidente di effettuare la verifica del numero legale. Le indagini hanno confermato che alcuni consiglieri comunali cercavano ad ogni costo di raggiungere il massimo dei gettoni di presenza e che la firma apposta nei verbali di adunanza rappresentava solo un modo per percepire l’indennita’. “…gliel’ho spiegato non si pesa su questo, compare, io lo voglio il coso, devo raggiungere 40 presenze…non va pesato sul gettone di presenza il lavoro, non e’ il gettone di presenza, non e’ la commissione, perché nella commissione non fai un c…” ” …il gettone diventa un modo per avere l’indennita’ che ci vuoi fare…me la devi riconoscere… e’ fatto cosi’ ma io la devo avere l’indennita'”. La condotta dei consiglieri ha indotto in errore il Comune di Messina, facendo apparire come reale ed effettiva la loro partecipazione alla seduta. Infatti, il regolamento comunale, la legge regionale e il Testo Unico degli Enti Locali subordinano la corresponsione dei gettoni di presenza alla effettiva partecipazione del consigliere alle commissioni consiliari.

Le intercettazioni e le confessioni

Tuttavia, l’apposizione della firma seguita dall’immediato allontanamento del consigliere tradisce l’effettiva partecipazione e costituisce uno strumento subdolo con il quale il consigliere di turno, strumentalizzando la funzione ricoperta, prende la presenza all’evidente ed unico fine di percepire l’indennità. Nel corso delle indagini e’ emerso inoltre che vari consiglieri comunali, in virtu’ di un mutuo accordo, firmavano in sostituzione di un consigliere dello stesso gruppo o del capo gruppo, senza essere muniti di delega scritta da parte del delegante. “…io spesso e volentieri mi sostituisco con la XXXX tanto la XXXX non c’e’ mai e sostituisco lei perché tanto quella c’e’ poco, c’e’ soltanto alle 8 e mezza… Oppure…il Capogruppo… quando riesco…”. Dalle indagini e’ emerso peraltro che talvolta e’ stata dichiara falsamente a verbale l’esistenza del numero legale, consentendo cosi’ di approvare illegittimamente i verbali della seduta precedente, ed ai consiglieri sopraggiunti di apporre la propria firma. “…io voglio questa c… d’indennita’! A me di fare le commissioni non me ne f… niente, io voglio l’indennita’…”. I poliziotti della DIGOS hanno messo in luce un sistema ben organizzato, dalle prime sedute delle commissioni, quasi sempre deserte per fare lucrare il gettone anche ai consiglieri delle seconde sedute, al sistema delle sostituzioni da cui traspaiono elementi di un accordo sottostante finalizzato a massimizzare le indennità. Le modalità dei fatti contestati, ossia il falso ideologico in alcuni verbali, le truffe aggravate ed i conseguenti falsi per induzione da parte dei soggetti che hanno approfittato della loro carica pubblica, hanno evidenziato come il sistema illegale fosse ben radicato al punto di diventare una prassi.

L’obbligo di firma

“L’indagine – spiega il procurare aggiunto Vincenzo Barbaro che ha condotto le indagini con il sostituto Diego Capece Minutolo – ha preso il via prima ancora che i mass media si interessassero della problematica del gettone di presenza per questo motivo le intercettazioni risultano genuine. Abbiamo colpito questa prassi e ora dovranno rispettare la misura disposta”. I consiglieri adesso dovranno apporre firma davanti ai vigili prima e dopo l’intera durata dei lavori consiliari.

Potrebbe interessarti anche