Attualità
Ivan Lo Bello nell'inchiesta sul petrolio in Basilicata
di neXtQuotidiano
Pubblicato il 2016-04-17
I magistrati: «Guidi strumento inconsapevole del clan». Conferma dei sequestri al centro dell’Eni. L’accusa al vicecapo di Confindustria: associazione a delinquere
Un altro indagato “eccellente” – il vicepresidente di Confindustria, Ivan Lo Bello, che ha chiesto di “essere sentito quanto prima dai magistrati di Potenza per chiarire ogni cosa” – un “clan” con quattro componenti, due dei quali facevano da “cerniera” con la politica e che aveva trovato uno “strumento inconsapevole” della sua attività nell’allora Ministra dello Sviluppo economico, Federica Guidi, e una nuova accusa per il Capo di stato maggiore della Marina, l’ammiraglio Giuseppe De Giorgi. Sono le quattro principali novità nell’inchiesta sul petrolio in Basilicata che oggi aveva già incassato il “no” del Tribunale del riesame al dissequestro degli impianti dell’Eni in Val d’Agri, che vanno ora verso un fermo totale.
Ivan Lo Bello nell’inchiesta sul petrolio in Basilicata
In pratica, emerge “l’esistenza di vere e proprie lobby affaristiche dirette ad interferire sull’esercizio delle funzioni di istituzioni, amministrazioni pubbliche e di servizi pubblici essenziali di interesse nazionale”. Per gli inquirenti è stato “assai difficile” individuare tali lobby “proprio per l’appartenenza di alcuni dei sodali a ramificazioni significative delle stesse istituzioni”. Non mancava il “coinvolgimento di ambienti opachi del mondo politico-amministrativo ed imprenditoriale”. Lo Bello è finito nell’inchiesta con il ruolo di “partecipante” ad un’associazione per delinquere – composta anche da Gianluca Gemelli, Nicola Colicchi e Paolo Quinto – che si è mossa per far sì che Gemelli ottenesse la concessione di un pontile nel porto di Augusta (Siracusa) e l’affidamento di altri progetti nei settori petrolifero e dell’energia. Fra tali progetti vi era quello sui “Sistemi di difesa e sicurezza del territorio”, da attuare in Campania. Negli atti dell’inchiesta sono attribuiti anche i ruoli nell’associazione per delinquere: Gemelli – imprenditore e compagno della Guidi – e Colicchi – un lobbysta con un ruolo importante nella Compagnia delle Opere – erano i “promotori, ideatori ed organizzatori”; Quinto (capo della segreteria della senatrice del Pd, Anna Finocchiaro) e Lo Bello i “partecipanti”. Il Corriere ritrae Lo Bello così:
Cinquantatré anni, di Catania, Ivan Lo Bello, titolare di un’azienda di prodotti dietetici per l’infanzia, ha una lunga carriera alle spalle. Come presidente della Confindustria Sicilia dal 2006, dopo sette anni alla guida degli industriali di Siracusa, divenne famoso, insieme con l’imprenditore delle biciclette Antonello Montante, per aver promosso un codice etico che prevedeva l’espulsione dalla stessa Confindustria dei soci che avessero pagato il pizzo. In prima linea nella lotta alla mafia, nel 2012 entra nella squadra dei vicepresidenti della Confindustria nazionale guidata da Giorgio Squinzi e riceve la delega all’Educazione. Infine l’anno scorso viene eletto alla presidenza di Unioncamere. Lo Bello vive un primo momento di difficoltà all’inizio del 2015 quando proprio Montante, nel frattempo diventato presidente della Confindustria Sicilia, viene indagato, in seguito a dichiarazioni di pentiti, dalla procura di Caltanissetta per concorso esterno in associazione mafiosa.
Non basta, perché a Colicchi e Quinto è stato attribuito il ruolo di “cerniera col mondo politico” nell’attività di ricerca di “pubblici amministratori compiacenti o corruttibili” come il commissario straordinario del porto di Augusta, Alberto Cozzo – che è indagato – prorogato nel suo incarico. Se il “quartierino” – sostiene l’accusa – non riusciva ad “attivare i propri canali politici”, aveva un’ottima carta di riserva. Gemelli, infatti, “assicurava comunque il raggiungimento dell’esito sperato” intervenendo direttamente sulla compagna: la Ministra, che si è dimessa il 31 marzo, quando l’inchiesta ha portato a sei arresti domiciliari, era diventata “strumento inconsapevole di quello che lei stessa non aveva mancato di individuare quale vero e proprio clan”. Il quarto elemento nuovo è l’accusa, per sette persone, di aver turbato la libertà del procedimento di scelta del contraente in relazione alla concessione demaniale di un pontile nel porto di Augusta. Fra i sette indagati vi è anche l’ammiraglio Giuseppe De Giorgi, capo di stato maggiore della Marina, già accusato di abuso d’ufficio. Oltre a lui gli indagati sono Gemelli, Cozzo, Colicchi, Quinto, Alfredo Leto e il contrammiraglio Giuseppe Berutti Bergotto: sotto la lente della Procura sono finiti non solo il pontile nel porto di Augusta ma anche il trasferimento di un alto ufficiale della Marina, il contrammiraglio Roberto Camerini da Augusta alla Spezia, e la costituzione di una società “ad hoc” di cui Gemelli era “socio occulto”.