L’indagine Halycon su mafia e massoneria

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2019-07-31

Sotti i riflettori il ruolo occupato nella cosca da due massoni che, all’epoca delle indagini culminate nell’operazione “Halycon”, ricoprivano il ruolo di maestri venerabili di due distinte logge

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Mafia e massoneria. I carabinieri del Ros e del comando provinciale di Agrigento hanno eseguito un provvedimento di fermo, emesso dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo, nei confronti di 7 persone indagate per associazione mafiosa e concorso esterno in associazione mafiosa. Al centro delle indagini la famiglia mafiosa di Licata, punto di riferimento sul territorio agrigentino, di cui sono stati delineati gli assetti e le gerarchie. Nel corso della indagini e’ stato documentato il controllo, esercitato anche in altre province, delle attività imprenditoriali e degli appalti nell’Agrigentino e il ruolo occupato nella cosca da due massoni che, all’epoca delle indagini culminate nell’operazione “Halycon“, ricoprivano il ruolo di maestri venerabili di due distinte logge.

L’indagine “Halycon” su mafia e massoneria

Con Giovanni Lauria, 79 anni, che i carabinieri considerano il boss di Licata, sono finiti in manette, nel blitz notturno degli uomini dell’Arma, il figlio Vito, 49 anni, e un funzionario della Regione siciliana, Lucio Lutri, 60 anni, che con i due Lauria divide l’appartenenza alla massoneria. Gli altri arrestati sono Angelo Lauria, 45 anni, Giacomo Casa, 44 anni, Giovanni Mugnos, di 53, Raimondo Semprevivo, 47 anni. Lauria junior è maestro venerabile della loggia di Licata “Arnaldo da Brescia”, appartenente al Grande Oriente d’Italia (Goi). Lutri, dipendente dell’assessorato all’Energia, dove si occupa di finanziamenti pubblici, è stato maestro venerabile della loggia palermitana “Pensiero e azione” (oggi è “copritore interno” nella stessa loggia, inaugurata a Palermo nel 2016).

“L’associazione mafiosa – scrivono i pm nel provvedimento di fermo – ha avuto garantita da Lutri la sua disponibilità e l’utilizzo di importanti canali massonici, ottenendo vantaggi consistenti”. Lutri è un uomo dalla doppia identità, che dice di sé: “La mattina quando mi sveglio con una mano tocco il crocifisso e ‘dra banna’ (di là, ndr) ho il quadro di Totò Riina e mi faccio la croce”. Convinto che le sue relazioni lo avrebbero protetto da ogni pericolo, Lutri diceva: “Ma chi minchia ci deve fermare più?”. Rilevante anche la figura di Angelo Occhipinti, uscito dal carcere due anni fa e alleato dei Lauria. Il suo “ufficio” era un garage, dove aveva installato un disturbatore di frequenze che accendeva ogni volta che organizzava incontri coi boss. Ma l’apparecchio non ha impedito agli investigatori d’intercettare comunque le conversazioni.

Il gruppo mafioso – dice l’accusa – si avvaleva di Lutri, il quale, secondo l’inchiesta, si è anche rivolto a Giacomo Casa “al fine di costringere con metodi mafiosi un imprenditore che non voleva saldare un debito nei confronti di una persona a lui vicina”. Nei dialoghi intercettati dai carabinieri Mugnos e Lutri sottolineano la necessità di non utilizzare i telefoni in quanto intercettabili e quindi pericolosi come “bombe”. Giovanni Lauria detto il professore viene indicato dai suoi uomini come mafioso “vecchio stampo” che rispetta le regole della “vecchia mafia”, come il disprezzo per il traffico di droga e il divieto di uccidere donne e bambini, ma inflessibile nel punire chi si è reso responsabile di quella che lui considera “una mancanza”.

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