Due capistazione e un ferroviere indagati per l'incidente tra treni in Puglia

di Alessandro D'Amato

Pubblicato il 2016-07-14

L’inchiesta sul disastro ferroviario delle Ferrovie del Nord barese è divisa in tre fascicoli: il primo sulla dinamica. Il secondo che punta invece a capire il perché i sistemi automatici di sicurezza non fossero attivi su quella linea. Il terzo mira invece a capire come è stata spesa la pioggia di soldi pubblici (poco meno di 100 milioni di euro) arrivati in questi anni

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Per adesso ci sono tre indagati che verranno ufficializzati nelle prossime ore. Si tratta di due capistazione e di un ferroviere, il responsabile movimento della stazione di Andria. Ma i 5 componenti del pool della procura di Trani che indagano sull’incidente tra treni tra Andria e Corato vogliono indagare anche sulle eventuali «responsabilità istituzionali sulla mancanza di sistemi di controllo, se in qualche modo il traffico aumentato dei treni abbia causato l’errore, come da tempo denunciano i sindacati. E se i soldi per i lavori di innovazione siano stati spesi male o per niente».

Una telefonata sbagliata

Uno dei due treni doveva restare in stazione e dare la precedenza al regionale che arrivava da Corato. Ma a causa di una telefonata sbagliata, un errata comunicazione da parte della stazione, è partito. La confusione è nata dalla presenza, sulla Ferrovia Bari Nord, di tre invece che due treni regionali partiti a pochi minuti di distanza l’uno dall’altra. Scrive il Corriere della Sera:

Sarebbero queste le prime conclusioni alle quali sono giunti gli inquirenti, che naturalmente si riservano di andare fino in fondo, e di verificare versioni e documenti acquisiti. Ma nel frattempo gli indagati sono tre. Innanzitutto il capostazione di Andria, Vito Piccarreta, che avrebbe innescato il cortocircuito di informazioni che è poi culminato nel devastante impatto e nella morte di 23 persone. Poi il suo collega di Corato, in ogni caso coinvolto nell’errato scambio di messaggi. Infine un terzo dipendente della società Ferrotramviaria, qualcuno che avrebbe avuto un ruolo diverso.
Ma sono solo i primi, in Procura dicono: «Non intendiamo fermarci qui». Nel frattempo si attende il miglioramento delle condizioni dell’unico capotreno superstite per fare piena luce sulla vicenda. Un altro filone d’indagine, seguito dal pool di magistrati guidati dal procuratore Francesco Giannella, riguarda i ritardi nel completamento delle opere per il doppio binario. Come si è più volte detto , il disastro si poteva evitare: se anche il tratto Corato-Andria fosse stato raddoppiato come già accaduto per parte della restante linea, non ci sarebbero stati incroci, quindi nessuno stop e nessuno scontro frontale. (Antonio Castaldo e Virginia Piccolillo, Corriere della Sera, 14 luglio 2016)

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La ricostruzione dell’incidente tra treni tra Andria e Corato (La Repubblica, 14 luglio 2016)

L’inchiesta sul disastro ferroviario delle Ferrovie del Nord barese è divisa in tre fascicoli: il primo sulla dinamica. Il secondo che punta invece a capire il perché i sistemi automatici di sicurezza non fossero attivi su quella linea. Il terzo mira invece a capire come è stata spesa la pioggia di soldi pubblici (poco meno di 100 milioni di euro) arrivati in questi anni. Scrive Giuliano Foschini su Repubblica:

È chiaro che il convoglio ET1023 arrivato alla stazione di Andria alle 11,37 non doveva partire. Il capo stazione Vito Piccarreta però ha dato il via libera. Perché? C’è stata una “perturbazione” di traffico, hanno spiegato i tecnici. Per via di alcuni lavori in corso sulla linea, i treni in direzione nord avevano accumulato ritardo. Per questo l’azienda aveva deciso di inserire un treno supplementare. Questo significa che nell’ora precedente all’incidente invece di avere i soliti due treni in arrivo da Corato, Piccarreta ne aveva tre.
Questo gli era stato comunicato con uno dei fonogrammi, ora acquisito alle indagini insieme alle immagini delle telecamere interne e le due scatole nere (una delle quali era stata danneggiata). Per via dei ritardi c’era stata però una sovrapposizione di orari. Beffa: il treno arrivato precedentemente aveva accumulato ulteriore ritardo per un intoppo alla stazione di Corato. Era dovuto addirittura ritornare indietro perché avevano dimenticato di fare scendere una ragazzina disabile. Tutto questo (il treno aggiuntivo, i ritardi), insieme con alcune manovre di treni fermi in stazione ad Andria, è possibile che abbiano mandato in confusione Piccarreta che ha fatto partire l’ET 1023 quando non doveva. Il capostazione di Andria ha però avvisato i colleghi di Corato della partenza. Che non sono intervenuti. Avendo avuto la comunicazione della partenza dell’ET da Andria avrebbero potuto accorgersi del disastro. Il loro treno era partito da 5 minuti, quando per coprire la tratta di 18 chilometri ne servono 10. E infatti dopo circa 180 secondi c’è stato lo scontro.

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Scontro tra treni tra Andria e Corato: la zona dell’incidente

Vito Piccarreta: il ruolo del capostazione di Andria

Vito Piccarreta è il capostazione di Andria ma vive a Corato. Lui ha dato il via libera al treno che si è scontrato con quello che andava nel senso opposto. Ieri è stato sospeso dopo 24 anni di servizio alle Ferrovie Nord Barese. Su Repubblica e Stampa c’è la sua foto e riportano le sue parole: «Ho fatto partire io quel treno, sono stato io ad alzare la paletta. C’era confusione, i treni erano in ritardo e…». Asserragliato dietro la porta di casa di un condominio di periferia a Corato, steso sul divano senza scarpe, come certi malati cronici, non riesce più a parlare. Ormai non risponde al telefono neppure agli amici. La moglie Giuseppina è tornata da un viaggio di preghiera, appena ha saputo: «Siamo vittime anche noi. Soffriamo con quelle famiglie che hanno perduto i loro cari. Non può cascare tutto sulle nostre spalle».

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La foto di Vito Piccarreta, uno dei tre indagati per l’incidente tra treni tra Corato e Andria (La Stampa, 14 luglio 2016)

«In questa storia anche noi siamo delle vittime. Siamo disperati ma un solo errore non può aver causato tutto questo». Al primo piano di una palazzina nella zona dello stadio di Corato, il capo stazione di Andria Vito Piccarreta e sua moglie sono barricati nel dolore. Lia è appena tornata da Medjugorje dove era andata con don Vito, il prete della parrocchia del Sacro Cuore che la famiglia frequenta da sempre. Sua figlia non è andata al lavoro, un negozio di telefonini in centro che gestisce nel centro della città. «È gente per bene, saranno distrutti», dicono al panificio di fronte. E hanno ragione. Sono distrutti: «Stiamo soffrendo, quelle immagini sono inaccettabili, tutto quel dolore, quello che è accaduto è incredibile. Ma non è pensabile dare la colpa di quello che è successo soltanto a un errore umano. Non è così», dice la signora. E probabilmente ha ragione: non può essere soltanto un errore umano.

Nella strage Piccarreta ha perso un amico: Pasquale Abbasciano, uno dei macchinisti morti nello scontro era come uno di famiglia. Lui e l’altro macchinista, Luciano Caterino, quando sono ripartiti non avevano dubbi che la linea ferroviaria fosse libera. Viaggiavano, autorizzati, a 100 chilometri all’ora su quell’unico binario che si snoda in mezzo agli ulivi. I treni si sono visti solo all’ultimo momento dopo essere sbucati da una curva. Nulla era più possibile, sono morti entrambi nello schianto. I primi vagoni di entrambi i convogli si sono sbriciolati. Con Rfi, la Corato-Andria non sarebbe percorribile.

L’omaggio di Blob alle vittime dell’incidente tra treni in Puglia


Addio, addio addio, amara terra mia: l’omaggio… di superstarz_com
La tragedia della Puglia ha fatto emergere quanto l’Italia che viaggia in treno vada a due velocità sotto il profilo degli standard di sicurezza. Una viaggia secondo la normativa europea ed è quella dei treni che si muovono sulla rete Rfi, la Rete ferroviaria italiana, l’altra è quella dei vagoni che girano su linee gestite da privati, in concessione. Sulla rete Rfi non esistono i “blocchi telefonici” e non si può viaggiare senza almeno un sistema di controllo elettronico di sicurezza. Dunque, il tratto tra Corato e Andria dove martedì si sono scontrati i treni regionali non sarebbe stato percorribile se fosse appartenuto alla rete delle ferrovie italiane. Lì è completamente assente la tecnologia di sicurezza (il Scmt: il sistema controllo marcia) che consente di rallentare o bloccare il treno in caso di errore umano o anomalie attraverso sensori a frequenza elettrica installati sul binario. Quando su quella linea gestita da Ferrotramviaria, un treno si rimette in moto, si può solo fermare manualmente.

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