I legami tra mafia e massoneria

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2015-01-27

Li spiega il pentito Leonardo Messina

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«Cosa Nostra all’interno di ogni loggia massonica deve avere due uomini di onore. Ci sono province impregnate di questa cosa, come Trapani. Bontade per esempio era sia uomo d’onore, sia massone. Dicevano che anche Madonia era massone. Nella massoneria c’è un potere alternativo al nostro, dove si racchiude il vero potere, politica, economia, magistrati, onorevoli». Lo ha spiegato il collaboratore di giustizia Leonardo Messina, parlando dei rapporti esterni alla mafia, interrogato dal pubblico ministero al processo di Firenze sulla strage del treno Rapido 904 il 23 dicembre 1984. Messina ha anche distinto i ruoli di mafia e massoneria: «La massoneria è un’amministrazione del potere differente, intelligente: un dottore non va a sparare per strada, un avvocato, un magistrato, non lo fanno», mentre il nostro, di mafiosi, «è il vero potere, è il potere della paura, la gente ci rispettava. In Sicilia specie negli anni ’70 non c’era quasi controllo (dello Stato, ndr) e la gente ci temeva».
 
LEONARDO MESSINA E I RAPPORTI TRA MAFIA E MASSONERIA
Sempre Messina ha detto che i rapporti della mafia con la massoneria in Sicilia servivano ad «aggiustare i processi». Alla richiesta di raccontare un fatto specifico, Messina ha detto che «nel mio caso, per un mio processo, mi sono rivolto a un massone che ha parlato con il giudice e si è rivolto anche a un giudice popolare, qualcuno è andato a parlare con loro. Sono stato assolto». «Ma lei era colpevole?», gli è stato chiesto dal pm. «Sì. Ma loro non avevano le prove». Messina è un pentito “storico”, che ha collaborato anche con Paolo Borsellino, che lo usò per l'”Operazione Leopardo”. Fu anche assolto in un processo in cui era accusato di essere il mandante di un omicidio di mafia: forse proprio a quello si riferiva nella testimonianza.  Messina si è soffermato sui rapporti fra Cosa Nostra e la politica, dichiarando che l’organizzazione criminale era in contatto regolare con alcuni esponenti del mondo della politica siciliana nazionale. «Avevano una miriade di politici che stavano lì a mangiare, a bere – ha detto il pentito – nella provincia di Enna c’era l’avvocato Raffaele Bevilacqua, che era il referente di Andreotti. Allora a Roma c’era Salvo Lima e il referente della mafia era Giulio Andreotti. Poi avevano contatti con Claudio Martelli: io lo so direttamente, perchè ho guidato gli appalti per conto della commissione di Cosa Nostra dal 1986 all’88, e prendevo parte alle riunioni con Giovanni Brusca». Ricostruendo poi come Cosa Nostra tentava di aggiustare i processi, Messina ha detto che «venivano corrotti i giudici popolari», e ha accennato anche ai rapporti tra mafia e massoneria: «essere massone e mafioso era una cosa generalizzata». Infine un passaggio su Michele Sindona, che ha ricordato Messina, fu «ospite del mio paese, San Cataldo, intorno al 1980-81. Fu ospitato in un appartamento vicino a dove aveva casa mia mamma. Allora nacque un circolo dei massoni. I metodi della mafia e della massoneria erano molto simili».
 
IL CAMBIO DI STRATEGIA
«Dopo il 1991 si sono cominciati a preparare e hanno iniziato a fare riunioni per cambiare strategia: la mafia voleva dividere l’Italia, la mafia voleva diventare uno stato a sè».Lo ha detto il pentito di mafia Leonardo Messina, deponendo durante la quinta udienza del processo per la strage del treno rapido 904 del 23 dicembre 1984. Ricostruendo le vicende di Cosa Nostra nel periodo del maxiprocesso di Palermo, Messina ha ricordato che «all’inizio avevano preso la cosa sotto gamba; avevano la speranza che il maxiprocesso finisse come gli altri processi; si sperava di andare in Cassazione corrompendo nel frattempo i giudici». «Il pentimento di Buscetta, agevola la presa del potere dei corleonesi – ha raccontato tra l’altro Messina – Lui conosceva la struttura vecchia e Buscetta ha dato involontariamente una mano ai corleonesi perché prendessero il potere: i vecchi finirono in galera. È stato un momento terribile – ha aggiunto Messina – non c’erano più amici».

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