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Guido Ghisolfi: il suicidio dell'industriale vicino a Renzi e Chiamparino

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2015-03-04

Trovato morto nella sua auto a Carbonara Scrivia. Sostenitore dei «rottamatori», aveva versato 125mila euro alla corrente e sostenuto la corsa del piemontese in Regione. I carabinieri: si è sparato. Motivi personali

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Guido Ghisolfi si è sparato nella sua Lexus puntandosi il suo fucile in faccia a Carbonaria Scrivia vicino ad Alessandria. I carabinieri che stanno ricostruendo le sue ultime ore di vita si dicono certi che è stato un suicidio. «Qualsiasi altra ipotesi è destituita di ogni fondamento» spiega uno degli investigatori al Corriere della Sera, parlando anche dell’ipotesi prevalente: «Motivi personali, non legati alla sua attività di imprenditore» ma più probabilmente a «una forma recente di depressione per la quale si stava curando».
 
GUIDO GHISOLFI: IL SUICIDIO DELL’INDUSTRIALE VICINO A RENZI E CHIAMPARINO
Leader di un gruppo, Mossi & Ghisolfi, con tre miliardi di fatturato e 2100 dipendenti, con sedi in Asia, Nordamerica e Sudamerica, Ghisolfi era vicepresidente della seconda societàchimica d’Italia, leader mondiale del poliestere Pet e biocarburanti — e un imprenditore fra i più intraprendenti del Paese, innovatore e anche appassionato di politica, al punto da finanziare Matteo Renzi fin dai tempi delle primarie, quando per sostenerlo versò decine di migliaia di euro.

Laureato in ingegneria chimica al Politecnico di Torino,Guido Ghisolfi aveva mosso i primi passi nel mondo della chimica facendo il ricercatore fino a quando, nel 1984, non divenne capo della ricerca in azienda. La ricerca era il suo pallino. «Innovazione» per lui è sempre stata la parola chiave. Della parte finanziaria dell’azienda, invece, non si è mai curato molto. Descritto come un imprenditore illuminato e lungimirante, attento alle questioni ecologiche, ha puntato tutto su tecnologia e prodotti chimici d’avanguardia.
E la Mossi & Ghisolfi, nata come azienda specializzata in imballaggi di plastica per il packaging, soprattutto grazie a questo era diventata un Gruppo capace di operare in Europa, negli Stati Uniti, in Sud America e in Asia,con più di tre miliardi di dollari di fatturato, 2.100 dipendenti e oltre 100 ricercatori. La leadership del Gruppo è nell’innovazione del settore del Pet (polietilene per imballaggi),dell’ingegneria e dei prodotti chimici rinnovabili derivati da biomasse non alimentari. Lo sviluppo aziendale degli ultimi dieci anni, tanto per avere un’idea, ha portato la produzione di poliesteri Pet da 600 mila a 1,7 milioni di tonnellate annue.

Libero invece ne tratteggia l’impegno in politica:

Ghisolfi partecipò addirittura al Big Bang del 2011, dove Renzi era ancora in compagnia di Pippo Civati. E fu fra i protagonisti della Leopolda 2013, dove parlò di green economy con Renzi che prendeva appunti su un tavolino e la Boschi su quello al suo fianco sul palco. L’industriale trovato ieri morto in quella Lexus aveva organizzato in Piemonte anche la vittoriosa scalata di Renzi al Pd nelle primarie 2013, e lui stesso si era fatto mettere nei manifesti di un incontro del 6 dicembre a Tortona dove il futuro premier si presentò insieme all’amico Ermete Realacci (un altro in rapporti strettissimi con Ghisolfi) e all’allora amministratore delegato di Novamont,Catia Bastioli,che poi Renzi avrebbe nominato presidente di Terna.

guido ghisolfi matteo renzi
 
L’ENDORSEMENT POPOLARE PER RENZI
E riprende una delle sue rare interviste:

Alla Leopolda andò e fu ripreso come tutti gli oratori, ma raramente Ghisolfi ha dato interviste. Una rara e assai recente la concesse proprio parlando di politica a un sito Internet piemontese,Lo Spiffero, proprio alla vigilia delle ultime elezioni europee. Spiegò prima: «I politici che stimo ascoltano, s’informano, chiedono la nostra opinione sul da farsi, poi decidono in autonomia. Non ce ne sono molti. Ma ci sono». Poi Ghisolfi profetizzò: «ci sarà un forte endorsement popolare nei confronti di Renzi dal risultato delle elezioni europee. Certo bisogna lavorare perché si superi decisamente il trenta per cento e se possibile si arrivi al trentacinque. C’è bisogno che i nostri marines (così chiamava i ministri dell’amico Matteo, ndr) a Roma continuino a lavorare, a disboscare la burocrazia, a fare le riforme per far crescere il Paese».

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