Giovanni Ghini: il giudice che ha concesso la libertà al pedofilo reo confesso

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2017-08-21

La procura aveva chiesto il carcere in attesa del processo ma il gip ha accolto le richieste dell’avvocato difensore. I motivi della decisione

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Giovanni Ghini, giudice per le indagini preliminari di Reggio Emilia, è finito nella bufera per aver evitato di mandare in carcere un 21enne di nazionalità pakistana, Akthtar Nabeel, richiedente asilo, che ha confessato un rapporto sessuale con un bimbo disabile di 13 anni, suo connazionale, in un paese della Bassa reggiana, aggiungendo che la vittima era consenziente. Racconta Repubblica:

L’inchiesta dei carabinieri, coordinati dal pm Maria Rita Pantani, ha fatto luce sull’episodio di violenza avvenuto il 10 luglio. Il migrante ha convinto la giovane vittima con deficit cognitivi a seguirlo in bici in campagna, dov’è avvenuto l’abuso. Il ragazzino ha raccontato tutto ai genitori e il 21enne è finito ai domiciliari. Il 18 agosto c’è stata l’udienza in tribunale.
La procura aveva chiesto il carcere in attesa del processo ma il gip ha accolto le richieste dell’avvocato difensore Noris Bucchi. Niente sbarre: obbligo di firma, divieto di avvicinamento alla vittima e divieto di espatrio. Hanno fatto discutere alcuni passaggi dell’ordinanza. L’accusato avrebbe dimostrato «uno straordinario senso di autodisciplina» e il suo comportamento «basta, anche senza la pienissima confessione, a garantire che le esigenze cautelari possano essere soddisfatte con misure diverse» dal carcere.

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Ghini ha ricevuto insulti e minacce di morte per la sua decisione anche se, come ha spiegato la sua compagna, ha soltanto applicato la legge:

Ma perché non mandarlo di nuovo ai domiciliari? Perché un domicilio non ce l’ha più: il connazionale che lo ospitava non lo vuole in casa. In un’altra abitazione individuata ci sono dei minori ed è stata scartata. Dunque è a piede libero. Come se non bastasse, nel calderone di questa storia è finito pure l’abbigliamento di Ghini nel giorno dell’udienza: pantaloni e maglietta rossa. In mille altre occasioni sarebbe forse passato inosservato, al massimo giudicato eccentrico o fuori luogo.
Stavolta ha alimentato il putiferio che si era già scatenato sull’ordinanza. Dai sindaci del Reggiano al governatore del Pd Stefano Bonaccini, che si è detto «sconcertato». Dal leader della Lega Nord Matteo Salvini – «Questa non è giustizia» – all’interrogazione che la parlamentare 5 Stelle Maria Edera Spadoni ha presentato al Governo. Sui social è esplosa la protesta, non sempre civile. Tanto che la presidente vicaria del tribunale di Reggio Cristina Beretti ha dovuto fare una nota: «Il procedimento non è chiuso. Ogni decisione può essere discussa con modi che mai devono trascendere nell’insulto e nella minaccia nei confronti di chi l’ha presa».

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