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Gabriele Tadini ammette: “Abbiamo disinnescato i freni per evitare che la cabina si bloccasse di continuo”

neXtQuotidiano 27/05/2021

Gabriele Tadini, caposervizio della Ferrovie del Mottarone, società che gestisce l’impianto della funivia ammette che i freni erano stati disattivati e che i suoi superiori sapevano. La telefonata dopo l’incidente

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Gabriele Tadini, caposervizio della Ferrovie del Mottarone, società che gestisce l’impianto della funivia che corre a pochi passi dal Lago Maggiore “ha ammesso” le proprie responsabilità rispetto ad alcune contestazioni, in particolare rispetto alla decisione di aggirare le norme relative al sistema frenante di sicurezza che domenica scorsa non è entrato in funzione portando alla morte di 14 persone. “Li avevamo tolti per evitare che la cabina si bloccasse di continuo”, ha spiegato ai Carabinieri della stazione di Stresa

Gabriele Tadini ammette: “Abbiamo disinnescato i freni per evitare che la cabina si bloccasse di continuo”

Una scelta, a dire della procura di Verbania, “consapevole e concordata” con il proprietario della struttura Luigi Nerini ed Enrico Perocchio, consulente esterno per la funivia e dipendente della Leitner che nell’impianto di Stresa ha in carico la manutenzione straordinaria e ordinaria. Una volontà dettata dai tre – fermati per omicidio colposo plurimo e lesioni plurime – dalla necessità di fronte a delle “anomalie” senza ricorrere alla chiusura della funivia che avrebbe comportato danni economici. Tadini, ascoltato in caserma a Stresa, avrebbe risposto alle domande del procuratore capo Olimpia Bossi e del pm Laura Carrera, i difensori degli altri due fermati invece precisano che la scorsa notte non sono mai stati sentiti dalla magistratura. Secondo il racconto di Tadini, riportato sul Fatto i superiori erano a conoscenza dell’inserimento dei forchettoni, il secondo è stato ritrovato ieri:

Chiama in causa i suoi superiori che, racconta, erano stati informati del problema, che “andava avanti dalla riapertura”, e cioè dal 26 aprile del 2021. Queste dichiarazioni, fra le 3 e le 4 del mattino di mercoledì, fanno scattare i fermi per altre due persone, anch’es -se convocate come testimoni: Luigi Nerini, 56 anni, amministratore e proprietario della società Funivie del Mottarone srl, ed Enrico Perocchio, 51 anni, ingegnere dipendente della Leitner, che in questo caso risponde per il ruolo di responsabile tecnico

forchettone rimosso fermi funivia mottarone

foto IPP/imagostock/Xinhua/VDF
23-05-2021
Precipita una cabina della funivia Stresa – Mottarone
Nella foto il punto dell’impatto a terra con i soccorsi dei vigili del fuoco
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Luigi Nerini, Enrico Perocchio e Gabriele Tadini, i tre fermati accusati dalla procura di Verbania di omicidi colposo plurimo per la tragedia sulla funivia del Mottarone, in concorso tra loro, “omettevano di rimuovere i forchettoni rossi aventi la funzione di bloccare il freno” della cabinovia quindi “destinato a prevenire i disastri”, così “cagionando il disastro da cui derivava la morte delle persone”, secondo quanto si legge nel capo di imputazione della procura di Verbania nei confronti del gestore della funivia, del consulente esterno e del capo servizio dell’impianto in cui domenica scorsa hanno perso la vita 14 persone. Il Fatto racconta che Tadini subito dopo l’incidente aveva telefonato a Perocchio spiegandogli che “la fune aveva i ceppi”, ovvero i forchettoni che bloccano l’azione dei freni:

“Enrico, ho una fune a terra. La fune è giù dalla scarpata. La vettura aveva i ceppi”. La chiamata si interrompe subito e a Perocchio, ingegnere con 25 anni di esperienza alle spalle nel settore, si gela il sangue nelle vene. È nella sua casa nel biellese, in quel momento. Si mette immediatamente in macchina. E alle 12.20, mentre è già in auto verso Stresa, il cellulare suona una seconda volta. È ancora Tadini. È agitatissimo e gli ripete la stessa cosa: “La vettura aveva i ceppi”.

I freni erano stati disattivati da fine aprile, per evitare che la cabina 3, quella precipitata nel vuoto, si fermasse di continuo. Anche la cabina 4, spiega Olimpia Bossi, la Procuratrice di Verbania che ha disposto i fermi, presentava in parte le stesse anomalie.

Perocchio però, per voce del suo avvocato Andrea Da Prato nega di essere stato a conoscenza della procedura per escludere i freni: “Portare persone con i forchettoni è una pratica suicida, una circostanza che il mio cliente respinge nel modo più assoluto. Non ne aveva idea”. Proprio lui prima di essere indagato avrebbe mandato una mail alla Procura di Verbania per spiegare che aveva appreso informazioni da un dipendente riguardo “l ’utilizzo improprio del sistema frenante”.

foto copertina IPP/CNSA

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