Chi ha falsificato le firme a Palermo

di neXtQuotidiano

Pubblicato il 2017-01-18

L’analisi scientifica ha ribadito che furono poche le mani che ritoccarono gli elenchi e che apposero più firme. Emerge anche la conferma della paternità di alcune grafie

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Ieri la procura di Palermo ha depositato la consulenza grafologica in tre volumi di oltre 600 pagine sulle firme false del MoVimento 5 Stelle alle elezioni comunali: la risultanza conferma i sospetti della procura: sono apocrife, perché non apposte dagli apparenti sottoscrittori – e dunque sono false le circa 200 firme esaminate a campione dagli esperti consultati dal procuratore aggiunto Bernardo Petralia e dal pm Claudia Ferrari. La Stampa spiega oggi che nonostante i rifiuti a rilasciare il saggio grafico nella perizia è ipotizzato anche chi ha materialmente falsificato le firme:

Oltre al disconoscimento da parte dei diretti interessati, rintracciati e ascoltati uno per uno dalla Digos, l’analisi scientifica ha ribadito che furono poche le mani che ritoccarono gli elenchi e che apposero più firme. Emerge anche la conferma della paternità di alcune grafie: quelle degli attuali deputati regionali Claudia La Rocca e Giorgio Ciaccio e degli allora candidati consiglieri comunali Giuseppe Ippolito e Stefano Paradiso, tutti rei confessi, che avevano accettato di rilasciare il «saggio grafico».
Un esempio della propria scrittura lo avevano reso anche altre due attiviste, Alice Pantaleone (che aveva risposto ai magistrati, negando tutto) e Samantha Busalacchi; non avevano invece accettato di scrivere qualcosa di proprio pugno Riccardo Nuti, ex candidato sindaco e oggi deputato nazionale assieme alle colleghe Giulia Di Vita e Claudia Mannino, al marito di quest’ultima, Pietro Salvino, e a Riccardo Ricciardi, marito dell’altra parlamentare (non indagata a) Loredana Lupo.

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Dal lavoro dei consulenti è arrivata la conferma delle tesi accusatorie:

Indagati anche l’avvocato Francesco Menallo (regista giuridico dell’operazione, per l’accusa) e il cancelliere Giovanni Scarpello. Nonostante i rifiuti di rilasciare il «saggio grafico», la Digos aveva incrociato grafie attribuibili agli indagati con gli originali delle firme false depositate al Comune: dal lavoro dei consulenti sarebbero emerse conferme delle tesi accusatorie, anche in negativo per quel che riguarda Nuti, che effettivamente non risulta tra gli «amanuensi», fra coloro cioè che, nella notte del 3 aprile 2012, si impegnarono per rimediare a un errore nella compilazione delle firme a sostegno della lista. Nuti – secondo i pm – avrebbe piuttosto dato il via alla ricopiatura, con l’ok di Menallo, per evitare la possibile esclusione della lista dei Cinque Stelle dalle elezioni per Palazzo delle Aquile.

Leggi sull’argomento: M5S, le 200 firme false di Palermo

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